L’attuale veste della Commissione di massimo scoperto (o semplicemente CMS) è il risultato, insieme alla neo-istituita Commissione sull’Accordato, dell’abituale capacità del legislatore italiano di complicare anche le questioni più semplici, risolvendo in modo contorto ciò che invece può essere facilmente risolto con una disposizione normativa di sole due righe.
Diciamo subito che la CMS è una gravosa spesa fatta pagare, in genere trimestralmente, dalle banche ai propri correntisti sul saldo del conto corrente quando questo si presenta negativo, ovvero a debito per il correntista (per la presenza di un fido sul conto).
In particolare questa ulteriore voce di spesa, rispetto alle numerose altre che già si pagano in sede di liquidazione delle competenze, è calcolata sul massimo saldo debitore che il conto evidenzia nell’arco di tempo considerato, per es. nel trimestre.
La formula quindi è semplice: se ipotizziamo una situazione in cui la CMS è dell’1% ed il conto corrente ha avuto nel trimestre un’alternanza di saldi positivi e negativi, si prende il massimo saldo negativo (per valuta), per es. pari ad euro 10.000, e si moltiplica il saldo stesso per la CMS (10.000 x 1/100 = € 100).
Nell’esempio, dunque, la spesa per CMS da pagare nel trimestre è pari a 100 euro.
Le banche applicano la CMS nelle loro liquidazioni da sempre, ma negli ultimi anni ci si è resi conto, anche a livello politico, che non solo essa è particolarmente onerosa per il cliente bancario, ma soprattutto è priva di una sua giustificazione commerciale, in quanto il semplice rilievo che la banca sostiene dei costi per la messa a disposizione del correntista della somma affidata è oltremodo debole e completamente scollegato, ormai, dalla realtà economica.
Pertanto, sulla scia delle lamentele dei correntisti e delle istanze da parte delle associazioni dei consumatori, le maggioranze di governo hanno da tempo intrapreso un’azione tesa ad attenuare l’impatto e la gravosità di questa commissione, non senza però qualche incertezza.
Da ultimo la legge n. 2 del 28 gennaio 2009 ha, come accennato, complicato maggiormente la vicenda, perché, anziché abolire o limitare semplicemente la portata di questo odioso balzello, ha aperto la strada ad un’altra spesa, paradossalmente ancora più gravosa della CMS: la Commissione sull’Accordato (le banche spesso la chiamano in altri modi, con dicitura equivalente).
Infatti se da un lato il provvedimento ha giustamente messo dei “paletti” alle modalità di applicazione della CMS, prevedendo che il pagamento della stessa avvenga solo sui saldi a debito per un periodo continuativo non inferiore a 30 giorni ed esclusivamente in presenza di fido, dall’altro ha creato dal niente (ma molte banche l’avevano già sperimentata) una nuova commissione, da calcolare però, non sul saldo negativo del conto come la CMS, bensì sull’intero importo del fido accordato.
Ed è palesemente chiaro che, a parità di condizioni, la spesa periodica del correntista è maggiore se calcolata sull’intero fido concesso, anziché su una parte soltanto di questo, cioè quella effettivamente utilizzata con i prelevamenti e gli addebiti di conto corrente.
Per esempio nel caso di un fido di € 25.000, di una CMS = 1%, di un max saldo debitore nel periodo di € 10.000 e di una Commissione pari all’1% dell’accordato, abbiamo che la CMS è di € 100, mentre la Comm. sull’accordato è addirittura di 250 euro (25.000 x 1/100 = € 250).
Conclusione ed effetto della norma legislativa: il cliente bancario paga ora più di quanto pagava quando c’era la sola CMS!
Tant’è che per ovviare a quest’evidente distorsione del provvedimento il legislatore è dovuto intervenire nuovamente con un’ulteriore norma, la quale dal 1° luglio 2009 impone alle banche un tetto alla neonata Comm. sull’Accordato: la sua misura non può infatti superare lo 0,5% trimestrale.
Pertanto la situazione è ora la seguente: alcune banche applicano ambedue le commissioni (CMS e sull’accordato), altre invece ne applicano una sola e con tassi diversi, a volte scaglionati a seconda dell’importo.
In tale quadro normativo circa le commissioni bancarie da pagare sui conti correnti, vogliamo fornire un’utile guida ai correntisti affidati, cioè a coloro che hanno un affidamento (o apertura di credito) in conto corrente.
Escludendo il caso di un conto corrente che paga sia la CMS, sia la Comm. sull’accordato (perché in tal caso non c’è nessun ragionamento da fare), è possibile calcolare (e l’abbiamo fatto per voi) il valore soglia della CMS che fa da spartiacque tra la convenienza a pagare la CSM piuttosto che la Comm. sull’accordato.
In altre parole, se vogliamo risparmiare sui costi bancari, abbiamo la possibilità di scegliere il conto corrente a seconda del tipo di commissioni che ci fanno pagare sugli affidamenti: CMS o Commissione sull’Accordato.
Il valore soglia della CMS è evidenziato nel grafico e nella tabella sotto riportati. Esso è in funzione della percentuale media del nostro utilizzo dell’accordato (nell’ipotesi che si mantenga tale per più di 30 gg.) e riguarda alternativamente tre parametri della Commissione sull’Accordato: 0,3%, 0,4% e 0,5% trimestrali (quest’ultimo costituisce ormai la max percentuale applicabile dalle banche).
Cioè se, per esempio, abbiamo un fido di € 25.000 di cui utilizziamo mediamente (e per oltre 30 gg.) 10.000 euro in ciascun trimestre, significa che la nostra percentuale media di utilizzo è del 40% (10.000 / 25.000 = 40%).
Quindi, stando alla nostra tabella ed in corrispondenza di una % di utilizzo del 40%, il valore soglia della CMS è dello 0,75% nel caso di un Comm. sull’Accordato dello 0,3%, dell’1% per Comm. Acc. dello 0.4% e dell’1,25% per lo 0,5% di Comm.Acc.
Questo significa che nella nostra situazione ci conviene aprire il conto corrente presso la banca che ci fa pagare una CMS inferiore all’1% (p.es. lo 0,9%), rispetto a quella che ci impone invece lo 0,4% o più di Commissione sull’Accordato.
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