Valutazione delle imprese e merito creditizio
Una tesi di laurea sulla valutazione delle imprese e merito creditizio alla luce del nuovo accordo di Basilea

da | 17 Ott 2006 | Banca e bancari | 0 commenti

Introduzione

VALUTAZIONE DELLE IMPRESE E MERITO CREDITIZIO

ALLA LUCE DEL NUOVO ACCORDO DI BASILEA

Università degli studi di Roma

“La Sapienza”

content_sapienza

Facoltà di Economia

Corso di laurea in Economia e commercio

– Sede di Latina –

Tesi di laurea in

TECNICA BANCARIA (COSTI E RICAVI BANCARI)

Laureando: Belli Giorgio

Relatore: Prof.ssa Irene Misucci

Anno Accademico: 2003/2004

“Se devi alla banca 100 dollari, è un tuo problema.

Se invece devi 100 milioni di dollari,

è un problema della banca”.

(J.P.Getty)

Ai miei genitori…pilastri dei miei sogni.

Introduzione

Il Nuovo Accordo sul Capitale, noto come Basilea 2, è l’ultima proposta formulata dal Comitato di Basilea, al fine di introdurre una moderna normativa concernente l’adeguatezza patrimoniale delle imprese bancarie e creditizie. Tale Accordo andrà a sostituire quello attualmente in vigore, emanato nel 1988, ed avrà tra i suoi fini quello di rafforzare il legame tra il capitale di vigilanza e i rischi sottostanti, riconoscendo gli sviluppi che l’industria finanziaria ha fatto in termini di misurazione e gestione dei rischi. Pur riconoscendo la notevole attenzione dedicata negli ultimi anni al rischio di mercato, è innegabile che il rischio di credito rimane la principale causa delle crisi bancarie: oscillazioni cicliche dell’economia, elevata concentrazione dei fidi, sistemi di gestione del rischio di credito inadeguati sono stati alla base dei principali dissesti aziendali.

L’obiettivo perseguito con il presente lavoro è quello di illustrare il contributo che può essere fornito dall’applicazione delle recenti tecniche di misurazione del rischio di credito al processo di valutazione delle imprese, con particolare riferimento al tessuto delle PMI, le quali, se da un lato sono state oggetto di un particolare favore da parte del Comitato di Basilea che ha stabilito assorbimenti patrimoniali più ridotti rispetto alle imprese di maggiori dimensioni, dall’altro hanno rappresentato negli ultimi mesi il fulcro di un delicato quanto acceso dibattito circa gli effetti che l’intera normativa, e in particolar modo l’applicazione dei rating, avrà nei loro confronti.

 

Infatti, quando le banche si affidano a sistemi di rating realizzati da agenzie esterne, a volte non possono valutare i rischi su molte piccole e medie imprese che per motivi economici non richiedono rating alle agenzie. Secondo Basilea, un’impresa della quale non si ha un rating viene inserita nella fascia di rischio più alta. Le banche potrebbero decidere allora di razionare l’offerta creditizia nei confronti di queste controparti e, di conseguenza, per le PMI qualsiasi tentativo di intraprendere un processo di sviluppo virtuoso verrebbe compromesso.

Il lavoro è stato strutturato in quattro capitoli: il primo capitolo si apre con una disamina sul tradizionale rapporto banca-cliente, rapporto spesso inficiato dall’esistenza di asimmetrie informative che influiscono negativamente sulla capacità della banca di analizzare il merito creditizio della clientela stessa. Solo l’instaurazione di un reciproco rapporto di fiducia tra impresa e banca può consentire a quest’ultima l’accesso a dati necessari alla valutazione, superando di fatto anche i problemi legati alla selezione avversa (adverse selection) degli affidamenti, nonché quelli derivanti da comportamenti opportunistici dell’affidato nel corso della vita del prestito (moral hazard). Seguono poi delle riflessioni sul concetto di rischio di credito, termine che a prima vista può apparire scontato, ma che in realtà racchiude in se diversi significati che devono essere analizzati e chiariti. Primo fra tutti il fatto che esso non significa soltanto possibilità di insolvenza di una controparte (credit default risk), in quanto anche il semplice deterioramento del merito creditizio di questa, che determina una riduzione del valore di mercato della posizione creditoria detenuta, deve già considerarsi una manifestazione del rischio predetto (credit spread risk).

Si analizzano quindi le sue due componenti fondamentali, la perdita attesa e inattesa (che assume la maggiore rilevanza), entrando nel merito dei benefici apportati dalla diversificazione al portafoglio prestiti della banca.

Il secondo capitolo entra invece nel merito dell’ Accordo di Basilea, tema quanto mai attuale data l’entrata in vigore, nel 2006, delle novità introdotte dall’elaborazione del Nuovo Accordo sul Capitale, a cui peraltro le banche devono già adeguarsi per essere pronte a recepirle e a metterle in pratica. Vengono posti in evidenza i limiti della precedente formulazione del 1988, che si basava su requisiti minimi di capitale applicati uniformemente a tutte le banche, senza tenere conto della rischiosità dei singoli portafogli né delle attività fuori bilancio. La rigidità delle precedenti regole ha prodotto, in particolare, il cosiddetto fenomeno del “regulatory capital arbitrage”. Sulla base di approfondimenti condotti dalla Banca d’Italia e dalle autorità di vigilanza di altri Paesi, sono state introdotte nello schema specifiche modalità di calcolo dei requisiti patrimoniali relativi ai crediti alle imprese di minori dimensioni; le esposizioni verso le società con fatturato fino a 50 milioni di euro vengono assoggettate, a parità di rischio di fallimento, a requisiti patrimoniali inferiori rispetto a quelli relativi alle società più grandi.

Nel terzo capitolo si affronta il concetto di rating, e in particolare quello di rating interno, che è la più importante innovazione apportata dalle nuove regole dell’ Accordo sul Capitale, in quanto rappresenta il miglior incentivo per le banche a valorizzare il patrimonio informativo accumulato nel corso delle relazioni creditizie, e a migliorare la qualità dei processi di controllo dei rischi.

Si passano così in rassegna i principali elementi che caratterizzano un sistema di rating interno, che consente tra le altre cose di ottenere una più stretta correlazione tra la rischiosità dell’impresa affidata e il capitale necessario alla banca per coprire il rischio. Si mettono in evidenza i benefici della selezione individuale della clientela, che integrerà il merito creditizio con più ampie valutazioni prospettiche in termini di potenziale contribuzione del cliente al valore generato dalla banca (remunerazione del capitale assorbito), ma individuando al contempo alcuni aspetti critici di non secondaria importanza. Il capitolo si conclude con una disamina sulle tecniche di conversione dei rating delle Agenzie esterne in punteggi di rating interno.

L’ultimo capitolo è il caso pratico della tesi, frutto dell’esperienza di stage condotta presso la divisione Banche-Finanza e Assicurazioni di “Datamat S.p.A.”, una società leader nel settore ICT con presenza su una vasta gamma di mercati del panorama economico nazionale e internazionale. In tal caso, sono stati approfonditi per via empirica alcuni punti caratterizzanti i sistemi di rating interno, in modo tale da analizzare qualità e coerenza dei dati che alimentano i modelli applicabili. E’ stata effettuata un’analisi delle scale di rating su dati provenienti da alcuni tra i maggiori concorrenti, bancari e non, a livello nazionale, a cui si aggiunge infine lo studio sulle possibili ripercussioni della scelta tra due metodi di valutazione della probabilità di default: stima ex-ante o ex-post.

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Share This