Corso di Ragioneria pubblica
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da | 28 Dic 2024 | Diritto pubblico privato ed internazionale | 0 commenti

Le rilevazioni contabili

Le rilevazioni contabili

La gestione dell’azienda pubblica, così come di quella privata, ha bisogno di un efficace sistema informativo.

Il sistema informativo aziendale è il programma che permette la raccolta, la gestione e l’ordinata archiviazione delle informazioni necessarie all’azienda per la propria attività e per prendere decisioni, sia nella fase di programmazione che in quella di controllo.

Un buon sistema informativo, oltre alle funzioni appena indicate, elabora anche un insieme di indicatori utili alla gestione dell’azienda, cioè in genere ratios (rapporti fra 2 grandezze) che misurano i risultati dell’impresa nel tentativo di quantificare l’efficienza e l’efficacia della stessa.

Nelle aziende pubbliche questi indicatori sono ancora più utili, perché spesso suppliscono alla mancanza dei dati del mercato.

Il sistema informativo è pure di supporto alle rilevazioni contabili.

La contabilità aziendale può essere di 2 tipi:

  • contabilità generale (o sistematica)
  • contabilità analitica (o industriale)

La contabilità generale

La contabilità generale è l’insieme ordinato delle registrazioni dei fatti di gestione fra l’azienda e soggetti terzi: clienti, fornitori, finanziatori, dipendenti, soci, ecc.

I fatti di gestione sono le operazioni compiute con i terzi, viste sotto l’aspetto finanziario/patrimoniale ed economico.

Il fine della contabilità generale, cioè della registrazione dei fatti di gestione, è la determinazione del risultato economico, nonché l’evidenza del patrimonio e della situazione finanziaria dell’azienda.

Il metodo più usato per tenere la contabilità generale è quello della partita doppia.

In questa sede accenneremo solo alle principali regole del metodo della partita doppia applicato alla contabilità generale, rinviando al nostro Corso di Economia aziendale (almeno alle prime lezioni) chi fosse interessato ad avere maggiori informazioni.

La contabilità generale con il metodo della partita doppia si basa su:

  • la tenuta di appositi registri, per la precisione almeno libro giornale e libro dei mastri;
  • il conto come oggetto di riepilogo di movimenti contabili e quindi come unità elementare di registrazione;
  • regole formali di registrazione delle operazioni contabili.

Nel libro giornale vengono ordinatamente registrate, con determinate regole, i fatti di gestione, utilizzando allo scopo i conti indicati in uno specifico elenco che prende il nome di “Piano dei conti”.

Una volta registrate le operazioni di gestione nel libro giornale, gli importi dei movimenti contabili sono riportati nei relativi conti, che sono classificati ed organizzati nel libro mastro.

Sia nel libro giornale che nel libro mastro gli importi delle operazioni sono registrati in Dare (sinistra) o in Avere (destra), secondo precise regole dettate dalla partita doppia.

Circa le regole di registrazione (in Dare o in Avere), è sufficiente dire in questo contesto che tutte le operazioni sono viste sotto 2 aspetti antitetici:

  • quello finanziario/patrimoniale, relativo al movimento finanziario (ad es. entrata di cassa) o patrimoniale (variazione dei crediti verso clienti);
  • quello economico, relativo al flusso di ricavi o costi che l’operazione genera.

In virtù di questa duplice vista della registrazione contabile e del fatto che ciò avviene in modo antitetico, la contabilità permette in ogni momento di controllare la “quadratura” dei conti, ovvero la corretta registrazione delle operazioni, perché la somma degli importi in Dare deve sempre corrispondere alla somma degli importi in Avere.

L’elemento antitetico infatti agiste da “specchio” nelle registrazioni contabili, nel senso ad esempio che una “variazione economica negativa”, cioè un costo è registrato in Dare, mentre la corrispondente uscita di cassa o di conto corrente bancario (che è una “variazione finanziaria passiva) è registrata in Avere, assicurando così la quadratura fra Dare e Avere.

Quindi con il metodo della partita doppia c’è sempre una contrapposizione di sezione (Dare e Avere) tra le variazioni economiche e quelle finanziarie, ma anche tra le variazioni finanziarie attive e quelle passive (ad es. l’incasso di un credito).

Dopo la registrazione delle operazioni di gestione durante l’anno, la contabilità generale permette di redigere, a fine anno, il Bilancio d’esercizio, non prima però di aver “corretto” gli importi di qualche conto per considerare la competenza economica di costi e ricavi (i ricavi ed i costi che vanno in bilancio devono essere tutti di competenza dell’anno cui il Bilancio si riferisce, altrimenti questi vanno “rinviati al futuro” se non di competenza).

Il Bilancio d’esercizio è un documento contabile che evidenzia il risultato d’esercizio (utile o perdita) ed il patrimonio dell’azienda, nonché la sua situazione finanziaria.

Il Bilancio d’esercizio costituisce un fondamentale strumento d’informazione per tutti gli interessati (soci, investitori, finanziatori, ecc.).

La contabilità analitica

Anche per la contabilità analitica ci limiteremo a pochi cenni ed ai concetti principali, rinviando al nostro Corso di Contabilità analitica chi fosse interessato ad avere maggiori informazioni.

La contabilità analitica è un sistema di rilevazione dei fatti interni di gestione, che mira soprattutto all’analisi dei costi e ricavi di tutta l’azienda, ma anche di singoli processi o prodotti, in modo da supportare l’attività decisionale del management.

Per quanto sopra, possiamo dire che le finalità della contabilità analitica sono molteplici. In particolare la contabilità analitica permette di:

  • fornire informazioni ai decisori per l’analisi di convenienza, ad es. per il lancio di determinati prodotti o per la scelta fra diverse modalità di produzione;
  • controllare in modo dettagliato i costi in modo da individuare gli sprechi e migliorare l’efficienza di singoli reparti, processi o prodotti;
  • esplodere i diversi costi nelle singole configurazioni che li compongono, sempre per migliorare l’efficienza in esame;
  • determinare i prezzi ottimali dei singoli beni o servizi venduti;
  • ottenere indicatori preziosi sul rendimento della complessiva attività o di singole linee produttive;
  • redigere i diversi budget (di approvvigionamento, di produzione e di vendita) e di pianificare l’intera attività dell’azienda.

La contabilità analitica può essere, in linea generale, tenuta con 2 modalità distinte:

  • senza formalità, quindi utilizzando la raccolta dei documenti elementari ed elaborazioni semplici e non formalizzate in un sistema contabile;
  • con il metodo della partita doppia, senza però l’applicazione delle regole contabili viste in precedenza per la contabilità generale; in altre parole il Dare e l’Avere hanno qui significati diversi ed in particolare servono semplicemente ad indicare il carico (Dare) e lo scarico (Avere) dei valori.

La contabilità analitica può essere tenuta diversamente a seconda dei collegamenti dei suoi conti con quelli della contabilità generale. In particolare, è possibile:

  • un sistema contabile unico, in cui il sistema contabile è unico tra contabilità generale ed analitica, perché esistono dei conti, detti di collegamento, che appunto uniscono i conti della prima contabilità con la seconda (in altre parole questi conti di collegamento riprendono ad es. il conto di contabilità generale delle “materie prime acquistate”, per evidenziare le lavorazioni subite da queste materie prime e le loro successive e stratificate configurazioni di costo, fino ad arrivare ad un altro conto di collegamento che fa da ponte tra la contabilità analitica ed il conto di contabilità generale “vendite dei prodotti finiti” ottenuti da quelle materie prime);
  • un sistema contabile duplice, in cui i sistemi contabili di contabilità generale ed analitici sono nettamente distinti, ciascuno con i propri registri contabili e piani dei conti;
  • un sistema contabile misto, in cui la contabilità generale è tenuta con il metodo della partita doppia, mentre la contabilità analitica è tenuta con evidenza dei documenti elementari e con elaborazioni extracontabili.

La contabilità analitica si distingue per il tipo di dati utilizzati in:

  • contabilità analitica a costi consuntivi, in cui la contabilità non fa altro che registrare i costi effettivi dell’azienda dopo che questi sono stati sostenuti; se si prende il costo consuntivo totale, si arriva a determinare il risultato netto (di prodotto o di processo), se invece si prende il solo costo consuntivo variabile, si arriva a determinare un risultato che prende il nome di “margine lordo di contribuzione” (di prodotto o di processo);
  • contabilità analitica a costi standard, in cui la contabilità, in iva preventiva, prende in considerazione dei costi ottimali (cioè, stimati ipotizzando una gestione efficiente), prima che i processi abbiano inizio; la contabilità analitica a costi standard ha il grande vantaggio di permettere la costruzione di budget ed altre pianificazioni dei processi, nonché di consentire di stimare meglio l’efficienza dell’azienda nel suo complesso e delle sue singole componenti.

Uno degli obiettivi della contabilità analitica è l’analisi dei costi e la loro esplosione nelle varie configurazioni di cui sono composti, sempre ai fini della ricerca di una migliore efficienza aziendale.

A questo proposito, un’importante distinzione dei costi è quella fra (ricordando che i costi totali sono composti da costi fissi + variabili e che i costi fissi non variano al variare della quantità di produzione – ad es. canone di locazione del capannone ove si svolge la produzione –, mentre quelli variabili crescono man mano che la produzione aumenta – ad es. costo d’acquisto delle materie prime –):

  • full costing, in cui i costi sono considerati per intero, ovvero sono considerati i costi totali; quindi, si attribuiscono ai prodotti i costi diretti dei fattori produttivi utilizzati per la loro fabbricazione, mentre, con più difficolta, si attribuiscono agli stessi prodotti anche i costi indiretti; qui il problema è trovare un metodo matematico che riesca a proporzionare a ciascun prodotto i suoi costi indiretti, quelli cioè non direttamente imputabili (ad es. il problema è imputare ad un certo prodotto le spese telefoniche che riguardando tutta l’azienda e non solo quel prodotto e sono pertanto costi indiretti); generalmente viene usato per la ripartizione dei costi indiretti una variabile (ad es. le ore di lavoro del prodotto) e tale criterio si chiama full costing a base unica, oppure, in modo più evoluto, più variabili (ad es. le ore di lavoro ed il costo degli ammortamenti della linea produttiva che produce il prodotto i cui costi indiretti si devono imputare) e tale criterio si chiama full costing a base multipla; in ogni caso, il vantaggio del calcolo a full costing è che otteniamo il rendimento netto di un prodotto, secondo la formula:
    Rendimento netto prodotto(i) = Prezzo(i) – Costo Totale(i)
    Per avere il Reddito complessivo aziendale è sufficiente sommare i rendimenti netti di tutti i prodotti, secondo la formula:
    Reddito complessivo = Rn prod(1) + Rn prod(2) + … + Rn prod(n)
  • direct costing, in cui sono considerati solo i costi variabili; qui spesso non c’è più il problema (spesso risolto arbitrariamente) dell’imputazione dei costi indiretti, ma c’è, comunque, il problema di distinguere la parte variabile da quella fissa dei costi, che non è sempre di facile soluzione; in ogni caso, il vantaggio del calcolo a direct costing è che otteniamo il margine lordo di contribuzione di un prodotto, secondo la formula
    Margine lordo di contribuzione prodotto(i) = Prezzo(i) – Costo Variabile(i)
    Per avere il Reddito complessivo aziendale bisogna sommare i margini lordi di contribuzione di tutti i prodotti e poi togliere i costi fissi complessivi dell’impresa, secondo la formula:
    Reddito complessivo = Mlc prod(1) + Mlc prod(2) + … + Mlc prod(n) – Costi fissi totali

Ora, dopo aver visto i principali aspetti della contabilità generale, comuni anche con le aziende private, vediamo in particolare la contabilità applicata alle aziende pubbliche.

Per capire come gli enti pubblici si differenziano dalle imprese private per quanto riguarda le rilevazioni contabili, conviene vedere come queste si sono storicamente evolute nella pubblica amministrazione, ponendo l’accento sul loro sviluppo normativo e funzionale.

La contabilità finanziaria

La contabilità finanziaria è stata per molto tempo l’unico sistema impiegato nelle aziende pubbliche per gestire e monitorare i flussi finanziari di entrate e spese. Questo metodo, basato sul principio della partita semplice (senza pertanto far uso di conti), è stato concepito principalmente per rispondere a esigenze di controllo e rendicontazione. Esso si limita alla rilevazione dei flussi finanziari, cioè registra semplicemente le fasi di accertamento delle entrate e quelle di assunzione degli impegni di spesa, fornendo informazioni sui movimenti monetari legati alla gestione pubblica. Quindi, non considera affatto gli effetti economici della gestione. In altre parole, la contabilità finanziaria nella pubblica amministrazione è stata sempre considerata strumentale alla sola allocazione delle risorse tra i vari uffici/enti (stanziamenti) ed al mero controllo che questi fondi non venissero utilizzati in misura maggiore dell’importo fissato nel bilancio di previsione.

Il sistema si articola in tre fasi principali:

  1. programmazione finanziaria, che avviene tramite il bilancio di previsione, strumento essenziale per pianificare risorse e obiettivi.
  2. gestione del bilancio, che si occupa di rilevare entrate e spese, garantendo che gli obiettivi previsti siano rispettati.
  3. chiusura dell’esercizio, momento in cui si confrontano le previsioni con i risultati effettivi attraverso il conto consuntivo.

Nonostante l’utilità nella gestione operativa, la contabilità finanziaria presenta limiti significativi, di cui il legislatore si è accorto (sia pur molto lentamente). Essa infatti non tiene conto delle variazioni economiche (ad esempio di ammortamenti, svalutazioni, o incrementi patrimoniali) e di conseguenza non fornisce una visione completa dell’effettiva situazione economica, perpetuando in questo modo lo spreco di risorse nella pubblica amministrazione.

La contabilità economico-patrimoniale

La contabilità economico-patrimoniale è stata introdotta per superare le carenze del sistema finanziario. Essa si basa sul principio della competenza economica, considerando non solo i flussi finanziari, ma anche le variazioni del patrimonio e i risultati economici. Questo approccio consente di rappresentare in modo più accurato le operazioni gestionali e il loro impatto sul patrimonio dell’ente, mediante la rilevazione anche dei costi e ricavi.

Il principale obiettivo della contabilità economico-patrimoniale è determinare l’effettivo risultato economico di gestione. Tale sistema è fondamentale per valutare la redditività e l’efficienza della gestione pubblica, oltre a fornire dati utili per il controllo gestionale e la pianificazione strategica.

Vediamo dunque come si è evoluta l’integrazione tra i due sistemi, finanziario ed economico-patrimoniale, nelle amministrazioni pubbliche.

La prima normativa che timidamente ha cercato di introdurre la contabilità economica-patrimoniale è sta la riforma attuata con la l. 94/1997.

Con questa legge (e con i provvedimenti legislativi conseguenti) si è introdotta nelle contabilità pubblica la competenza economica (tipica delle aziende private), attraverso il Sistema unico di contabilità economica analitica per centri di costo, con il quale si misura l’entità delle risorse impiegate dalle aziende pubbliche per raggiungere gli obiettivi, ma anche i costi, i rendimenti ed i risultati conseguenti alle modalità di impiego di tali risorse.

Il sistema unico permette quindi di quantificare non solo le spese (uscite finanziarie), ma anche i costi (componente economica) delle attività pubbliche. In particolare, il budget economico, previsto dalla normativa, identifica e distingue le risorse effettivamente impiegate, che pertanto generano un costo, da quelle soltanto acquisite e non impiegate, perché ad es. da utilizzare in futuro, che generano soltanto la spesa finanziaria.

Sintetizzando, lo scopo finale di questa riforma è una maggiore trasparenza della finanzia pubblica ed un più “meditato” impiego delle risorse a disposizione, così da evitare gli sprechi di denaro pubblico.

Il principio della competenza economica nelle aziende pubbliche si basa sugli IPSAS, ovvero i Principi contabili internazionali per il Settore Pubblico, che rappresentano il contraltare pubblico degli analoghi Principi IAS/IFRS del settore privato.

L’applicazione dei suddetti Principi è stata graduale. Sono state infatti previste due fasi:

  • un’introduzione minimale, che prevede registrazioni contabili rettificative ed integrative solo in sede di rendicontazione (quindi ex-post), mediante un prospetto di conciliazione con il quale raccordare i risultati finanziari a quelli economico-patrimoniali;
  • una fase successiva in cui c’è la vera e propria applicazione della contabilità economica-patrimoniale (in aggiunta a quella finanziaria), attraverso l’utilizzo del metodo della partita doppia, lo stesso usato dalle aziende private.

Quest’ultima fase prevede nello specifico:

  • un piano dei conti, propedeutico alla rilevazione economica dei costi;
  • l’individuazione dei centri di costo all’interno dell’azienda pubblica, che diventano in quanto tali i responsabili dell’azione amministrativa, perché competenti a misurare i risultati economici conseguiti dall’attività pubblica, a controllarne nel continuo la gestione economica ed a prendere i provvedimenti amministrativi conseguenti;
  • la determinazione dei servizi erogati e dei momenti di rilevazione di costi e proventi.

Con l’uso della partita doppia per la contabilità analitica-patrimoniale è anche possibile costruire indicatori economici, patrimoniali e di efficienza per singoli servizi, programmi, progetti e centri di costo.

Successivamente, un’altra sterzata nella direzione della contabilità economica è stata data con la l. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha abrogato e sostituito la l. 94/1997.

Con questa nuova legge (e con i provvedimenti legislativi conseguenti) si è prevista una maggiore integrazione tra il sistema di rilevazione economico-patrimoniale e quello finanziario per le amministrazioni centrali dello Stato (per gli enti locali un analogo impulso è stato dato con la l. 42/2009 e dai suoi decreti attuativi). La contabilità pubblica diventa finalmente un sistema contabile integrato.

Il mezzo tecnico attraverso il quale si realizza di fatto tale integrazione è costituito dal sistema informativo SICOGE, ovvero Sistema per la gestione integrata della contabilità economica e finanziaria.

Da questo momento non c’è più solo la contabilità finanziaria, ma anche quella economica, e ciò è realizzato mediante il sistema integrato di scritture contabili di SICOGE ed i relativi principi contabili. Nel piano dei conti ci sono ora conti finanziari, che rilevano entrate e spese, e conti economico-patrimoniali, che rilevano i costi e ricavi.

In particolare, viene definita la transazione contabile elementare, cioè l’atto gestionale compiuto dal funzionario responsabile della gestione della contabilità integrata. Ciascuna transazione elementare è codificata in modo da rilevare contabilmente, a partire da questa, le relative variazioni finanziarie, economiche e patrimoniali.

Con la contabilità integrata è possibile quindi rilevare il costo o il ricavo derivato dall’uscita o dall’entrata finanziaria, in modo da quantificare l’effettivo risultato economico conseguito dall’azienda pubblica e da valutarne conseguentemente, mediante appositi indicatori economici, la gestione complessiva in termini di efficacia ed efficienza, così come avviene con gli indicatori in uso presso le aziende private.

In definitiva, il modello integrato di contabilità pubblica permette di rilevare simultaneamente i flussi finanziari, economici e patrimoniali, offrendo una visione completa della gestione.

L’armonizzazione contabile ha pure contribuito a rendere omogenee le rilevazioni tra i diversi enti pubblici, migliorando la trasparenza e la confrontabilità dei dati a livello nazionale ed europeo.

Inoltre, la contabilità integrata permette anche un migliore controllo interno di gestione (si veda il capitolo successivo in cui si spiegano i controlli dell’azienda pubblica).

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