Evoluzione del potere dei media e comunicazione digitale
Una tesi di Laurea sul potere dei media e la comunicazione digitale

da | 23 Nov 2006 | Comunicazione | 2 commenti

Comunicazione

Capitolo primo LA COMUNICAZIONE TRA INFORMAZIONE E PERSUASIONE

1 La comunicazione mediata

La comunicazione è definibile come un qualsiasi scambio di messaggi, dotati di significato, tra soggetti che condividono un codice per interpretarli. La forma più frequente di comunicazione è quella cosiddetta “faccia a faccia” o interpersonale, tra due o più persone, in cui ciascun individuo è sia emittente, sia ricevente dei messaggi scambiati. In questo tipo di comunicazione la fonte ha, generalmente, la possibilità di modificare il proprio discorso in base alla risposta del destinatario, non solo verbale, ma anche di diverso registro (Verrastro, 2004), come le reazioni derivanti dai canali cinesico (movimenti del corpo), vocale (intonazione), prossemico (distanza dei soggetti), aptico (contatto fisico) e cronemico (tempi del dialogo). Il processo comunicativo così caratterizzato è detto “interattivo” o anche “dialogico” e quello interpersonale generalmente lo è, perché appunto il flusso dei messaggi è bidirezionale e tale da consentire uno “scambio comunicativo”. In siffatta situazione vige un principio che ha assunto valore di postulato fondamentale: è impossibile non comunicare (Watzlawick, 1967). Infatti, nelle interazioni “faccia a faccia” ogni comportamento produce comunicazione e quindi provoca la reazione dell’altro interlocutore. Questa interattività della comunicazione generalmente si perde con la comunicazione “di massa” o “da uno a molti” ( one to many , l’opposto di one to one dell’interazione interpersonale), in cui ci sono un unico emittente e molti riceventi, perché in tale forma comunicativa il flusso dei messaggi tende a polarizzarsi, diventando unidirezionale. Non necessariamente la comunicazione di massa è diversa dalla comunicazione “faccia a faccia”, perché ad esempio un concerto rock è una forma di interattività che include entrambe le definizioni (Menduni, 2002) e che ha pure una certa “dialogicità” del flusso comunicativo, anche se i messaggi inviati dal pubblico (applaudendo o facendo luce con gli accendini) sono sicuramente di quantità e qualità nettamente inferiori a quelli inviati dal cantante che si esibisce sul palco. Le suddette tipologie di comunicazione si differenziano a loro volta dalla comunicazione mediata, che va oltre la compresenza fisica dei comunicanti, utilizzando la tecnologia. Si tratta di una comunicazione, evoluta in cui il messaggio da inviare è riprodotto e/o trasportato a distanza attraverso un medium , ovvero un apposito mezzo tecnico. Tuttavia è da rilevare come, nonostante l’importanza che questi mezzi (media) hanno assunto e che si approfondirà nel proseguo, essi non sono sufficienti alla realizzazione della comunicazione mediata, in quanto occorre anche una rete, che colleghi, in modo diretto o indiretto, i vari punti interessati all’interazione e permetta così il trasferimento a distanza del messaggio. Quest’ultimo può avvenire mediante il trasporto fisico (materiale) del messaggio stesso oppure attraverso una sua comunicazione immateriale. Nel primo caso il messaggio arriverà dopo qualche tempo dall’invio, mentre nel secondo, la comunicazione è detta “sincrona”, perché è possibile vedere o ascoltare il messaggio in tempo reale. La storia umana è attraversata da un alternarsi di comunicazione fisica ed immateriale. In principio è prevalsa la trasmissione immateriale, con i falò ed i tam-tam, poi, con la scoperta della scrittura ed in seguito con l’invenzione della stampa, c’è stato un lungo periodo caratterizzato dal trasporto fisico di messaggi scritti (lettere, libri e giornali). Nel XX secolo è ritornata a prevalere di gran lunga la comunicazione immateriale, in particolare dei suoni e delle immagini, attraverso i media della radio e della televisione. I media sono apparati di mediazione simbolica della realtà sociale (Capecchi, 2004), in quanto influenzano, nel lungo termine ed in maniera indiretta e subdola, la percezione della realtà degli individui e quindi il loro modo di rapportarsi ad essa, nonché i processi di costruzione dell’identità soggettiva, attraverso la rappresentazione e legittimazione di “frammenti di realtà”, credenze, valori e modelli comportamentali. In tale ottica i media studies evidenziano come, a causa delle esigenze commerciali e dei rapporti intrattenuti con il sistema politico, i media possono avere un utilizzo strumentale e persuasivo dei loro contenuti, il quale fa temere che la capacità delle audiences di costruire significati soggettivi, sia notevolmente limitata dalla visione del mondo che essi propongono.

 

1.1 Old e new media

Un’importante ed attuale distinzione è quella tra media tradizionali ( old media) e nuove tecnologie di comunicazione ( new media), le quali, negli ultimi anni, hanno notevolmente ampliato il ventaglio delle interazioni mediate, modificando profondamente le modalità di comunicazione degli individui. I media tradizionali includono sia quelli preposti alla comunicazione interpersonale, come la lettera postale ed il telefono, sia i mass media, come la stampa, il cinema ed i media elettronici (radio e TV). Questi ultimi sono caratterizzati da una sostanziale rigidità riguardo alla loro asimmetria direzionale, in quanto il loro flusso comunicativo one to many , da un’unica fonte verso un vasto pubblico, implica una scarsa possibilità di risposta da parte dell’ audience , che può interagire con il mittente solo inviando feedback indiretti o differiti (per esempio intervenendo con il telefono in una trasmissione radiofonica oppure inducendo cambiamenti nel palinsesto TV, mediante il dato di ritorno rappresentato dagli indici di ascolto televisivi). C’è da osservare comunque che, nonostante la mancanza di interattività, gli spettatori della radio e della TV instaurano spesso con il medium un patto comunicativo, per il quale il pubblico ha la sensazione di scambiare significati con i personaggi, veri o inventati, dei media, dando vita ad una particolare forma di interazione sociale definita quasi-interazione mediata (Thompson, 1995). Con il termine new media s’intendono tutte le forme di comunicazione nate dai processi di digitalizzazione e dalla convergenza tra le telecomunicazioni e l’informatica. Oggi è possibile utilizzare la posta elettronica ( e-mail ) per scrivere agli amici, dialogare in tempo reale con più persone tramite le chat , discutere dei temi più svariati aderendo ai forum di discussione ed alle mailing-list , mandare fax , inviare SMS o MMS tramite il telefono cellulare, richiedere la visione di un particolare programma TV mediante la televisione digitale pay per view (via cavo o satellitare) e molto altro ancora. Il cambiamento più evidente operato dai nuovi media è lo straordinario aumento della velocità con cui si superano lunghe distanze e la conseguente drastica riduzione del tempo (e dei costi) della comunicazione. Ma i mutamenti apportati alla vita sociale degli individui sono molto più vasti ed incisivi. I new media hanno infatti reso palesemente labili i confini tra mezzi di comunicazione interpersonali e mass media, tra spazio pubblico e spazio privato (v. paragrafo 1.3) e soprattutto tra media unidirezionali e dialogici. Queste nuove forme di comunicazione mediate dal computer ( Computer Mediated Communication ) sono generalmente interattive e per tale caratteristica si avvicinano maggiormente alla comunicazione “faccia a faccia”. Per esempio, nell’apprendimento a distanza ( e-learning ) vi possono essere sia comunicazioni in differita, sia in tempo reale, sfruttando le tecnologie di videocomunicazione e addirittura gli ambienti di simulazione virtuale docente-studente. Il telefono cellulare ha trasformato il tradizionale telefono in un personal mobile , con il totale sganciamento da un luogo fisso ed il conseguente grande vantaggio di poter comunicare e di essere reperibili in qualunque momento e luogo ci si trovi. Un vantaggio, pertanto, pienamente complementare alle esigenze di mobilità spaziale e geografica degli individui nella società moderna. L’ e-mail abbrevia notevolmente i tempi della tradizionale lettera cartacea, non solo per l’immediatezza dell’invio, ma anche perché i messaggi scritti sono nella maggior parte dei casi più sintetici. La “rivoluzione” prodotta dalla posta elettronica consiste nella possibilità d’inviare e ricevere una grande quantità di messaggi (ed allegati) verso e da persone che si trovano anche all’altra parte del mondo, con un flusso one to one oppure one to many, quando la mail è indirizzata contemporaneamente ad un intero gruppo di destinatari. Quindi, la comunicazione realizzata con i new media comprende modalità d’interazione sincrona, in tempo reale, come le chat , e modalità asincrone, con tempi differiti tra la produzione e la ricezione, come appunto l’ e-mail , ma anche le mailing list , i newsgroup ed i forum di discussione . I flussi di comunicazione possono pertanto oscillare da tipologie one to one a situazioni many to many , andando a costituire veri e propri reticoli di interazione. Più in generale l’uso della rete Internet ha introdotto la bidirezionalità del flusso anche laddove essa ha significato una maggiore partecipazione politica del cittadino. Egli ha adesso la possibilità di raggiungere un’elevata mole di informazioni di servizio e può finalmente colloquiare con le istituzioni pubbliche, fino a poco tempo fa completamente inaccessibili, contribuendo con ciò stesso alla distruzione di quell’immagine di chiusura, lontananza ed autoreferenzialità della pubblica amministrazione, che aveva pervaso totalmente l’immaginario collettivo e che è ancora oggi, per molti aspetti, difficile da sradicare. Riguardo al carattere mass mediatico delle nuove tecnologie, è appena il caso di ricordare come il web fornisca una vetrina mondiale a tutti coloro che sono potenzialmente in grado di accedervi attivamente, realizzando anche, con il fenomeno dei blog , un’informazione alternativa, di particolare interesse per il suo carattere di comunicazione libera e indipendente (Verrastro, 2004). In conclusione, è importante sottolineare che, nonostante i timori degli “apocalittici” che seguono ad ogni invenzione (Eco, 1964), gli old media non sono stati affatto sostituiti dai new media, con i quali si sono invece fortemente integrati, in una forma estesa di complementarietà. Ciò in quanto ognuno di essi è adatto ad un certo tipo di comunicazione, a seconda dell’uso personale e sociale che se ne fa. Malgrado la comparsa di diverse modalità di produzione, distribuzione e fruizione dei prodotti simbolici, nuovi e vecchi media sono profondamente interconnessi e coinvolti in processi di reciproca ibridazione (Pasquali, 2003).

1.2 I mass media

Con questo termine si intendono i mezzi di comunicazione di massa, ovvero i mezzi attraverso i quali è possibile diffondere informazione e conoscenza, generalmente da un’unica fonte verso un pubblico più o meno vasto. Nella comunicazione di massa ciascuno degli elementi tipici del processo comunicativo (fonte, messaggio o contenuto, mezzo e destinatario) possiede caratteristiche strutturali complesse e sovraindividuali. Fra i principali mass media ci sono:

  • Stampa
  • Cinema
  • Radio
  • Televisione
  • Internet

Al loro esordio sulla scena pubblica i media si limitarono a rappresentare la realtà, senza inciderla. La radio, per esempio, collocava i suoi microfoni negli auditori, per diffondere l’esecuzione della musica (guadagnando per tale caratteristico uso la definizione di “ancella degli avvenimenti”), mentre la televisione sperimentale esibiva le sue potenzialità mostrando al mondo le Olimpiadi di Berlino del 1936. Si parla in tal caso di media vuoti , che non contengono cioè un messaggio proprio, limitandosi a trasmettere quello dei comunicatori. Successivamente i mass media hanno cercato, con successo, di essere meno dipendenti da eventi esterni e di crearne di nuovi al loro interno, sviluppando pertanto un linguaggio proprio. Così facendo essi hanno acquisito la qualifica di media pieni , perché i comunicatori sono loro ( il medium è il messaggio , McLuhan, 1964), in quanto inventano e trasmettono un proprio contenuto. Questo passaggio da media vuoti a media pieni avviene spesso mediante la “cannibalizzazione”, da parte di un medium , delle forme espressive di un altro medium più anziano, vale a dire che il primo prende in prestito le idee e le tecniche già utilizzate dal secondo. Il cinema, per esempio, “cannibalizza”, grazie alla potente arma espressiva del montaggio, il teatro. La televisione fa lo stesso alla radio, con cui condivide pubblico e contenuti. Non è stata ancora “cannibalizzata” la TV , anche se molti ritengono che ciò avverrà ad opera di Internet. Molto probabilmente sarà una convergenza multimediale a spodestare la televisione, cioè una combinazione di Internet, TV digitale e reti di telecomunicazione. E’ importante notare che i media “cannibalizzati” non sono usciti di scena, ma si sono semplicemente ridefiniti, trovando ed assumendo, per necessità, altre funzioni sociali. In particolare, il teatro ha cessato di costituire uno spettacolo popolare, come lo era stato per tutto l’Ottocento quando rappresentava il medium mainstream (cioè quello più richiesto), perché la stampa, tanto decantata quale forma espressiva del XIX secolo, ha avuto in realtà scarsissima diffusione, a causa dell’alta percentuale di analfabetismo della popolazione mondiale. Il teatro con l’avvento del cinema si è dovuto trasformare, per non scomparire, in un prodotto culturale di “nicchia alta”, quindi non più in grado di raggiungere ascolti di massa, ma indirizzato verso un target di alta levatura sociale. La radio, a sua volta, è stata costretta a reinventarsi come personal medium , personale e mobile, legato ai giovani ed alla musica. I mass media hanno sopperito alla limitatezza dell’esperienza diretta, vissuta in prima persona, proponendo la conoscenza di un mondo mediato , in cui gran parte delle realtà geografiche e socioculturali esistenti entrano nel bagaglio conoscitivo degli individui appunto attraverso la fruizione dei media. In tale ottica essi possono considerarsi moltiplicatori di mobilità (Lerner, 1958), perché mettono a disposizione esperienze molteplici senza richiedere materiali spostamenti nello spazio. E’ chiaro che questa caratteristica dei media ha notevoli influenze sui processi di socializzazione e di costruzione dell’identità soggettiva, fornendo numerosi modelli di comportamento con cui confrontarsi. Gli individui esplorano continuamente, grazie ai mass media, forme di vita alternative, che inducono la riflessione su se stessi e sulla propria esistenza, contribuendo decisamente al processo di costruzione del sé. Il pericolo è che l’aumento della dipendenza dai media per conoscere la realtà, così come da essi stessi prodotta, porti ad un effetto di disorientamento e smarrimento, dovuto al “sovraccarico simbolico”, ed alla conseguente frammentazione del sé, ovvero alla perenne ricerca della propria identità. La socializzazione corrisponde all’apprendimento di valori, norme e modelli culturali da parte dei membri di una collettività. Un tempo i principali se non unici enti di socializzazione erano la famiglia, la scuola ed il gruppo dei pari (soprattutto in adolescenza), cioè un insieme di persone che interagiscono in modo ordinato, in virtù di comuni aspettative riguardanti il comportamento reciproco. Oggi la società deve tener conto dell’importanza, sempre maggiore, delle comunicazioni di massa nella socializzazione di tutte le generazioni. In particolare i mass media agiscono su due livelli strettamente interdipendenti:

  • sono un potente mezzo di socializzazione primaria , perché forniscono al bambino una serie di valori, ruoli e competenze, precedentemente fornite solo dalla famiglia, dalla comunità o dalla scuola, ponendosi quindi come agenti paralleli di socializzazione;
  • forniscono un’informazione ed un intrattenimento (spesso in una formula che li combina entrambi, detta infotainment ) che permettono agli individui di accrescere la propria consapevolezza sulla realtà sociale, di allargare la sfera di conoscenze da utilizzare negli scambi sociali e di ricevere delle strutture interpretative ( socializzazione secondaria ).

Altro importante settore di studi sui media e sulla comunicazione, che sarà approfondito nei successivi paragrafi di questo capitolo, è quello inerente il potere dei media. Si tratta di ricerche che mettono in luce diversi “usi” dei media nella vita quotidiana e che attestano come, nel processo di ricezione, i significati trasmessi vengano trasformati dai destinatari sulla base di criteri soggettivi. Tali conclusioni portano a considerare cruciali gli effetti esercitati dai media sulle opinioni e sui comportamenti dell’ audience . Da una visione pessimistica, in cui il potere persuasivo dei media sarebbe incontrollabile, si passa, attraversando vari gradi, a considerazioni più ottimistiche, in cui questo potere è bilanciato dal potere dei pubblici di rielaborare criticamente il contenuto dei messaggi percepiti. L’altalena di teorie, che vanno a costituire i media studies , mostra quindi un baricentro che si sposta continuamente all’interno di uno spazio delimitato da due estremi, rappresentati da un’audience passiva, succube dei media, e da un’audience attiva, dove i destinatari dei messaggi hanno una qualche capacità, più o meno accentuata, di selezione ed interpretazione soggettiva degli stessi. Rimane indiscussa la questione che i mass media modificano radicalmente il modo di vivere e soprattutto contribuiscono a trasformare le forme ed i contenuti del sistema simbolico culturale in cui tutti gli individui sono immersi (Castells, 1996), evidenziando così lo stretto rapporto esistente tra i media e la cultura.

1.3 Spazio pubblico e spazio privato

Nelle metropoli delle società moderne, vi è uno spazio pubblico , costituito dai ritrovi, dai teatri, dai grandi magazzini, dalle piazze ed in genere da tutti i locali ove gli individui esercitano l’opinione pubblica, che è ormai al riparo dall’arbitrio dei potenti e che dà vita a movimenti e forze sociali. Esso è un luogo sociale e fisico che racchiude al suo interno due concetti distinti (Menduni, 2002):

  • una sfera pubblica di libera comunicazione e discussione, da parte di cittadini singoli e di loro associazioni, riguardo nuove idee e progetti, trasmessi anche attraverso i media (riviste, libri e giornali), che si pone come intermediaria tra la società civile e l’apparato pubblico;
  • una scena pubblica , che permette la visibilità e notorietà a persone, istituzioni ed aziende, ma anche ad eventi e problemi, i quali diventano, così, palesi e rilevanti per tutti.

Per contrasto rispetto allo spazio pubblico esiste uno spazio privato , ovvero l’ambiente in cui si svolge la vita individuale e familiare. La casa moderna è infatti il luogo ideale per un uso domestico dei media, senza necessità di recarsi nello spazio pubblico, che ha avuto invece, per tutto l’Ottocento e gran parte del Novecento, il monopolio dell’intrattenimento e dello spettacolo. I media hanno abbattuto le barriere tra pubblico e privato, oppure tra “ribalta” e “retroscena” (Goffman, 1975). La dimensione pubblica entra in quella privata tramite diverse tecnologie, vecchie e nuove, presenti nelle case, mentre molti aspetti della vita privata degli individui sono resi pubblici dai media. Un esempio attuale, già accennato al par. 1.1, di come un contesto prettamente domestico possa interconnettersi con l’esterno, dando luogo ad esperienze e relazioni interpersonali “mediate”, nonché alla gratificante sensazione di partecipare alla vita sociale, è rappresentato dai blog . Il termine è la contrazione di weblog ed è stato coniato da Jorn Barger nel dicembre del 1997. Si tratta di un sito web su cui il proprietario ( blogger ) scrive una sorta di diario personale, pubblicandovi storie, informazioni ed opinioni in completa autonomia. Ogni articolo è generalmente legato ad un thread , sul quale i lettori possono scrivere i loro commenti e lasciare messaggi all’autore. In questo modo il carattere privato del diario assume necessariamente valenza pubblica ed il blog diventa un luogo virtuale dove si può stare insieme agli altri ed esprimere liberamente il proprio pensiero. Con esso si viene in contatto con persone fisicamente lontane, ma vicine alle proprie idee e punti di vista. Addirittura alcuni blog sono dei diari personali e/o collettivi, nel senso che sono aperti a tutti coloro che intendono mettere on-line le loro storie personali e quindi il privato va sempre più sconfinando verso un carattere collettivo e pubblico. Esistono blog strettamente personali, in cui gli autori scrivono racconti, desideri, disagi e proteste, blog monotematici, per es. sui viaggi o su altri hobby e blog di commento ai fatti d’attualità, tenuti anche da bravi opinionisti, come per es. quello di Beppe Severgnini (www.beppesevergnini.com). Da citare anche i blog tecnici, che mettono a disposizione di tutti gli interessati preziose risorse e materiali di carattere didattico, riguardanti i più vari argomenti, come per es. www.studiamo.it . Il fenomeno dei blog è divenuto in questi ultimi anni un fatto di costume, spesso utilizzato, per la sua potenza comunicativa, anche dai politici, allo scopo di instaurare con le persone un contatto più diretto.

1.4 Modelli comunicativi ed effetti dei media

Nello studio dei media sono stati elaborati diversi modelli comunicativi, ciascuno dei quali fornisce la base per una o più teorie della comunicazione. I modelli comunicativi sono pertanto la cornice teorica di riferimento per l’analisi delle molteplici teorie dei media, di cui si parlerà per esteso al par. successivo. In particolare, il paradigma delle “cinque w” di Harold Lasswell (1948) ha permesso, per la sua grande adattabilità a molti modelli di comunicazione, di esemplificare le fasi e individuare gli “attori sociali” che entrano in gioco, nel processo di comunicazione di massa (v. par. 2.2). Il primo modello che ha cercato di “spiegare” la comunicazione è quello informazionale , proposto nel 1949 da Shannon e Weaver, ingegneri americani dei Bell Laboratories. Esso ipotizza, molto semplicemente, una comunicazione lineare e diretta tra emittenti e destinatari e deriva dalla teoria matematica dell’informazione (cibernetica), in cui tutti i dati assumono due soli valori: impulso ed assenza d’impulso (1 e 0). Il modello descrive la trasmissione ottimale dei messaggi da una “fonte di informazione” ad un “destinatario”, mediante un canale di comunicazione. Lo scopo principale è quello di fare passare attraverso il canale il massimo d’informazione con il minimo di distorsione e con la massima economia di tempo e di energia (Wolf, 1985). In questo veloce passaggio di informazioni bisogna anche ridurre il più possibile il “rumore”, ovvero le possibili interferenze nel canale di trasmissione. Nonostante il successo riscosso dal modello informazionale, dovuto molto probabilmente alla sua vasta applicabilità, esso presenta evidenti punti critici, laddove postula una comunicazione massmediatica prettamente lineare, in cui vi è un passaggio unidirezionale e diretto di informazioni dalla fonte al destinatario, senza considerare la relazione intercorrente tra di essi. A causa di tali caratteristiche, il modello ha contribuito a rafforzare lo schema behaviorista di “stimolo-risposta” e la concezione di un’ audience completamente passiva ed omogenea al suo interno, in cui gli individui assorbono esattamente, senza opporre resistenza, gli stessi contenuti informativi inviati dalla fonte (v. par. 2.1). Per superare questi difetti sono stati proposti altri modelli, che, pur rimanendo sostanzialmente all’interno dello schema informazionale, frappongono tra lo stimolo e la risposta una qualche forma di resistenza del destinatario, rivalutando il suo ruolo e quello del contesto nel processo comunicativo. Tra di questi è importante citare quello di Schramm, il quale nel 1985 amplia il semplice modello lineare, trasformandolo in un nuovo modello, definito semi-circolare, attraverso la considerazione di altre variabili precedentemente trascurate. Infatti, oltre agli elementi della fonte, del destinatario, del canale, del messaggio e del rumore, Schramm introduce:

  • la codifica e decodifica del messaggio (emittente e ricevente devono avere lo stesso codice);
  • la risposta ed il feedback , che permettono la restituzione delle informazioni, mediante canali verbali e non verbali, in modo che la fonte possa modificare i messaggi successivi, in uno scambio reciproco di ruolo tra emittente e ricevente;
  • il campo d’esperienza virtuale, ovvero le conoscenze, le esperienze e gli elementi culturali dei soggetti, che incidono, anche implicitamente, sulla codifica e decodifica del messaggio, per cui i comunicatori attuano in ogni caso un’attività di interpretazione;
  • il campo d’esperienza reale, cioè l’ambiente fisico ove si svolge la comunicazione e che influenza inevitabilmente il processo.

Un altro interessante modello è quello sociologico di Goffman (1975), per il quale la comunicazione è paragonabile all’interazione posta in essere tra gli attori, all’interno di una rappresentazione teatrale. In questo originale contributo, l’accento è posto sugli aspetti organizzativi della conversazione e sul ruolo della sfera sociale nella trasmissione dei messaggi. In particolare, l’autore parla di un frame , il cui significato è peraltro in continua trasformazione soggettiva, che può essere definito come un contesto nel quale avviene l’interazione tra le persone, il quale stabilisce il senso compiuto delle azioni e dei comportamenti da tenere, al fine di creare aspettative comuni e condivise circa le forme ed i contenuti della comunicazione intrapresa. Anche il grado di coinvolgimento degli attori è essenziale dal punto di vista del modello sociologico, perché fornisce importanti informazioni riguardo alla relazione con gli altri interlocutori ed agli obiettivi comunicativi di chi parla. Ma l’aspetto più interessante è la considerazione dell’ambiente della comunicazione, che viene assimilato ad un palcoscenico in cui vige la distinzione tra ribalta (il palcoscenico vero e proprio) e retroscena (le quinte). Sulla ribalta il soggetto comunicatore assume la veste di personaggio, anzi di più personaggi, a seconda delle maschere che indossa per interagire con il suo particolare pubblico. Solo nel retroscena, quando si trova dietro le quinte, egli, assumendo la veste di attore, mostra il suo vero volto relazionale, perché non ha più l’esigenza di confrontarsi con l’ “effetto della ribalta”. Quindi, nel modello sociologico, la comunicazione è per l’individuo una continua ricerca di coerenza e di equilibrio all’interno dei molteplici personaggi rappresentati, a causa dell’estrema variabilità delle situazioni quotidiane in cui egli si viene a trovare. Con il modello semiotico si abbandona decisamente il paradigma informazionale, perché l’attenzione viene posta sul passaggio di significati, anziché d’informazioni, dall’emittente al destinatario. Il processo comunicativo è qui inteso non come semplice trasferimento, ma come trasformazione di significati da un sistema all’altro. La semiotica è una disciplina fondata all’inizio del Novecento dal linguista francese de Saussure e dal filosofo americano Peirce, che si è sviluppata soprattutto in Francia ed ha ricevuto diffusione in Italia grazie ad Umberto Eco, il quale è riuscito anche a ricomporre in un’unica materia l’iniziale semiologia dei segni, con la semiotic del testo di stampo americano. Il primo tentativo di modello comunicativo semiotico è quello detto semiotico- informazionale (Eco, Fabbri, 1965), in cui i significati trasmessi vengono “codificati” da un soggetto e “decodificati”, ovvero trasformati ed interpretati, da un altro, secondo criteri soggettivi. Quindi, indispensabile alla comunicazione diventa il codice , da intendersi come l’attribuzione di un sistema di significati (le conoscenze, le credenze ed i valori posseduti da ciascuno) ad un sistema di significanti (la forma o l’espressione dei significati). In questa concezione della comunicazione c’è un’evidente rivalutazione dell’ audience , che assume un ruolo decisamente attivo, nel senso che il destinatario elabora il messaggio ricevuto sulla base del proprio bagaglio conoscitivo, diventando un interprete che partecipa alla costruzione di significato della realtà. Il modello proposto concepisce il processo comunicativo come una relazione “negoziale” e “cooperativa” tra emittente e ricevente, che può comprendere anche il rifiuto volontario. Ciascuno possiede un proprio codice ed affinché la comunicazione vada a buon fine occorre che i codici utilizzati siano gli stessi, o almeno che gli interlocutori condividano i “codici di base” (competenze linguistiche, enciclopediche e comunicative). Se ciò non si verifica, allora il modello prevede la possibilità di non comprensione del messaggio, o di interpretazione difforme dalle intenzioni dell’emittente, e definisce tale situazione come un caso di “decodifica aberrante” (Eco, Fabbri, 1978). Un’evoluzione del modello precedente è quella semiotico-testuale , la quale parte dalla constatazione che i destinatari non ricevono singoli messaggi, bensì un “testo”, cioè un reticolo di diversi messaggi dipendenti da diversi codici e sottocodici (Eco, 1987). Il testo non veicola un solo messaggio con un solo significato, ma numerosi messaggi aventi numerosi significati. In questa prospettiva la comunicazione è resa molto più articolata, perché i destinatari fruiscono quindi di più testi e possono anche confrontarli con i precedenti, dando così luogo ad una “competenza intertestuale”. Di conseguenza, fra autore e lettore di un testo si pone in essere una particolare relazione del tipo “autore modello” e “lettore modello”. Il primo quando scrive pensa a come il lettore interpreterà il suo testo (cerca quindi di usare lo stesso codice del futuro lettore), mentre il secondo quando legge pensa a cosa l’autore abbia voluto dire (cerca quindi di interpretare il codice dell’autore). Tutto ciò tenendo presente che autore e lettore modello non sono da identificarsi come individui concreti, ma come “strategie testuali”. Un’altra variante, sempre all’interno del modello semiotico, strettamente connessa con la tesi dell’autore e lettore modello, è quella definita semiotico-enunciazionale (Manetti, 1980). Essa tiene conto del fatto che la comunicazione di massa è asimmetrica e indiretta per definizione, differenziandosi nettamente da quella “faccia a faccia”. La non visibilità reciproca dei comunicatori comporta che essi debbano farsi ciascuno un’idea dell’altro e l’interazione avviene principalmente attraverso il testo e nel testo. E’ in quest’ultimo, infatti, che devono essere introdotti i “simulacri”, ovvero le aspettative di entrambi i poli del processo comunicativo (enunciatore/emittente e enunciatario/destinatario), che simulano uno scambio dialogico. Per cui ciascuna parte tende verso l’altra, proiettando parti di sé nel testo: l’enunciatore si pone il problema di come saranno compresi gli enunciati e l’enunciatario si pone invece il problema di quali significati sono stati dati agli enunciati. In quest’ottica la comunicazione è pertanto un incontro-sconto di simulacri, fino ad arrivare ad una mediazione di significati e quindi ad una significazione effettiva. Per concludere questa panoramica sui modelli comunicativi è doveroso descrivere quello di encoding/decoding , del più noto esponente del Centre for Contemporary Cultural Studies di Birmingham, Stuart Hall, che, riprendendo nel 1980 le considerazioni semiotiche sulla disparità di codici tra emittente e destinatario, dà maggior rilievo alle condizioni del contesto all’interno del quale avviene la comunicazione. Gli elementi sociali, politici, economici e strutturali hanno un peso determinante nella codifica ( encoding ) e decodifica ( decoding ) di un testo. Per Hall il processo comunicativo è visto come una relazione tra due momenti fondamentali e diversi: quello di codifica del messaggio, da parte dell’emittente, che veicola determinati significati ed assume una particolare “forma” a seconda del medium utilizzato, e quello di decodifica, da parte del destinatario e sulla base dei propri codici, il quale cerca di comprendere le intenzioni ed i significati proposti dall’emittente. L’approccio encoding/decoding evidenzia, dal punto di vista delle audiences , l’esistenza di un “ordine culturale dominante” all’interno dei messaggi provenienti dai mass media, rappresentato da una lettura ideologica (preferita) degli stessi, che rispecchia le intenzioni dell’emittente e con la quale i produttori (dei messaggi) cercano d’imporre i propri significati ai vari pubblici. Secondo Hall i professionisti dei media producono messaggi utilizzando l’egemonia del codice dominante imposto dalle èlite politiche, economiche e militari. Tuttavia, è anche vero che, in virtù dell’autonomia dei due momenti di codifica e decodifica, i diversi codici con cui “leggere” i messaggi, nonché i diversi contesti in cui essi sono ricevuti, consentono ai destinatari di non allinearsi necessariamente alle letture ideologiche o preferite proposte dagli emittenti. In altre parole i testi veicolati presentano sempre dei margini di negoziazione dei significati, perché il modello di Hall non postula una necessaria corrispondenza tra codifica e decodifica, attribuendo pertanto alle audiences un ruolo sicuramente attivo nella costruzione di significato dei testi trasmessi. In particolare, il processo di decodifica può dar luogo a tre possibili letture:

  • lettura dominante/egemonica o anche “preferita”. I destinatari aderiscono al codice dominante del testo così come la fonte l’ha codificato;
  • lettura negoziata. I riceventi decodificano il testo accettandone il significato dominante, ma tenendo anche conto delle proprie esigenze interpretative e quindi prendendone contestualmente le distanze;
  • lettura d’opposizione. In questo caso i fruitori del messaggio lo decodificano esclusivamente in base alle proprie esigenze interpretative. Essi quindi rifiutano intenzionalmente la lettura egemonica del testo e mettono in discussione l’ordine culturale dominante, attuando quella che Eco chiama “guerriglia semiologica” (Eco, 1973).

Anche la psicologia si occupa ovviamente di comunicazione ed anzi per questa disciplina essa è diventata un ricco e vasto campo di studi, strettamente connesso alle stesse basi dell’analisi psicologica, che si è evoluta nel tempo da ricerca introspettiva, diretta ad indagare gli impulsi interni dell’individuo, tipica dell’impostazione psicoanalitica di Freud, a ricerca in cui anche l’inconscio più remoto del singolo è visto come un insieme di rappresentazioni risultanti dalla sua interazione con l’ambiente e quindi da atti comunicativi. Questi ultimi sono pertanto il cordone ombelicale tra mondo personale e sfera sociale e contribuiscono alla definizione della propria identità e dei legami con gli altri. La comunicazione è anche un valido strumento terapeutico, operante nell’ambito delle psicopatologie, che sono affrontate indagando le interazioni ed i comportamenti dell’individuo. Il meccanismo terapeutico parte dalla constatazione che esistono diverse realtà, che non sono il riflesso di verità oggettive, ma il risultato della comunicazione. In particolare, possono identificarsi due livelli di realtà: il primo, che costituisce la realtà così com’è percepita, ed il secondo, che configura il significato attribuito alla realtà di primo livello. La comunicazione agisce sempre sulle realtà di secondo livello e cerca di sostituire queste realtà, quando sono patologiche, con delle realtà sane o presumibilmente sane. Ciò è ben espresso dalla psicologia strategica, che afferma come il sintomo della patologia sia sempre un disturbo comunicativo, mentre per il costruzionismo sociale la mente umana è il risultato della continua negoziazione di significati, all’interno delle interazioni con gli altri individui. Si sono fin qui visti quali sono i modelli di comunicazione più importanti, quelli che permettono di descrivere con maggiore efficacia il processo comunicativo nella sua complessità. Adesso si vogliono esporre, sia pur sinteticamente, le principali conseguenze pratiche provocate dai mass media nella vita quotidiana, lasciando al paragrafo successivo l’analisi teorica degli effetti che i media sono potenzialmente in grado di suscitare nei diversi pubblici esposti al messaggio. Analisi che dà origine a numerose teorie sulla comunicazione, ciascuna delle quali ha il suo fondamento in uno o più dei modelli comunicativi sopra esposti. Il processo di comunicazione di massa ha comportato nel tempo un cambiamento sostanziale del modo di vita delle persone destinatarie dei messaggi veicolati dai media. Gli esiti di questo cambiamento, in parte già accennati in precedenza, sono numerosi e spesso estremamente complessi. In particolare, i media :

  • permettono la conoscenza di un mondo mediato (Thompson, 1995), perché gran parte delle realtà geografiche e socio-culturali esistenti entrano nel bagaglio conoscitivo degli individui solo attraverso la fruizione dei media, non essendo vivibili facilmente con l’esperienza diretta;
  • instaurano nuovi processi di socializzazione, in quanto è alterato il “senso di luogo”;
  • modificano la costruzione dell’identità soggettiva, attraverso nuovi modelli (personaggi) con cui confrontarsi e identificarsi, anche se il “sovraccarico simbolico” può provocare disorientamento ed una “frammentazione del sé”, ovvero un ripiegamento su se stessi;
  • costituiscono una forma di rassicurazione di fronte ai pericoli, con la ripetizione e continuità dei contenuti trasmessi dai media, in una sorta di “sicurezza ontologica” (Giddens, 1990);
  • comportano l’abbattimento delle barriere tra pubblico e privato, perché il pubblico invade il privato ed il privato diventa argomento pubblico (per es. con i blog , v. par. 1.3);
  • rendono accessibili ai bambini informazioni “intime” (per es. sull’amore, la violenza ed il sesso), con la conseguenza che essi ottengono molte notizie sul mondo degli adulti, che risvegliano precocemente in loro interrogativi e curiosità, dando luogo a bambini più adulti e meno infantili (Meyrowitz, 1985);
  • provocano una confusione tra “maschile” e “femminile”, con una forte attenuazione dell’identità di genere;
  • sono nuovi agenti di socializzazione (Besozzi, 1998), che si affiancano a quelli tradizionali (famiglia, scuola e gruppo dei pari);
  • creano materia nuova per le comunicazioni “faccia a faccia”, perché per es. i contenuti dei programmi TV sono oggetto di discussione in famiglia, con i colleghi e con gli amici.

Nello specifico, i new media come Internet:

  • permettono un facile accesso all’informazione;
  • consentono nuove forme di relazione nelle “comunità virtuali”, dove lasciare fuori il corpo (Rheingold, 1993) può avere diversi vantaggi;
  • creano nuove possibilità di produzione dell’opinione pubblica, fino ad arrivare ad una vera e propria “democrazia elettronica”;
  • instaurano uno stretto rapporto, molto intrecciato, con la cultura (Castells, 1996);
  • fondano un nuovo villaggio globale (McLuhan, 1964), in cui si produce una sorta di intelligenza collettiva, costituita dalle competenze intellettuali di coloro che concorrono alle relazioni, attraverso la discussione e lo scambio dei punti di vista;
  • danno luogo a mutamenti nel sistema sociale, culturale, politico ed economico, con fenomeni come la new economy , la politica on-line ed il telelavoro.

2 Commenti

  1. Telkom University

    How do television emitters understand and measure audience satisfaction?

    Regard Telkom University

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    • Steve Round

      Through the meter, an electronic device installed in televisions that automatically detects the channel they are tuned to and transmits the information to Auditel, the company that measures the television audience.

      Rispondi

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