Ha avuto molto seguito la sentenza del Tribunale di Bari che ha sentenziato, in un caso specifico, l’illegalità del più frequente metodo con il quale le banche calcolano il piano d’ammortamento dei mutui: quello cosiddetto alla “francese” con il quale si ottengono rate costanti (a parità di tasso) per tutto il periodo di rimborso.
Mediante questo metodo di calcolo delle rate, il mutuo è restituito con pagamenti periodici, tutti d’importo uguale, che sono comprensivi di una quota capitale via via crescente e di una quota interessi decrescente (perchè computata su un debito residuo sempre più piccolo). La somma delle due quote (capitale ed interessi) è però sempre la stessa per tutto il piano d’ammortamento (ovviamente se il tasso d’interesse rimane fermo) e questa è appunto la caratteristica principale del metodo “francese”, dove la rata è quindi costante.
E proprio tale metodo di calcolo del mutuo bancario è stato messo all’indice dal Tribunale di Bari, il quale ha sostenuto la contrarietà alla legge di tale procedimento in quanto esso, applicando nella quantificazione della rata costante (costituita, si ripete, da capitale ed interessi) il regime dell’interesse composto, viola la normativa sulla trasparenza, perchè il tasso nominale, dichiarato al cliente affidato, è di fatto più basso di quello effettivo (e quindi ingannevole). E ciò per le caratteristiche stesse del calcolo delle rate con le regole dell’interesse composto.
In parole semplici, il tasso annuo dichiarato dalle banche, p.es. il 3,00%, non corrisponde a quello effettivo, il quale è più alto perchè, dato che le rate del mutuo si pagano generalmente con periodicità infrannuale (p.es. mensilmente), ad ogni rata si formano degli interessi sugli interessi che lo rendono più elevato di quello nominale. Pertanto, solo quando la rata da corrispondere alla banca è annuale i due tassi di interesse coincidono.
Nell’esempio fatto di un tasso nominale annuo del 3,00% e con una periodicità mensile nel pagamento delle rate, abbiamo infatti che il tasso mensile corrispondente a quello annuo è pari allo 0,25% (uguale a 3 diviso 12 mesi) e quindi, applicando a questo tasso il regime composto degli interessi, risulta un tasso annuo (effettivo) del 3,04%, con differenze (tra nominale ed effettivo) sempre maggiori man mano che il tasso di interesse si alza (p.es. al tasso annuo nominale del 7% con rate mensili equivale il 7,23% effettivo, al 10% il 10,47% e così via).
Per chi volesse dilettarsi a calcolare il tasso effettivo equivalente al tasso annuo nominale, o viceversa, offriamo il seguente semplice convertitore, dove è sufficiente inserire i tassi di interesse (nominali o effettivi) e la periodicità della rata per ottenere i corrispondenti tassi (effettivi o nominali).
Apri il nostro programma per il calcolo del tasso effettivo (dato quello nominale annuo) o del tasso nominale (dato quello effettivo), ricordando la tabella della periodicità della rata:
12 = mensile
6 = bimestrale
4 = trimestrale
3 = quadrimestrale
2 = semestrale
1 = annuale
Nel grafico sono riportate le divergenze fra tasso effettivo e nominale, al variare del tempo espresso in mesi, per un tasso del 5,00%.
Molto probabilmente la forte ripercussione mediatica della suddetta sentenza è motivata dalla circostanza che l’associazione dei consumatori “ Adusbef ” ha subito cavalcato l’onda della vittoria ottenuta, facendone, come al solito, un cavallo di battaglia contro il presunto strapotere delle banche.
In realtà le cose non stanno come dice il Tribunale di Bari e nelle sentenze di appello la questione dovrebbe saltar fuori.
Secondo il nostro modesto modo di vedere non c’è un’ingannevole pubblicità da parte degli istituti di credito. E’ vero infatti che la banca dichiara al cliente il tasso nominale e che questo è minore di quello effettivo, ma è anche vero che il tasso effettivo è ampiamente comunicato al debitore (e da questi firmato per presa visione) nei fogli informativi, sotto la voce Taeg.
Il Taeg, la cui informativa è obbligatoria per legge, non è altro che la dichiarazione da parte della banca del tasso effettivamente applicato al contratto di mutuo. La misura del Taeg pertanto non solo risente del metodo di calcolo dell’interesse composto, quantificando di conseguenza il preciso tasso contrattuale, ma anche delle commissioni e delle spese eventualmente applicate dalla banca.
Ecco quindi che non c’è nessun inganno nelle comunicazioni al cliente e la trasparenza è pienamente rispettata.
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