Le caratteristiche ed i principi dell’azienda pubblica
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Le caratteristiche ed i principi dell’azienda pubblica
Tirando le somme di quanto appreso dal capitolo precedente, le aziende pubbliche sono caratterizzate:
- dal soggetto economico sempre pubblico (il soggetto giuridico invece può essere pubblico o privato, in quest’ultimo caso l’ente pubblico si serve di un’azienda organizzata secondo il diritto privato, ad es. una Srl o una SpA).
Gli organi decisionali dell’azienda pubblica possono essere:-
- eletti democraticamente dalla collettività dell’azienda pubblica (è il caso ad esempio di Stato, Regioni e Comuni);
- nominati dall’ente che funge da soggetto economico, dando luogo ad aziende strumentali (è il caso ad esempio di tutte le aziende che sono poste in essere per facilitare una certa attività: le aziende del servizio sanitario, quelle del trasporto pubblico, ecc.).
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- dall’attività principalmente di erogazione, in quanto i prodotti o servizi non sono, generalmente, collocati sul mercato per fini di luco, ma sono destinati a soddisfare i bisogni (pubblici) della collettività che rappresenta la (o è di competenza della) azienda pubblica.
Anche nel caso di aziende giuridicamente private ma economicamente pubbliche, come ad es. le Srl municipalizzate, l’attività formalmente di produzione, che apparentemente è costituita da beni o servizi collocati sul mercato in concorrenza con altre aziende private e per fini di lucro, può considerarsi di erogazione perché i criteri di distribuzione dei prodotti non sono, o non dovrebbero essere, improntati a requisiti di sola economicità (la realizzazione di un profitto), bensì comunque al conseguimento di fini pubblici, come ad es. quando si vogliano raggiungere tutti gli utenti, anche quelli per i quali non c’è convenienza economica (tant’è che i bisogni di questi utenti non verrebbero considerati da un’azienda privata: si pensi ad una linea di bus che raggiunge quartieri periferici con pochi residenti, per cui dal punto di vista esclusivamente economico si subisce una perdita per soddisfare il bisogno di mobilità di tali soggetti).
- dal reperimento delle risorse necessarie all’attività svolta mediante l’imposizione di tributi obbligatori per la collettività (se l’azienda pubblica ha potere d’imposizione, come ad es. la Regione o il Comune), oppure da trasferimenti di fondi da parte di enti pubblici sovraordinati (ad es. i trasferimenti erariali alle Regioni).
Se prevale come finanziamento la riscossione di tributi, avremo un modello di finanza decentrata (o locale), cioè a favore dell’ente pubblico locale (adesso si dice di “federalismo fiscale”). Altrimenti, se prevale il finanziamento mediante trasferimento di fondi da enti sovraordinati, avremo il modello di finanza accentrata.
Queste forme di finanziamento (tributi e trasferimento di fondi) sono sempre prevalenti anche quando l’azienda pubblica può contare su ricavi propri, come ad es. il prezzo dei biglietti di un’azienda di trasporti pubblica, perché il prezzo dei biglietti è – o dovrebbe essere – un prezzo politico, locuzione con cui si intente il fatto che il prezzo in questione non dovrebbe essere calcolato per coprire i costi e realizzare un profitto (come in un’azienda privata), ma sempre con il fine del soddisfacimento dei bisogni pubblici, nel caso in parola del bisogno di mobilità.
Una volta (si parla degli anni ’70, ma anche ’80) le aziende pubbliche avevano solo il compito di soddisfare i bisogni pubblici, senza guardare alle tecniche aziendalistiche rivenienti dall’economia aziendale “privata”, che impongono l’equilibrio economico della gestione dell’impresa.
Poi si è capito che anche nel “pubblico” bisogna avere riguardo ai criteri economici della gestione, cioè alla necessità di assicurare la copertura dei costi e di realizzare, tendenzialmente, un “avanzo” economico, sempre però nel rispetto, ovviamente, della finalità pubblica dell’azienda.
Questo perché si è capito (meglio tardi che mai) che una gestione dell’azienda pubblica completamente avulsa da criteri economico/imprenditoriali porta a perdite sempre maggiori, da coprire con sempre più consistenti tributi a carico della collettività, oppure (ma di fatto è la stessa cosa) con trasferimenti di fondi pubblici sempre più ingenti.
Qui entriamo quindi nel campo dell’economia aziendale, quella che si occupa della gestione delle aziende “private”. Ciò perché questi principi sono ormai divenuti importantissimi anche per le aziende pubbliche, proprio per non disperdere le limitate risorse pubbliche.
Vediamo pertanto quali sono i principi, derivati dalle tecniche aziendali delle imprese, cui devono ispirarsi le aziende pubbliche. In estrema sintesi questi principi sono:
- efficienza
- efficacia
- economicità
Efficienza dell’azienda pubblica
L’efficienza di un sistema produttivo è rappresentata dalla quantità di beni prodotti a parità di fattori produttivi utilizzati. Maggiore è la quantità di beni prodotti, data una certa quantità di fattori produttivi utilizzati, e maggiore è l’efficienza. L’obiettivo è quindi il raggiungimento della quantità massima ottenibile dal processo, in costanza della stessa quantità di fattori produttivi (costi delle materie o del lavoro o di entrambi).
Oppure, il che è lo stesso ma in modo inverso, l’efficienza è rappresentata dalla minor quantità di fattori produttivi utilizzati a parità di produzione ottenuta. Qui l’obiettivo è il raggiungimento della minore quantità di fattori impiegati, a parità di quantità prodotta.
In altre parole, l’efficienza si misura con un rapporto numerico in cui al numeratore c’è la quantità di prodotto ottenuta e al denominatore c’è la quantità di fattori impiegati. Maggiore è questo rapporto e maggiore è l’efficienza produttiva.
Quella descritta è in particolare la cosiddetta efficienza tecnica ed essa va applicata, per misurare il loro rendimento, anche alle aziende pubbliche.
Si parla invece di efficienza distributiva (o allocativa) se, anziché misurare l’efficienza tecnica del processo, si considera la soddisfazione degli utenti in rapporto alla produzione pubblica.
Esempi di applicazione dell’efficienza alle aziende pubbliche sono tutte quelle attività che cercano di misurare ad esempio:
- l’adeguatezza delle risorse (tecniche e umane) rispetto alla domanda del servizio pubblico;
- l’adeguatezza delle motivazioni del personale;
- la capacità della struttura di soddisfare le esigenze dei consumatori/utenti.
Efficacia dell’azienda pubblica
L’efficacia di un sistema d’offerta di servizi è la percentuale di risultati effettivamente raggiunti rispetto ai risultati programmati o richiesti complessivamente dall’utenza.
Un esempio di efficacia è la percentuale di bambini ammessi all’asilo nido pubblico rispetto alle richieste pervenute. Maggiore è il numero di bambini ammessi rispetto ad una certa domanda e maggiore è l’efficacia dell’asilo nido.
Nel calcolare l’efficacia dell’azienda pubblica si deve tenere conto di una pluralità di elementi:
- la misura in cui gli obiettivi previsti sono stati raggiunti;
- l’eventuale interferenza di fenomeni non considerati;
- le competenze del personale, soprattutto dei dirigenti, nell’organizzarsi per rispondere alle richieste dell’utenza;
- la produttività dei mezzi tecnici impiegati nell’attività;
- l’opinione dei cittadini sull’adeguatezza dei servizi (raccolta spesso con questionari di gradimento).
Efficienza ed efficacia permettono insieme di misurare il rendimento di un’azienda pubblica, ovvero il grado di efficienza (in termini di costi sostenuti) e di efficacia (in termini di risultati raggiunti) dalle prestazioni offerte (in termini di performance).
Economicità (anche) delle aziende pubbliche
Ricordando che il reddito di una qualsiasi azienda è la differenza positiva fra ricavi e costi, in generale l’economicità è la capacità di produrre ricavi a parità di costi, oppure (il che è lo stesso) la capacità di ridurre i costi a parità di ricavi.
In altre parole, l’economicità è la capacità di coprire i costi con i ricavi e produrre reddito (ovvero il raggiungimento dell’equilibrio economico). Si tratta quindi di una forma di efficienza applicata però ai costi e ricavi dell’azienda (pubblica o privata che sia).
Il problema dell’economicità è che essa è facile da calcolare nelle aziende private, mentre incontra grandi difficoltà di misurazione nelle aziende pubbliche, a causa del fatto che in queste realtà spesso non si hanno a disposizione informazioni sui ricavi, perché la finalità del perseguimento di fini pubblici comporta l’offerta dei servizi in forma gratuita o comunque a prezzo “politico”.
Anche sui costi mancano spesso informazioni, perché essi sono perlopiù finanziati con tributi o trasferimenti pubblici.
Insomma, per le aziende pubbliche l’applicazione dell’economicità è più difficile perché esse perseguono un fine pubblico e conseguentemente la valutazione dell’economicità deve necessariamente estendersi alla considerazione della soddisfazione di interessi collettivi.
Come misurare allora l’economicità delle aziende pubbliche?
Innanzitutto, nelle aziende pubbliche il principio di economicità comporta l’esigenza di ridurre al minimo gli sprechi ed è questo il motivo più importante per il quale si è deciso di introdurre una gestione improntata al rispetto dell’economicità anche nelle aziende pubbliche, dopo anni di sprechi a carico dell’intera collettività.
Molti passi in avanti sono stati fatti nel settore pubblico, affinché tutte le amministrazioni attuino una gestione aziendale rispettosa dell’economicità (tant’è che ormai è opinione comune che le aziende pubbliche debbano in ogni caso massimizzare i risultati, data la quantità limitata di risorse a disposizione), ma sicuramente ci sono ancora grandi margini di miglioramento sotto tale profilo per molte aziende pubbliche.
Nel corso degli anni si è data molta enfasi ai seguenti criteri per valutare l’economicità nelle amministrazioni pubbliche (con una maggiore o minore considerazione, periodicamente ciclica, di alcuni di essi):
- indicazione puntuale degli organi che possono, mediante autorizzazione, disporre delle risorse;
- fissazione rigida di modalità, vincoli e tempi di utilizzo delle risorse a disposizione;
- dettagliata descrizione delle procedure necessarie per l’utilizzazione delle risorse;
- sistema decisionale fondato su pianificazione e controllo a posteriori;
- rigorosa previsione degli iter burocratici per l’attività amministrativa;
- formalizzazione di tutti i processi amministrativi.
Se l’adozione di questi criteri, caratterizzati come detto da maggiore o minore successo nel corso degli anni, ha sicuramente aiutato ad introdurre nella pubblica amministrazione l’importante principio dell’economicità, è anche vero che gli stessi criteri hanno portato all’estremo l’odiosa caratteristica di burocratizzazione ormai irrimediabilmente associata all’attività delle amministrazioni pubbliche italiane, allungando spesso in modo smisurato i tempi dell’azione pubblica.
Questo perché anziché concentrarsi sull’attività dell’azienda pubblica o sulla più o meno efficace ed efficiente azione amministrativa, la valutazione dei processi è fondata sulla correttezza formale degli atti pubblici che danno origine alle diverse attività dell’ente, con tutta la burocrazia che ne consegue.
Un metro di misura dell’economicità delle aziende pubbliche può essere rappresentato dal risultato economico (il profitto), cui oggi, secondo una valutazione unanime in letteratura, devono tendere tutti gli enti pubblici.
Considerando però non solo l’entità del risultato economico, così come i dati delle scritture contabili lo quantificano a fine anno, ma soprattutto il valore delle singole grandezze che lo determinano, maggiormente espressivo del grado di soddisfazione degli interessi pubblici che l’attività dell’ente deve, in ultima analisi, realizzare.
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