I controlli dell’azienda pubblica
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I controlli dell’azienda pubblica
I controlli sono importanti per tutte le aziende e sono funzionali alla valutazione delle performance aziendali per migliorarle e per correggere eventualmente la gestione.
Nelle aziende pubbliche ciò è vero ancora di più, perché esse amministrano soldi pubblici.
In particolare, nelle aziende pubbliche i controlli si identificano spesso con la responsabilità, verso gli enti superiori (ad es. Parlamento e governo) e, in ultima istanza, verso tutta la collettività, che finanzia i servizi pubblici attraverso imposte e tasse.
I controlli nelle aziende pubbliche in passato riguardavano esclusivamente gli atti emanati dalla pubblica amministrazione, ma adesso si è capito che essi devono riguardare tutto il processo e la stessa organizzazione dell’ente, misurandone nel continuo, mediante l’analisi dei risultati, efficacia, efficienza e produttività.
L’attività di controllo è anch’essa un procedimento amministrativo, che si può distinguere in:
- controllo preventivo, volto a mettere gli enti in condizione di svolgere l’azione amministrativa ed in genere esercitato da soggetti esterni;
- controllo successivo, tendente a verificare, in genere sempre da parte di soggetti esterni, che l’azione amministrativa sia stata compiuta nel rispetto di leggi e regolamenti, nonché dei livelli qualitativi eventualmente fissati;
- controllo di processo (process monitoring), avente lo scopo di correggere, durante l’azione amministrativa, eventuali scostamenti rispetto a quanto programmato ed in genere esercitato da altra funzione dello stesso ente (controllo interno); infatti è importante che l’azione amministrativa sia correttamente implementata all’interno delle funzioni e dei processi dell’ente e quindi diventa significativo il flusso di informazioni che, durante il processo, permette la misurazione dell’efficacia e dell’efficienza delle funzioni aziendali che svolgono l’azione.
Dal punto di vista, invece, di cosa si controlla, la tripartizione potrebbe essere la seguente:
- input, ovvero gli atti amministrativi, i fattori di produzione e le risorse acquisite (finanziarie, umane o tecniche);
- processo, ovvero il complesso delle attività, per ogni fase di produzione, e dell’organizzazione finalizzato ad usare le risorse disponibili per l’erogazione dei servizi pubblici (trasformazione degli input in output);
- output, ovvero i beni ed i servizi pubblici prodotti dall’azione amministrativa.
Fatta questa breve panoramica generale sui controlli degli enti pubblici, approfondiamo il controllo di gestione di questi enti, effettuato prevalentemente all’interno dell’amministrazione.
Il controllo di gestione è l’insieme di attività finalizzato a controllare nel continuo l’azione amministrativa ed a correggerla se essa si discosta da quanto programmato, così da raggiungere gli obiettivi pianificati.
Molta dottrina distingue questo controllo di gestione, da quello sulla gestione, che è invece il controllo mirante a verificare la correttezza delle procedure adottate e la congruità dei risultati raggiunti rispetto a quelli preventivati.
Nella realtà di 2 tipi di controllo sopra menzionati sono spesso sovrapponibili.
È evidente che il controllo di gestione è stato uno dei più importanti strumenti utilizzati dal legislatore per riformare la pubblica amministrazione, perché non ci può essere lotta agli sprechi e contabilità economica nel settore pubblico se non con un adeguato controllo di gestione e con le informazioni che questo può fornire ai decisori.
Proprio per tale motivo il controllo interno di gestione richiede l’elaborazione di una serie di indicatori di risultato, i quali in sostanza possono distinguersi nelle categorie seguenti:
- indicatori di efficienza, cioè generalmente ratios che hanno al numeratore il valore o la quantità dell’output ed al denominatore il valore o la quantità dell’input;
- indicatori di efficacia, cioè generalmente ratios che misurano quanto parte degli obiettivi (in percentuale) è stata realizzata;
- indicatori di economicità, cioè generalmente ratios che misurano quanta parte dei costi sostenuti per un servizio è stata coperta dai proventi generati dal medesimo.
Inoltre, appare evidente che il controllo di gestione necessita dell’adozione della contabilità analitica da parte dell’ente cui il controllo è indirizzato. Infatti, solo la contabilità analitica permette di ripartire le attività ed i processi per centro di costo e di ottenere i dati utili al calcolo degli indicatori sopra elencati.
Per quanto detto sopra, il controllo interno di gestione si svolge sostanzialmente in 3 fasi:
- preparazione del Piano degli obiettivi, che include tutte le decisioni circa la preventiva allocazione delle risorse tra le diverse finalità da perseguire (programmazione degli interventi) e si conclude con la predisposizione del budget;
- rilevazione economica di costi, ricavi e risultati, con riferimento a tutte le attività di gestione dell’azienda pubblica, fino alla conclusione del progetto o dell’esercizio;
- valutazione degli esiti dell’azione amministrativa e quindi del grado di raggiungimento degli obiettivi pianificati, che comprende la misurazione, attraverso l’elaborazione dei dati raccolti, dell’efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche mediante la scelta e la determinazione degli indicatori di quantità e qualità sopra descritti.
Circa questa ultima fase, si sottolinea l’importanza delle attività di reporting, che includono tutte le attività volte ad analizzare le informazioni di gestione (quantitative o fisiche), soprattutto di natura economica, per trarne utili indicazioni al fine di valutare:
- le performance complessive dell’azienda pubblica, delle diverse funzioni e dei singoli decisori;
- gli eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi pianificati, con il suggerimento delle azioni correttive da adottare;
- le aree di miglioramento e/o di criticità, con indicazione delle variabili che hanno determinato risultati inferiori alle attese.
Nei Report è importante che le indicazioni siano sintetiche, ben strutturate e tempestive, così da fornire ai decisori i dati ed i feedback necessari ad impostare la nuova gestione dell’ente, correggendone i difetti riscontrati.
In genere i Report si distinguono in:
- operativi, destinati ai responsabili allo scopo di fornire informazioni utili per le future decisioni ed impostazione dei processi;
- direzionali, destinati ai vertici aziendali e più spesso agli organi collegiali apicali (ad es. i consigli regionali), che sono molto più sintetici dei Report operativi (poche informazioni, le più importanti, e di facile lettura, meglio se accompagnate da grafici e tabelle) e servono a dare una lettura “politica” dei risultati.
Il budget delle aziende pubbliche
Il documento di programmazione per eccellenza è il budget, ovvero il bilancio di previsione redatto prima dell’inizio della gestione.
Questo è vero per tutte le imprese ma in particolar modo per quelle pubbliche, perché il budget, non solo è funzionale alla pianificazione delle risorse disponibili tra impieghi alternativi, ma proprio in conseguenza di ciò esso funge anche da limite operativo all’azione pubblica e da strumento di controllo della stessa, attraverso la responsabilizzazione dei decisori e dei centri di costo che nelle aziende pubbliche è di significativa importanza.
In altre parole, quello che è scritto nel budget (ad es. gli stanziamenti di spesa per ogni capitolo) funge da pietra miliare e punto di riferimento essenziale durante tutta la gestione aziendale. Le risorse assegnate nel budget sono infatti vincolanti per il centro di responsabilità cui esse si riferiscono. Il controllo di gestione verifica, di conseguenza, non solo il grado di realizzazione degli obiettivi, ma anche il rispetto delle risorse assegnate.
Le voci monetarie del budget devono permettere il raggiungimento degli obiettivi con il minimo sforzo in fatto di risorse impiegate e queste voci sono assegnate ai singoli centri di responsabilità, ai quali vengono attribuiti dei sub-obiettivi compatibili con gli obiettivi principali, nonché sub-programmi di attività che poi a fine anno vengono valutati per misurare le performance delle singole funzioni/centri di costo.
Pertanto, ai singoli centri di responsabilità vengono assegnati:
- risorse monetarie, quantificate dalle voci di spesa del budget;
- programmi di attività, da espletare durante l’anno e compatibili con gli obiettivi generali;
- obiettivi o sub-obiettivi da raggiungere, con le risorse attribuite e con l’implementazione dei programmi.
Nello specifico, il budget è lo strumento che permette di realizzare quella contabilità economica di cui si è detto precedentemente, con tutti i vantaggi che essa offre in termini di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa e ciò è possibile, come già accennato, solo mediante l’impiego di una valida contabilità analitica.
In particolare, il budget dello Stato e delle amministrazioni centrali (i Ministeri), redatto con la contabilità economica analitica, ha assunto un ruolo fondamentale nell’ambito della finanza pubblica.
La l. 196/2009 stabilisce che il budget dello Stato e la rilevazione dei costi siano allegati dello Stato di previsione della spesa di ciascun Ministero e del Rendiconto generale dello Stato. Inoltre, i costi di ciascun Ministero devono essere distinti per programmi e per centri di costo, mentre il budget, che espone le previsioni di spesa elaborate dai singoli centri di costo, comprende anche il prospetto di conciliazione che, come detto, serve a collegare le previsioni economiche a quelle finanziarie.
Nel dettaglio, sono i centri di responsabilità che realizzano i programmi loro attribuiti e, soprattutto, sono questi centri che raccordano le previsioni economiche dei centri di costo subordinati di cui sono competenti.
Volendo fare una sintesi degli aspetti principali del budget economico analitico dello Stato, possiamo dire che esso si concentra su 3 focus:
- destinazione dei costi previsionali, espressa nella forma di missioni e programmi;
- natura dei costi previsionali, sulla base del piano dei conti, a loro volta distinti in:
- costi propri (o di funzionamento), costituiti dal valore delle risorse umane e strumentali, cioè, più precisamente, dal valore delle prestazioni di lavoro, dei beni di consumo e delle quote di ammortamento dei beni pluriennali, impiegati per raggiungere i fini pubblici; i costi di funzionamento si distinguono da un punto di vista pratico in: (i) costi discrezionali, eventualmente riducibili in caso di necessità, (ii) costi incomprimibili, che non possono ridursi in alcun modo (ad es. i costi per l’esecuzione dei contratti in essere con privati, oppure gli stipendi base dei dipendenti pubblici – invece la remunerazione delle ore di straordinario è considerato costo discrezionale); questi costi propri possono differire dai corrispondenti valori finanziari per discrasie temporali (il costo non è sostenuto nello stesso anno della spesa finanziaria) e strutturali (quando il costo è attribuito ad un centro di responsabilità diverso da quello che sostiene concretamente la spesa); tranne tali casistiche le previsioni di costi propri devono sempre corrispondere alle relative previsioni finanziarie, perché ciascun centro di costo deve conoscere esattamente le risorse finanziarie stanziate per i propri costi di funzionamento;
- costi dislocati, ovvero i trasferimenti che lo Stato compie verso altri enti (ad es. regioni, province e comuni); in questo caso non c’è disallineamento tra bilancio finanziario ed economico, perché i costi coincidono con gli stanziamenti del bilancio di previsione finanziario;
- fonti da assegnare, che sono tutte le risorse appostate nei fondi (per spese impreviste, di emergenza, ecc.), il cui costo è attribuito allo Stato;
- oneri di finanziamento dello Stato, rappresentati dagli interessi passivi pagati sui finanziamenti accesi per soddisfare fabbisogni pubblici (invece, l’eventuale rimborso dei finanziamenti contratti dallo Stato, così come ad es. i rimborsi di imposte a cittadini ed imprese, non sono inclusi nel budget economico, perché trattasi di voci di natura meramente finanziaria, senza effetti economici);
- responsabilità amministrativa dell’organizzazione, incentrata presso gli uffici dirigenziali di primo livello, che si configurano come centri di responsabilità e che sovraintendono i sottostanti centri di costo.
Si è parlato in precedenza del prospetto di conciliazione tra costi previsionali e stanziamenti del bilancio finanziario. Questa conciliazione, che avviene per lo Stato nel suo complesso, per missione e per singolo Ministero, è effettuata in concreto affiancando alle macrocategorie di costi propri le voci integrative e rettificative che riconducono i costi previsionali ai corrispondenti stanziamenti finanziari, mantenendo i disallineamenti sopra accennati derivanti da discrasie di natura temporale e strutturale.
Dal punto di vista pratico, il budget dello Stato è allegato al disegno di legge del bilancio a legislazione vigente, che viene presentato in Parlamento dal Governo entro il 20 ottobre di ogni anno, dando avvio all’iter normativo che porterà, entro il 31 dicembre, all’approvazione del testo definitivo.
Successivamente all’approvazione della legge di bilancio in Parlamento, il budget dello Stato recepisce le indicazioni formulate in sede parlamentare circa gli obiettivi da raggiungere ed i limiti alle risorse finanziarie disponibili per la realizzazione di quelli stessi obiettivi.
Il budget dello Stato è aggiornato in occasione della presentazione in Parlamento del disegno di legge di assestamento e, in seguito, per effetto delle modifiche apportate in Parlamento alla stessa legge di assestamento.
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