Come è profondo il mare
Recensione del libro “Come è profondo il mare” di Nicolò Carnimeo

da | 18 Mar 2015 | Libri | 0 commenti

Come è profondo il mareMi piace guardare il mare. D’estate. Soprattutto al tramonto. Chiudere gli occhi, allontanare i pensieri della giornata, e ascoltare il lento movimento delle onde che dolcemente spumano allungandosi sulla spiaggia ormai semideserta. I profumi del mare, dei doposole, le conchigliette che sbucano qua e là dalla sabbia, i runners e gli amanti delle benefiche passeggiate silenziose sul bagnasciuga, gli ombrelloni che, poco alla volta, vengono chiusi, lasciando spazio a giochi di luci e ombre dove il protagonista è il sole con la sua ultima magia prima di cedere il passo alla notte con le sue stelle … È un momento per me di serenità rigenerante. Per me, mare significa vacanza, estate, star bene.

Così, quando ho scelto di leggere il libro-reportage di Nicolò Carnimeo “Come è profondo il mare. La plastica, il mercurio, il tritolo e il pesce che mangiamo (dal nostro inviato nella più grande discarica del pianeta)”, sapevo che mi sarei fatta in qualche modo del male, poiché l’immagine del “mio mare”, cosi poetica, sarebbe stata tristemente stravolta… ma sapevo anche che avrei imparato molto su un argomento che non avrei mai pensato di dimensioni così preoccupanti.

Spinta dall’amore per la natura e dalla mia curiosità per i temi, più che mai attuali, che riguardano l’uomo e l’ambiente, ho divorato il libro in poche ore. E l’immagine del “mio mare” è diventata più consapevole e matura.

Ho scoperto così che esistono intere isole di plastica galleggianti che occupano milioni di miglia quadrate dei mari del nostro pianeta: la Great Pacific Garbate Patch è un’isola di rifiuti di plastica nel Pacifico Settentrionale grande quanto l’Europa… E non è l’unica, in totale sono cinque immense isole: due nell’Atlantico, una nell’Oceano Indiano, due nel Pacifico … Gigantesche piattaforme di plastica e rifiuti vari che galleggiano da anni sui nostri mari, con conseguenze imprevedibili anche per la nostra salute: “I pezzetti di plastica funzionano come una spugna: si caricano di veleni e si infilano nella catena alimentare, giungendo fino all’uomo. L’isola non è lontana, scorre nei nostri vasi sanguigni; l’organismo si comporta come il mare, cerca di isolarla, la tiene a bada, ma sino a quando? Quale quantità possiamo tollerare?”.

E se volete farvi un’idea di “cosa galleggia”, basta leggere di quando Carnimeo incontra il capitano Moore (colui che per primo ha scoperto l’isola di plastica, per caso, durante una regata)  che gli mostra una lavagnetta particolare sulla quale ha incollato gli oggetti che ha estratto dallo stomaco di alcuni albatros: una penna verde e nera, uno spazzolino da denti ancora nel suo involucro, un maialino e una scimmietta giocattolo, due accendini di cui uno a forma di corpo femminile, un pettine nero, quattro tappi di colori diversi, un contenitore di smalto per unghie e uno per burro cacao o rossetto, due esche artificiali per la pesca e vari portachiavi con scritte orientali”.

Immagini decisamente poco suggestive e poetiche … Milioni di miglia quadrate di rifiuti. Nel mare. Nel “mio mare”.

Anche l’incontro di Carnimeo col biologo Boero, esperto di meduse, fa riflettere. Il biologo infatti non usa mezzi termini per parlare del problema ambientale: “L’uomo non è fuori dalla natura, l’uomo fa parte della natura. Deve imparare a conoscerla, a rispettarla e a scendere a compromessi con essa. Prima lo capiremo, prima cominceremo a cercare soluzioni ai problemi che abbiamo creato. Il riscaldamento globale non si affronta comprando i condizionatori. La salute umana non migliora solo con le medicine. Un corpo sano in un ambiente degradato si ammala comunque. La medicina cura i sintomi. Tutto, attorno a noi, ci sta lanciando messaggi in questo senso. Ascoltiamoli, o sarà peggio per noi”.

Il libro è da consigliare perché si impara qualcosa di importante sulla natura e sui suoi equilibri; ed è un bel libro da leggere, perché ne parla attraverso le storie di uomini che, nella loro vita, hanno scelto di battersi per l’ambiente, per il mare, e per il futuro del nostro pianeta.

Come riportato dall’autore: “Racconto del mare di plastica, del mare di mercurio e del mare di tritolo, ma non voglio parlare di plastica, mercurio e tritolo: li ho scelti perché rappresentano la metafora più straordinaria della nostra esistenza, o meglio, del modo in cui abbiamo scelto di vivere (…). Sono salpato due anni fa, volevo scrivere sul mare, ma alla fine questo libro non parla solo del mare. Racconta di chi non si è arreso, di chi ha donato la sua vita al mare rendendola straordinaria. Charles Moore, Curtis Ebbesmayer, Bruno Dumontet, il postino di Zarzis non sono eroi, ma gente comune con la forza di un’idea da difendere, caparbi, determinati, capaci di lasciare tutto, abbandonare false certezze, lanciandosi nell’ignoto del mare, tuffandosi da queste rocce nel vuoto che attrae e respinge”.

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 “Cosi stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare, 

così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare.

(Lucio Dalla, Come è profondo il mare)

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