Parole, parole, tante parole sulla guerra in Iraq. I colpi di scena e le pretese verità assolute, ci hanno tenuto appesi al filo delle nostre convinzioni.
Ma oggi, all’indomani di questa guerra, al di là degli arsenali iracheni di armi di distruzione di massa, al di là dei motivi economici e politici, al di là del fatto che gli Stati Uniti abbiano rispettato o meno le risoluzioni ONU, solo un pensiero va avanti e indietro nella mia mente : il PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI. Un principio che si afferma sempre di più all’indomani delle due guerre mondiali, e che, espresso nella Carta Atlantica del 1941 (suggello ufficiale dell’incontro di grandi menti come Roosvelt e Churchill), diviene il motivo ispiratore dell’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite che nasce il 24 ottobre del 1945.
Ma in sintesi cosa vuol dire autodeterminazione? Vuol dire che “tutti i popoli hanno diritto di scegliere la forma di governo da cui vogliono essere retti”, in altre parole tutti i popoli hanno il diritto di stabilire liberamente il proprio status politico, provvedendo al proprio sviluppo economico, sociale e culturale.
Qualsiasi teoria che ha difeso la supremazia o la migliore perfezione di alcuni popoli su altri, ha finito per creare destini fuori tempo ed ingiustificati, dove non è più vero che tutti i popoli hanno il diritto e la capacità di autodeterminarsi.
La dittatura di Saddam Hussein, sanguinosa e repressiva, che non concede (o meglio non concedeva) libertà di autodeterminazione alle varie componenti del suo popolo, ha cancellato, dimenticato e calpestato, i diritti fondamentali dell’uomo.
Se la vita e la libertà sono basilari per l’ essere umano, il diritto di autodeterminazione che riguarda la stessa vita e libertà del gruppo umano nel quale vive l’individuo, diviene allora esso stesso fondamentale. Senza di esso molti altri diritti verrebbero alienati.
Il diritto all’autodeterminazione è un diritto che appartiene ad una collettività è non può essere esercitato dall’essere umano come individuo. Non si può concepire una persona senza considerare il gruppo in cui vive, le sue tradizioni, la sua lingua, le sue radici per dirlo con una parola sola. Così come l’individuo si presenta con le sue proprie caratteristiche di fronte all’altro, allo stesso modo il popolo, la nazione, fa davanti ad un’altra comunità.
Mi chiedo quale identità voleva, allora, esprimere Saddam con la sua dittatura? La SUA identità? Ma la sua identità non è anche quella del popolo iracheno?
Dove comincia il diritto all’autodeterminazione di un popolo?
La visione di questo diritto come umano, fondamentale e collettivo, implica l’impossibilità che una qualsiasi ragione o causa possa giustificare la sua eliminazione o limitazione. Mi chiedo, allora, in un caso di questo tipo, quale è il limite tra la principale finalità dell’ONU di mantenere la pace in tutto il mondo e la decisione di dichiarare guerra a Saddam?
Pace vuol dire amore, vuol dire libertà, vuol dire rispetto reciproco, vuol dire non morire di fame sotto gli occhi di un unico plurimiliardario. Bush ha fatto una scelta drastica tra la pace e la guerra e Saddam da quanto tempo aveva già fatto questa scelta?.
La questione è veramente molto delicata e questi interrogativi vogliono essere uno stimolo a pensare che, purtroppo, nella realtà non sempre tutto è nero o tutto è bianco, probabilmente la vita che viviamo tutti i giorni è fatta delle sfumature comprese tra questi due colori, anche se certezze come quelle del rispetto degli altri, della vita umana, e dei diritti di ogni individuo dovrebbero avere sempre colori ben definiti.
Ora l’Iraq sta vivendo una fase molto delicata, quella del ripristino di una forma legittima di governo. Possiamo solo sperare che la scelta avvenga all’insegna del principio dell’autodeterminazione.
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