Controllo del rischio nelle aziende di credito
Vademecum operativo per il monitoraggio del credit risk all’interno delle Banche, aggiornato con gli accordi di “Basilea 2”

da | 2 Set 2004 | Banca e bancari | 0 commenti

Questo documento vuole essere un valido aiuto per chi riveste la carica di risk controller del credito all’interno di una Banca locale ed è quindi “costretto” al monitoraggio continuo delle posizioni alle quali è stata concessa una qualche forma d’affidamento.

Esso non ha l’ardire di voler essere un trattato scientifico o un manuale pesantemente tecnico (lasciamo agli esperti delle grandi banche le consuete disquisizioni accademiche e filosofiche, tanto accurate quanto inutili dal punto di vista operativo), ma costituisce una semplice valutazione dell’argomento, con taglio fortemente pratico, compiuta da chi è stato investito di questa importante responsabilità e, con una certa base di conoscenza giuridica ed economica del fenomeno Banca, ma soprattutto con molta buona volontà, si è cimentato nell’attività assegnata (ormai divenuta strategica per le aziende di credito), senza l’ausilio di una formazione specifica o di supporti informatici.

La trattazione sarà divisa in tre parti:

  1. L’organizzazione dell’attività di controllo
  2. Le modalità di svolgimento e le caratteristiche delle operazioni sottoposte a controllo
  3. I risultati del controllo

1) L’organizzazione dell’attività di controllo

L’organizzazione dell’attività di controllo del rischio di credito è sicuramente funzione della dimensione e della struttura dell’azienda di credito. Faremo riferimento d’ora innanzi ad una Banca locale con poche filiali.

Inoltre si vuole precisare che quando si parlerà in questa sede di credit risk management si farà esclusivamente riferimento al cosiddetto controllo andamentale e non al check-up da effettuarsi in fase di erogazione del credito. Quest’ultimo presenta caratteristiche e problematiche sue proprie e merita quindi un autonomo approfondimento, che l’autore s’impegna peraltro a svolgere in un successivo intervento.

Una buona organizzazione dell’attività di controllo del rischio per una banca siffatta prevede almeno due gradi di giudizio o, se vogliamo, due filtri all’azione di monitoraggio:

  1. il controllo di prima linea
  2. il controllo di seconda linea da parte di un Ufficio ad hoc (l’Ufficio Controllo rischio di credito)

Vediamoli uno alla volta.

A. il controllo di prima linea

Esso avviene in filiale (o allo sportello della sede) ed è a carico di quello che viene comunemente chiamato “back office” di sportello, cioè l’Ufficio che sta dietro al personale di sportello.

Spetta a quest’Ufficio il primo monitoraggio sull’andamento del credito concesso o comunque in essere (si pensi agli sconfinamenti sui conti correnti non affidati) nei confronti della clientela.

I motivi per i quali il primo riscontro sul regolare rientro del capitale prestato è di competenza delle filiale ed in particolare degli operatori del retro-sportello sono molteplici:

  1. essi hanno conoscenza, spesso personale, il più delle volte almeno nominativa, dei clienti e della loro situazione lavorativa e bancaria
  2. hanno la possibilità di avere informazioni “privilegiate” sul movimento delle loro posizioni: assegni emessi, effetti scontati o posti al s.b.f., bonifici ricevuti, stipendi da accreditare, bancomat utilizzati, carte di credito possedute, etc…
  3. è preferibile che la richiesta informale di chiarimenti e/o il primo sollecito di pagamento vengano effettuati dal personale bancario con il quale la clientela ha maggiore familiarità e che comunque si trovi nella stessa “sala” nella quale il cliente è abituato ad operare
  4. si elimina il rischio di “contattare” un affidato, magari per iscritto, quando questi ha già chiarito la sua situazione con il personale di filiale, per es. ha già detto in filiale che la rata impagata sarà regolata insieme a quella della prossima scadenza, a causa di problemi momentanei di illiquidità, di tempo o di qualsiasi altra natura
  5. si elimina l’altrettanto grave rischio di sollecitare un cliente che ha in corso con la filiale un’operazione particolare di ristrutturazione o comunque tale da giustificare il ritardo negli adempimenti contrattuali con la Banca
  6. si riduce sensibilmente il pericolo (sempre in agguato purtroppo) di formalizzare una presunta inadempienza del cliente, dovuta invece ad un errore da parte della Banca. E’ il caso per es. del mancato addebito di rate di mutuo per errata contabilizzazione dei bonifici pervenuti a tale scopo o di sconfinamenti di C/C causati da erronea imputazione di operazioni fuori sportello
  7. inoltre, è consigliabile il controllo di prima linea in filiale, per il non irrilevante motivo che in filiale si conosce l’effettiva situazione della posizione affidata, che in altri uffici centralizzati è materialmente impossibile conoscere. Si pensi, per es., per citare il caso più eclatante, alla presenza “nel cassetto” dell’operatore di sportello di somme da accreditare sul C/C sconfinante
  8. infine, la necessità di porre l’accento sul monitoraggio di filiale è dovuta anche all’evidente impossibilità di gestire centralmente pratiche spesso numerosissime, provenienti da più filiali, magari con caratteristiche socio-territoriali molto differenti tra loro. In questi casi la scelta della decentralizzazione del processo di controllo è l’unica scelta praticabile

Sarà la filiale, quindi, per tutte le ragioni sovresposte, a provvedere alla richiesta informale di spiegazioni, rivolta ai clienti non puntuali negli impegni, ed ai primi solleciti verbali, telefonici e scritti, secondo le modalità d’azione descritte nella seconda parte di questo trattato. Il suo compito è, pertanto, quello di delineare un quadro sommario ma completo di informazioni riguardanti le posizioni sotto esame, le quali, di conseguenza, saranno classificate come tali, cioè “in osservazione”.

Solo quando quest’azione di controllo e di “presa di contatto” con la clientela in osservazione avrà dato esito infruttuoso o parzialmente infruttuoso, la filiale potrà “passare la palla”, con un’apposita relazione dettagliata, all’Ufficio istituzionalmente preposto al controllo del rischio di credito. Il filtro di prima linea ha così esaurito onorevolmente il suo importante compito.

B. il controllo di seconda linea da parte di un Ufficio ad hoc (l’Ufficio Controllo rischio di credito)

Ricevuta la relazione da parte del filtro filiale, inerente le posizioni che non hanno dato risposta alle sollecitazioni e contenente una raccolta di dati sufficientemente ampia da fornire un quadro relativamente completo delle varie situazioni, entra in gioco l’Ufficio deputato al controllo del rischio di credito.

Per queste pratiche trasferite in Sede, l’Ufficio attiverà le modalità di gestione del pre-contenzioso più idonee in relazione ai vari casi, tenendo presente che non esiste una ricetta perfetta per evitare o quanto meno ridurre il pericolo insolvenza (e quindi sofferenza). Le azioni da intraprendere nei confronti dei debitori sono diverse caso per caso e ogni situazione specifica è una storia a sé.

Occorre quindi uno studio preventivo della vicenda che ha generato il (o gli) inadempimenti, sulla base sia della relazione di cui sopra, sia della verifica diretta davanti al terminale.

Una volta dettagliatamente inquadrata la fattispecie debitoria e avendo ben chiara l’evoluzione temporale della posizione che ha portato al suo trasferimento alla competenza dell’Ufficio, sarà cura dello stesso porre in essere tutte le possibili soluzioni per il recupero delle somme a credito, e di queste soluzioni si darà cenno diffusamente nella seconda parte di questo elaborato (le modalità di svolgimento e le caratteristiche delle operazioni sottoposte a controllo).

Rimane solamente da dire che la funzione appena descritta dell’Ufficio controllo rischio è la sua funzione chiamiamola passiva, perché si avvia esclusivamente per iniziativa delle filiali, che relazionano sui mancati rimborsi di capitale alla scadenza. Quando una Banca funziona perfettamente, senza nessuna inefficienza, questa funzione passiva dell’Ufficio potrebbe essere sufficiente per la realizzazione del compito ad esso affidato, ma la Banca perfetta (come tutte le cose) non esiste, è utopia. E’ frequente nella prassi l’omissione e/o la carenza di controllo da parte della filiale, cioè la mancata o parziale attivazione del controllo che abbiamo definito di prima linea. In tutti questi casi, l’Ufficio controllo rischio dovrà farsi carico delle carenze riscontrate, sulla base quindi di una funzione attiva, quasi di sorveglianza dell’operato dei collaboratori di filiale, innanzitutto individuando le posizioni sfuggite al filtro della filiale e poi chiedendo spiegazioni al Responsabile di filiale (o dello Sportello di Sede), fino ad arrivare ad avocare a sé competenze non esercitate e svolgere quindi anche il passaggio di prima linea.

2) Le modalità di svolgimento e le caratteristiche delle operazioni sottoposte a controllo

La descrizione delle attività operative da porre in essere per il monitoraggio del rischio di credito sarà molto sintetica ed estremamente pratica, in quanto la discussione accademica dei procedimenti da attuarsi, con tutti i loro risvolti giuridici, esula dagli intenti di questo documento.

Quello che si vuole fare è proporre delle soluzioni e lanciare delle idee, fornendo consigli e suggerimenti agli operatori del settore, consapevoli che banche diverse applicheranno metodologie diverse per raggiungere lo stesso obiettivo: la riduzione a livello fisiologico della percentuale di sofferenze.

Non si può trattare delle modalità di svolgimento del controllo senza distinguere tra le varie operazioni bancarie suscettibili di generare crediti di dubbio rientro per la Banca, per cui passeremo in rassegna le forme di finanziamento più frequenti nella prassi, ricordando sommariamente le loro caratteristiche principali.

Preliminarmente, è però il caso di accennare al fatto che non appena il rapporto (qualunque esso sia) si deteriora, manifestando i primi segni di anomalia, e in ogni caso successivamente per la mancata risposta ai richiami di filiale, si dovrà cercare il contatto con il cliente. Su questo punto le politiche bancarie si dividono nettamente, smascherando i falchi dalle colombe. I primi, sostenitori di una formalità ufficiale nelle comunicazioni alla clientela, puntano sul disagio del debitore di fronte alle minacce di azioni legali nei suoi confronti e quindi iniziano subito con l’invio di lettere intimatorie e/o con le diffide da parte del legale. I secondi sono favorevoli ad una linea più morbida, cercando innanzitutto la soluzione amichevole e concordata e venendo incontro, ove possibile, alle difficoltà della controparte.

Personalmente sono più propenso verso il secondo approccio al cliente moroso e questa mia convinzione scaturisce da alcune osservazioni tratte dalla realtà quotidiana:

  1. La maggior parte degli inadempienti sono tali non per dolo o mala fede, ma per difficoltà momentanee incontrate da loro stessi o dalla loro famiglia, per cui la strada delle minacce non può portare comunque a nessuna soluzione che non sia il passaggio a sofferenze, essendo venuta meno per l’affidato la capacità finanziaria di onorare gli impegni a breve termine. In questo caso la ricerca comune di soluzioni coerenti per entrambi, che tengano conto dei sopravvenuti problemi, quali ristrutturazioni e moratorie, può spesso ovviare la temporanea impossibilità ad adempiere.
  2. La linea dura si basa nella stragrande maggioranza dei casi sulla sicurezza delle garanzie prestate, l’esercizio delle quali viene appunto minacciato nelle comunicazioni ufficiali ai debitori. Ma, esperienza insegna, che non si può mai essere sicuri del rientro del credito, anche quando le garanzie a supporto di esso sembrerebbero ampiamente soddisfacenti. Tralasciando i tempi tecnici del recupero coattivo, che in Italia sono semplicemente vergognosi, le procedure immobiliari (alle quali comunque si giunge, anche quando le garanzie sono personali) possono frequentemente non dare i risultati sperati, a causa di evidenti incongruenze nel diritto processuale civile che finiscono per non tutelare il creditore, per una serie di motivi che in questa sede non è il caso d’affrontare (come le eccezioni al titolo esecutivo, le varie opponibilità alla quantificazione del credito, per es. per il famoso anatocismo, le aste deserte, che riducono drasticamente il prezzo ricavato dalla vendita, etc.).Non parliamo poi della scarsa utilità pratica dei pignoramenti mobiliari, quasi tutti incapaci da fornire soddisfazione economica al procedente; dell’inesistenza di fatto della possibilità d’agire con il pignoramento di mobili registrati (autoveicoli); delle enormi difficoltà che si incontrano quando si procede sulla strada del pignoramento dello stipendio, soprattutto nel caso il terzo pignorato sia un ente pubblico o un ente pensionistico.Tutto ciò premesso, la conclusione più logica (e finanziariamente più vantaggiosa) è che una sana tendenza verso le transazioni ed i compromessi, in alcuni casi anche un po’ “spinti”, al fine della risoluzione dei pre-contenziosi, è, il più delle volte, la soluzione migliore possibile.
  3. Infine, a sostegno della tesi favorevole ad un contatto non duro con il debitore, c’è da osservare semplicemente che l’irrigidimento è sempre possibile in seguito, qualora il tentativo d’approccio bonario non abbia avuto successo.

Nell’ottica di questa visione amichevole riguardo alla metodologia di controllo del credit risk, si possono così riassumere gli atti comunicativi da compiere per il recupero dei prestiti, elencandoli in ordine di gravità:

  1. Telefonata informale
  2. Lettera di tono lieve
  3. Lettera di tono grave
  4. Lettera del legale della Banca

Le comunicazioni di cui ai punti 2., 3. e 4. devono essere indirizzate anche ai fideiussori, se esistenti, per l’evidente effetto psicologico che consegue ad un’informativa così generalizzata.

Passiamo ora alla valutazione dei controlli da effettuarsi a seconda della tipologia di finanziamento.

  • Aperture di credito in C/C Sappiamo che, con l’apertura di credito in C/C, la Banca s’impegna a tenere a disposizione del correntista una determinata somma, che egli può utilizzare liberamente entro il limite concesso. In altre parole viene concesso un fido in C/C che attribuisce all’affidato la facoltà di prelevare dal C/C somme maggiori di quelle depositate. Il grande vantaggio di questa forma di prestito risiede principalmente nella sua elasticità, potendo il cliente reintegrare i prelevamenti effettuati con successivi versamenti, in piena discrezionalità, pagando inoltre gli interessi solo sulle somme effettivamente utilizzate.Ai fini del controllo del rischio, a questa operazione di finanziamento si ricollega pure la situazione di quei correntisti ritrovatisi in posizione debitoria nei confronti della Banca, pur non essendo da essa stati affidati, perché hanno operato sul C/C in modo tale da generare uno “sconfinamento” contabile. Anche in quest’ultimo caso si è dunque in presenza di un credito (involontario) concesso dall’Istituto, sul quale bisogna agire per il recupero.Il monitoraggio di queste peculiari operazioni bancarie di prestito dovrà chiaramente affidarsi a controlli andamentali periodici riguardanti le vicende del C/C.Utilissime a tal fine le interrogazioni (altri le chiamano “estrazioni” o “stampe” o “statistiche” o “elaborazioni” o addirittura “richieste parametrate”, ma il principio della loro necessità non cambia) finalizzate al riscontro delle seguenti caratteristiche del C/C (solo per citare le più importanti):
    1. situazioni di immobilizzo (chiaramente con saldo a debito per il cliente)
    2. situazioni di sconfinamento (sia per i conti affidati, sia per quelli non affidati)
    3. percentuali di utilizzo del fido concesso (i c.d. esperti parlano di “tensione d’utilizzo”)

    Analizziamo le suddette caratteristiche singolarmente.

    Situazioni di immobilizzo.

    Per quanto riguarda il punto a., l’immobilizzo di un C/C è la prima e fondamentale informazione su di esso e purtroppo anche la più indicativa del suo cattivo stato di salute. La mancata movimentazione del C/C (ovviamente escludendo la contabilizzazione delle competenze trimestrali ed altri particolari movimenti di esclusiva iniziativa della Banca) va analizzata in un arco di tempo sufficientemente ampio, ma non eccessivo: si consiglia un periodo di 4/6 mesi.

    L’assenza di movimenti evidenzia il pericolo più grave di tutti: l’inattività (imprenditoriale o semplicemente dei flussi reddituali familiari) del correntista.

    Spesso questa situazione, soprattutto quando il saldo è di lieve entità, è mero frutto della disattenzione del cliente non esperto di fatti di Banca e si risolve facilmente con una telefonata all’interessato, magari per ottenere l’assenso alla chiusura del C/C per sopravvenuta inutilità dello stesso. Ma non sono rari i casi in cui l’immobilizzazione del conto è indice di fatti più rischiosi: cessazione dell’attività d’impresa, crisi aziendale per mancanza di domanda, liquidazione della società, conflitto dei soci, separazione dei coniugi cointestatari, fino ad arrivare ai casi di fuga o latitanza dell’intestatario ed alle vere e proprie truffe perpetrate ai danni dell’Istituto che ha concesso il credito.

    Si tenga presente che la lista dei conti correnti immobilizzati è utilizzabile anche per altri fini non strettamente legati al rischio andamentale. E’ il caso della segnalazione dei C/C convenzionati (intendendosi per tali quei conti che, in virtù del fatto che su di essi viene accreditato lo stipendio o la pensione del correntista, godono di particolari condizioni di favore, soprattutto per quanto riguarda le spese) in situazione d’immobilità all’ufficio competente alla variazione dei tassi e delle condizioni: infatti, la mancata movimentazione per più di un mese del C/C in convenzione è condizione necessaria e sufficiente per desumere il venir meno dell’accredito dello stipendio e, quindi, del presupposto stesso che giustifica l’applicazione delle migliori condizioni relative.

    Situazioni di sconfinamento.

    L’utilizzo di informazioni concernenti il punto supra b., cioè quelle relative agli sconfinamenti (essendo tali sia i superi dello “scoperto” concesso, sia i debordi dei conti non affidati), permette innanzitutto di verificare eventuali posizioni di rischio sfuggite al controllo dei C/C stagnanti. Situazioni di semi-immobilità o di immobilità di fatto, derivanti da piccola movimentazione, come addebiti di carte o di canoni, potrebbero sfuggire al monitoraggio di cui al punto precedente, costituendo invece chiari campanelli d’allarme per l’operatore bancario.

    In linea generale, i dati ricavabili dagli sconfinamenti forniscono preziose informazioni sulle vicende finanziarie dell’intestatario, ma sono dati da valutare analiticamente, caso per caso e con estrema attenzione.

    Il progressivo peggioramento del saldo, per es., è indubbiamente un segnale allarmante, da prendere in seria considerazione in sede di decisione delle contromisure da adottare, ma vicende intermedie, meno evidenti, possono spesso prestare il fianco a più interpretazioni. Ricordiamoci poi che le tipologie di irregolare andamento e di cattivo utilizzo del C/C sono numerosissime e spaziano dal semplice caso del dipendente che si anticipa lo stipendio del mese in corso ancora d’accreditare, al caso dell’impresa in forte squilibrio finanziario che utilizza il fido di conto corrente (passività tradizionalmente a breve) per la copertura del fabbisogno per investimenti a lungo termine, peggiorando così irrimediabilmente la sua gestione ed il suo stesso futuro (e mettendo in difficoltà la Banca, sua finanziatrice).

    Per tutti questi motivi lo studio degli sconfinamenti deve seguire necessariamente la strada metodologica della “scientificità”, allo scopo d’ottenere la migliore e più verosimile ricostruzione dello scenario che si cela dietro le alterne vicende dell’esposizione in C/C. Vicende sintetizzate dal saldo finale di segno negativo.

    Solo dopo aver operato nel modo suddetto, si può avere un’idea di cosa ci si aspetta dal cliente monitorato e quali interventi di recupero effettuare nei suoi confronti.

    Situazioni di utilizzo del credito al limite del fido.

    Anche la percentuale d’utilizzo del fido (“tensione d’utilizzo” dicono coloro che parlano tutto il giorno di banca), indicata al punto supra c., è un’elaborazione oltremodo utile per gli incaricati del controllo andamentale del credito. Essa non è altro che l’elencazione di quei conti che sono utilizzati frequentemente, se non costantemente (il tempo è uno dei parametri che può essere variato dall’operatore nell’interrogazione dei dati), al limite del fido concesso, anche se non sconfinanti. Per esempio, rientra nella definizione appena data il conto che si trova sempre oltre il 90% dell’accordato, cioè, per essere più chiari, dato 100 il fido accordato, il C/C presenta sempre un saldo oltre – 90 (– 92 oppure – 95).

    Questa informazione relativa ai conti utilizzati abitualmente per l’importo massimo tollerato, deve essere letta come indicazione inconfutabile della difficoltà finanziaria dell’affidato, il quale fatica palesemente a sostenere gli ordinari impegni assunti (le spese d’impresa o familiari) ed è costretto perciò a ricorrere all’intera disponibilità offertagli dalla sua Banca.

    In una siffatta situazione è fortemente improbabile, per certi versi anche più che nelle altre casistiche viste ai punti precedenti (immobilizzo e sconfinamento), il recupero a breve del credito da parte dell’istituto erogante, qualora esso voglia procedere alla revoca del fido. Infatti, la persistenza temporale del saldo negativo in vicinanza della linea estrema consentita dall’affidamento, unita ad una “normale” movimentazione del C/C, evidenzia un gap finanziario non facilmente colmabile (altrimenti sarebbe già stato colmato) nel breve periodo, senza il ricorso ad operazioni amministrative del patrimonio (familiare o patrimoniale), qualificabili come “straordinarie”.

    Volendo generalizzare, per semplicità di discussione, si può affermare che una vicenda caratterizzata da saldi continuamente a ridosso del limite di fido rappresenta spesso una non augurabile “anticamera” della futura sofferenza.

    Quanto sopra esposto, riguardo le tre principali direttive d’analisi delle aperture di credito in C/C, rivela, al credit risk management, un ordine logico di priorità decrescenti e suggerisce quindi l’approccio d’intervento:

    1. innanzitutto la situazione d’immobilità, che raffigura l’anomalia più evidente;
    2. poi la situazione di sconfinamento di conti movimentati, che dipinge un’anomalia di grado appena inferiore;
    3. infine la situazione di utilizzo al margine dell’accordato, che configura l’embrione dell’anomalia grave

    Adesso, passando alla discussione delle misure “d’aggressione” alle irregolarità riscontrate sulle aperture di credito (il termine è forte ma calzante), citeremo quelle maggiormente impiegate per arginare il pericolo del passaggio della posizione in C/C all’Ufficio legale, con il conseguente avvio delle procedure legali di recupero coattivo.

    Ai correntisti che manifestano i segnali negativi di cui si è parlato dianzi, possono applicarsi i seguenti, non esaustivi, provvedimenti cautelativi:

    • blocco bancomat
    • blocco carte di credito
    • blocco rilascio assegni
    • blocco dare del C/C
    • compensazioni
    • giroconti
    • blocco conti collegati
    • revoca fido
    • richiesta piano di rientro del debito
    • transazioni e compromessi
    • estinzione C/C con girosaldo a posizione contabile creditoria
  • Sconto bancario di effettiLo sconto è il contratto con il quale il cliente cede alla Banca un credito verso terzi, rappresentato da effetti cambiari (pagherò e tratte) con scadenza futura, ricevendo in cambio l’importo nominale diminuito dello sconto commerciale e delle commissioni. L’importo ceduto dal cliente è il valore nominale dell’effetto, mentre quello accreditato dalla Banca sul C/C dell’affidato è denominato netto ricavo. La cessione degli effetti avviene salvo buon fine (s.b.f.), ciò significa che nel caso il terzo debitore della cambiale non provveda al pagamento della stessa alla sua scadenza, sarà il cliente scontista a pagare alla Banca l’importo del credito ceduto.Come si evince dalla definizione appena data, la suddetta operazione permette allo scontista lo smobilizzo del credito in portafoglio.Attualmente lo sconto bancario è in fase di forte declino, dopo aver conosciuto in passato una certa popolarità. Il motivo di questa caduta d’interesse è da attribuirsi all’utilizzo sempre minore, da parte degli operatori economici, degli effetti cambiari quale mezzo di regolamento delle transazioni commerciali.Dal punto di vista del controllo andamentale, c’è da rilevare che lo sconto è una forma di prestito che “gira” in ogni caso sul C/C del cliente. E’ sul C/C che l’affidato (il fido da utilizzare per lo sconto prende il nome di “castelletto”) riceve il netto ricavo dell’operazione di finanziamento ed è sullo stesso C/C che gli vengono addebitati gli effetti non pagati alla scadenza dal debitore ceduto. Di conseguenza, rimanendo nell’ottica della praticità che contraddistingue questo documento, il rischio di credito dell’operazione di sconto può essere ricompreso all’interno del monitoraggio dei C/C, delle cui modalità operative si è parlato precedentemente trattando delle aperture di credito in C/C.Naturalmente occorre essere coscienti che su quel determinato conto corrente opera un affidamento per lo sconto e che le anomalie del conto possono essere causate anche dalle vicende degli effetti ivi scontati.

    Inoltre, nello sconto, altri dati informativi vanno ad integrare il processo del controllo, come per es. la percentuale di insoluti e protestati sul totale scontato, i nominativi dei terzi debitori che non hanno onorato gli impegni cambiari assunti, il tipo di transazione che c’è sotto la cambiale e che dà origine alla sua emissione (dovrebbe trattarsi sempre di carta commerciale), la percentuale di utilizzo medio del castelletto, etc.

  • Portafoglio s.b.f.Venuta meno l’importanza dello sconto, quale operazione di anticipo del credito derivante da operazioni commerciali, l’incasso salvo buon fine, ovvero la cessione s.b.f. alla Banca di crediti non ancora scaduti, ha subito provveduto a prenderne il posto nelle abitudini degli imprenditori. Con questa operazione il cliente affidato cede alla banca un credito, rappresentato non solo da effetti, ma sempre più spesso da ricevute bancarie (Ri.Ba.), in cambio dell’accredito in C/C da parte della Banca del valore nominale del titolo ceduto e con addebito delle sole commissioni.Il motivo per cui questa forma di anticipo s.b.f. ha preso piede facilmente sta appunto nella sua possibilità di utilizzo non solo attraverso la cessione di cambiali (sempre più rare, come detto), ma anche di Ri.Ba.Le ricevute bancarie sono semplici documenti di quietanza, attualmente molto usati dagli operatori commerciali, contenenti:- l’impegno a pagare una o più fatture, i cui estremi sono riportati nel documento- l’importo da pagare

    – la scadenza alla quale pagare

    C’è da aggiungere, per completezza d’informazione, che le Ri.Ba. non sono più cartacee, bensì dei semplici flussi telematici, essendo state da tempo dematerializzate.

    Il vantaggio economico per la Banca non consiste solo nelle commissioni addebitate, ma nel fatto che l’importo del valore nominale dei titoli è accreditato sul C/C con valuta posteriore alla scadenza degli stessi e, dunque, la successiva utilizzazione della somma messa a disposizione del correntista comporta uno scoperto di valuta, sul quale egli pagherà trimestralmente gli interessi.

    Esistono due soluzioni per attuare l’anticipo s.b.f. del quale stiamo parlando:

    1) con accrediti e addebiti direttamente sull’ordinario C/C del cliente affidato;

    2) con accredito su un conto anticipi appositamente creato.

    Senza entrare nello specifico, l’apertura di un conto anticipi per il s.b.f. fornisce alla Banca due grossi vantaggi: ha un quadro migliore, senza inquinamenti, delle sole operazioni afferenti l’incasso s.b.f. e, soprattutto, fa pagare al cliente gli interessi sull’intera somma ceduta, mentre nel caso di utilizzo diretto dell’ordinario C/C, senza l’intermediazione del c/anticipi, l’affidato paga gli interessi solo sulle somme effettivamente utilizzate.

    Semplificando, anche per il portafoglio s.b.f. vale quanto detto per lo sconto circa la possibilità di far rientrare il rischio di quest’operazione specifica nel normale controllo andamentale dei C/C, comprendendo nel monitoraggio anche il c/anticipi, qualora esso fosse presente.

  • Anticipo su fattureL’anticipo su fatture prevede l’accredito sul C/C del venditore di una percentuale (in genere il 60/80%) del credito esposto in fattura. Alla data convenuta sarà la Banca a riscuotere dall’acquirente l’importo indicato nel documento fiscale.Anche per questa tipologia di finanziamento, data la sua natura molto simile a quella del portafoglio s.b.f. visto in precedenza, è sufficiente il solo monitoraggio periodico dei rapporti di C/C.
  • MutuiI mutui sono prestiti concessi in unica soluzione e con rimborso a rate periodiche. La periodicità delle rate di rimborso (mensile, trimestrale, semestrale, etc.) è decisa dal mutuatario, così come l’importante condizione della variabilità o meno del tasso d’interesse fissato per il mutuo. Tale finanziamento non ha necessariamente bisogno del supporto di un C/C, potendo benissimo vivere di vita propria.Generalmente il metodo che caratterizza il piano d’ammortamento del prestito a tasso fisso è quello francese, nel quale le rate sono costanti nel tempo e contengono ciascuna una quota di capitale ed una quota d’interessi. La prima aumenta gradualmente man mano che il mutuo viene rimborsato, la quota d’interessi diminuisce a causa del fatto che essa è calcolata, ad ogni rata pagata, su un debito residuo sempre più basso.Non abbiamo voluto intenzionalmente parlare finora delle garanzie che circondano i prestiti erogati dalla Banca, perché il discorso si sarebbe fatto molto più articolato, esulando dagli scopi di questa trattazione, ma non si può discutere di mutui senza accennare all’importante distinzione fra mutui chirografari ed ipotecari. I primi sono assisiti esclusivamente da garanzie personali del mutuatario e dei suoi avallanti, i secondi godono invece della garanzia ipotecaria, iscritta su uno o più immobili. Fra i mutui ipotecari un’importanza particolare rivestono quelli che finanziano l’acquisto o la costruzione della prima casa, non solo perché fanno parte da tempo di una precisa politica economica governativa di sostegno alle famiglie, e godono pertanto di agevolazioni fiscali, ma soprattutto perché essi costituiscono l’operazione bancaria che più di ogni altra avvicina l’azienda di credito a quella clientela cosiddetta di massa che altrimenti avrebbe scarsi rapporti con il sistema creditizio.Il credit risk management dei mutui non potrà mai fare a meno di basarsi fondamentalmente sull’analisi delle rate impagate. Per quanto evoluto sarà il sistema informatico di supporto al controllo andamentale di cui la Banca potrà dotarsi, esso poggerà sempre sul dato grezzo rappresentato dal numero di rate non onorate alla scadenza e da tutti gli elementi che a questa componente informativa conseguono:1) il ritardo medio di pagamento

    2) il ritardo medio ponderato con la periodicità delle scadenze

    3) la data di ultimo pagamento

    4) il mancato pagamento parametrato con il numero totale delle rate previsto dal piano     d’ammortamento del prestito

    Lo studio dei suddetti fattori, unito alla conoscenza della “storia” del mutuatario (in definitiva è sempre quest’ultima possibilità il più grande vantaggio di cui gode la Banca locale rispetto alla grande banca), è il metodo scientifico da utilizzare nell’approcciare il cliente moroso al fine del recupero del credito. Recupero che, nel caso del mutuo, consiste nel tentativo di far ritornare sui giusti binari di regolarità finanziaria mutuatari che, invece, per le più varie motivazioni, se ne sono in qualche modo allontanati.

    Le strade percorribili da Risk controller per il raggiungimento dello scopo dianzi delineato sono le stesse viste in precedenza parlando dei percorsi di “avvicinamento” e di “dialogo” con il cliente inadempiente, cui si aggiunge, per questo specifico caso, l’importante via della cosiddetta “ristrutturazione” del finanziamento.

    Al termine ristrutturazione si vuole dare in questa sede un’accezione ampia e onnicomprensiva, intendendo ricomprendere, con tale espressione, tutte le soluzioni con le quali si opera:

    – un congelamento delle scadenze (anche informale)

    – un cambiamento della periodicità delle stesse

    – un cambiamento dell’importo della rata

    – una diversa quantificazione del debito

    – una compensazione fra il mutuo ed altri rapporti del mutuatario

    – una cessazione del debito a favore di altro finanziamento da erogare

    Riguardo quest’ultimo aspetto, c’è subito da rilevare che esso apre un annoso dibattito fra gli analisti economici circa la sua convenienza. Lasciando ad altri le consuete disquisizioni meramente giuridiche (novazione o rinnovo, revoca unilaterale o tacito consenso reciproco, etc.), qualche volta interessanti, ma il più delle volte inutili e noiose, possiamo sintetizzare l’argomento dicendo che, nonostante sui manuali tecnici è oltremodo sconsigliato accendere un debito per pagarne un altro, siamo propensi ad affermare che, in determinate e circoscritte circostanze, riscontrabili nella realtà operativa, una qualche forma di riorganizzazione del prestito possa dare indubbi vantaggi in termini di probabilità di recupero dello stesso. Sta all’operatore bancario valutare attentamente caso per caso e decidere, a volte anche con “sfacciata praticità”, la soluzione considerata migliore nella fattispecie presa in esame.

3) I risultati del controllo

Una volta posta in atto tutta l’articolata e complessa attività che si è cercato di descrivere ai paragrafi precedenti, l’ufficio controllo rischio di credito avrà raccolto materiale più che sufficiente per una valutazione analitica e significativamente attendibile dei singoli nominativi segnalati e/o individuati d’iniziativa. Tale valutazione ha lo scopo di classificare le posizioni sotto osservazione in categorie omogenee dal punto di vista della natura e della probabilità di normalizzazione del credito.

Ricordiamo che le categorie di crediti volute dall’organo di controllo (Bankitalia) sono attualmente le seguenti:

» Incagliati

» Ristrutturati

» In corso di ristrutturazione

» In sofferenza

A questi si aggiunge ora la nuova categoria dei “Crediti Scaduti”, introdotta per recepire gli accordi di Basilea 2.

Tralasciando i crediti ristrutturati ed in corso di ristrutturazione ed i crediti scaduti definiti nell’articolo dedicato agli accordi di Basilea 2, si vuole porre l’accento sulla circostanza che il lavoro di selezione, individuazione e valutazione dei crediti, ai fini della suddetta classificazione, non deve essere recepito dall’Ufficio competente al controllo come un obbligo formale cui non ci si può sottrarre, ma come una possibilità non indifferente di miglioramento sostanziale dell’efficacia operativa, nell’esercizio della propria funzione di monitoraggio del rischio.

Il processo logico decisionale che sottende la valutazione dei risultati sarà simile al seguente diagramma:

controllo-del-rischio

Gli “incagli” sono definibili come i crediti che presentano momentanee difficoltà di regolare adempimento da parte del debitore, ma che si presume possano ritornare regolari, anche mediante un’efficiente azione dell’Ufficio.

Più grave la definizione delle sofferenze, qualificabili come quei crediti per i quali la patologia evidenziata è cosi irreversibile che si può facilmente presumere l’inadempimento del debitore e la conseguente perdita del credito, diventando perciò più conveniente per la Banca l’esercizio delle azioni legali, incardinate, laddove possibile, sulle garanzie fornite in precedenza a supporto del finanziamento.

E’ appena il caso di notare che la suddetta definizione di sofferenza viene a identificarsi notevolmente con il concetto di insolvenza, tuttavia non c’è un’esatta coincidenza tra i due termini (checché ne dica parte della dottrina, anche autorevole), potendo benissimo sussistere la sofferenza ma non l’insolvenza e viceversa.

La classificazione come “incagliate” di alcune posizioni non comporta quindi necessariamente il successivo passaggio a sofferenza delle stesse, in quanto il processo visto sopra permette anche il cammino all’indietro, in conseguenza della regolarizzazione della situazione di temporanea difficoltà. Anzi questo deve essere l’obiettivo primario dell’Ufficio controllo per quanto riguarda le azioni da intraprendere sui crediti posti incagliati. In altre parole si deve evitare, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, che la categoria incagli diventi “l’anticamera” delle sofferenze, dovendo costituire invece un efficace filtro che generi il minor numero possibile di sofferenze.

Decorso un congruo periodo di tempo occorre verificare la sussistenza dei requisiti che hanno indotto a qualificare incagliati i crediti e tale verifica comporta tre risultati valutativi alternativi:

  1. In bonis, per normalizzazione del credito, cioè per ritorno alla puntualità negli adempimenti
  2. A sofferenza, quando l’attività condotta per ripristinare la regolarità del credito non ha, purtroppo, dato i frutti sperati
  3. Persistenza dell’incaglio, avendo constatato che le difficoltà che a suo tempo hanno fatto optare per tale classificazione non si sono né aggravate, né sono migliorate

Su quest’ultimo punto la dottrina, anche autorevole, è molto scettica, affermando (e a volte disciplinando) che non è coerente la sussistenza per lungo periodo di una situazione di incaglio e suggerendo (rectius quasi obbligando) di trasferire a sofferenza il credito incagliato in parola.

Ci permettiamo di dissentire fortemente da questa visione perché un ritardo fisiologico negli adempimenti contrattuali, per es. la continua esistenza di una o due rate impagate di un mutuo, non può e non deve portare a qualificare come irrecuperabile o definitivamente patologica la posizione (bisogna però tener conto adesso di quanto detto a proposito dei nuovissimi “crediti scaduti”, nell’ articolo dedicato a Basilea 2).

Ancora una volta non devono essere le astratte regole a indicare la giusta via, bensì il sano e insostituibile buon senso.

Chiudiamo il discorso sui risultati del controllo sottolineando l’importanza di integrare, ai fini della classificazione che si andrà ad operare sui crediti e soprattutto sulla decisione di passaggio a sofferenze, le informazioni possedute a livello di Banca con quelle derivanti dal sistema bancario. Ci riferiamo alla conoscenza delle situazioni dei singoli nominativi presso altre banche: concessione di ulteriori finanziamenti, ritardi nei pagamenti, inserimento nella categoria degli incagli, iscrizione nell’elenco delle sofferenze. Solamente questa ulteriore serie d’informazioni potrà dare un quadro chiaro e sicuro della storia di ciascuno e fornire quindi il supporto adeguato e necessario per le conseguenti decisioni di classamento del credito, rimanendo comunque il valutatore libero di decidere come vuole, non dovendo certamente sottostare a vincoli e condizionamenti a causa delle scelte prese, non sempre motivatamente, dai responsabili delle altre banche.

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