Consiglio di sicurezza
Un dispensa sul Consiglio di Sicurezza: il sistema di sicurezza collettiva previsto dalla Carta delle Nazioni Unite

da | 6 Ott 2004 | Diritto pubblico privato ed internazionale | 0 commenti

Consiglio di Sicurezza:

il sistema di sicurezza collettiva previsto dalla Carta delle Nazioni Unite

 

La Carta delle Nazioni Unite, se da un lato sancisce, all’art. 2, par. 4, il divieto dell’uso della forza nei rapporti internazionali, dall’altro accentra in un organo delle Nazioni Unite, Il Consiglio di Sicurezza, la competenza a compiere le AZIONI necessarie per il mantenimento dell’ordine e della pace tra gli Stati ed, in particolare, l’uso della forza a fini di polizia internazionale.

Per quanto riguarda il sistema di sicurezza accentrato, che secondo gli ideatori della Carta avrebbe dovuto rappresentare il naturale pendant del divieto all’uso della forza, esso ha poco e male funzionato fino alla caduta del muro di Berlino a causa del diritto di veto riconosciuto alle Grandi Potenze , della divisione del mondo in blocchi contrapposti e della guerra fredda.

Nuove prospettive si erano aperte a partire dalla Guerra del Golfo, ma , dopo una iperattività iniziale, tutte le speranze sono venute meno. La delusione maggiore è arrivata dopo l’attacco al World Trade Center e la guerra contro l’ Afghanistan perché l’organo, sebbene risultasse coinvolto in tutte le crisi importanti, ha finito con il legittimare decisioni prese dalle Grandi Potenze.

Il centro intorno al quale ruota il fondamento giuridico è dato dal Cap. VII della Carta ( artt. 39 e ss) che prevede le azioni che possono essere prese dalle Nazioni Unite per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

Ai sensi del cap. VII il Consiglio di Sicurezza, accertata l’esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace o di un atto di aggressione (art. 39) può sia decretare contro uno Stato misure sanzionatorie (ma non implicanti l’uso della forza) come l’interruzione parziale o totale delle comunicazioni e della relazioni economiche da parte degli altri Stati (art 41), sia intraprendere azioni armate (art. 42 ss.).

Prima di ricorrere alle une o alle altre, esso può invitare lo Stato o gli Stati interessati a prendere quelle “misure provvisorie” che consideri necessarie al fine di non aggravare la situazione (art. 40).

Nell’accertare se sussista una minaccia o violazione della pace o un atto di aggressione, il Consiglio di Sicurezza gode di un larghissimo potere discrezionale, che può esercitarsi soprattutto con riguardo all’ipotesi di MINACCIA ALLA PACE.

Si tratta, infatti, di un’ipotesi molto vaga ed elastica, che si presta ad inquadrare i più vari comportamenti di uno Stato e le più varie situazioni.

Come minaccia o violenza alla pace possono anche , come già accennato, venire in rilievo situazioni interne ad uno Stato sia con riguardo ad una guerra civile, sia con riguardo a comportamenti dello Stato stesso (Apartheid).

La discrezionalità del Consiglio è rimasta integra anche dopo l’adozione da parte dell’Assemblea Generale della ris. N. 3314- XXIX del 1974 sulla definizione di aggressione che elenca tutte le ipotesi di aggressione.

Tale elencazione non incide sull’art. 39 e sulle competenze del Consiglio di Sicurezza nel momento il cui si considera che:

  • Il Consiglio può stabilire, tenuto conto delle circostanze del singolo caso concreto, che la commissione di uno degli atti elencati non giustifichi il suo intervento (art. 2)
  • il Consiglio medesimo possa considerare come aggressione anche atti non elencati (par. 4)
  • la definizione di aggressione contenuta nella risoluzione non pregiudichi le funzioni degli organi dell’ ONU così come previsto dalla Carta.

Sta di fatto che, dopo la caduta del muro, il Consiglio ha fatto talvolta un uso troppo ampio del suo potere, adottando risoluzioni che una parte della dottrina non ha esitato a definire illegittime. ( ris. 3.4.91 lett. E sulla Commissione incaricata di decidere sulle riparazioni dovute all’Iraq per l’aggressione al Kuwait ; ris. 25.5.93 n. 827 che ha istituito il Tribunale internazionale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia).

LE TRE FASI ATTRAVERSO LE QUALI PUO’ PASSARE L’AZIONE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA

1. Le misure provvisorie

2. Le misure non implicanti l’uso della forza

3. Le misure implicanti l’uso della forza

  1. Art. 40 : Al fine di prevenire un aggravarsi della situazione, il Consiglio di Sicurezza prima di fare le raccomandazioni o di decidere sulle misure previste all’articolo 41, può invitare le parti interessate ad ottemperare a quelle misure provvisorie che esso consideri necessarie o desiderabili. Tali misure provvisorie non devono pregiudicare i diritti, le pretese o la posizione delle parti interessate. 11 Consiglio di Sicurezza prende in debito conto il mancato ottemperamento a tali misure provvisorie.

Come si vede, la provvisorietà si ricollega sia allo scopo che siffatte misure possono perseguire, e che è quello soltanto di PREVENIRE UN AGGRAVARSI DELLA SITUAZIONE, sia ai limiti posti al loro contenuto, non dovendo esse pregiudicare i diritti o le posizioni delle parti interessate.

Una tipica misura provvisoria in caso di guerra sia internazionale che civile è il cessate – il – fuoco.

In ogni caso tali “inviti” non hanno carattere vincolante.

  1. Art. 41 : Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l’impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche.

Questo articolo prevede che il Consiglio di Sicurezza possa vincolare gli Stati membri dell’ ONU e prendere una serie di misure più blande (l’embargo, ad esempio) per lo Stato che abbia, secondo il giudizio insindacabile dell’organo, violato o minacciato la pace.

  1. Art. 42 : Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell’articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite.

L’articolo prevede le ipotesi del ricorso alla forza contro uno Stato colpevole di aggressione, minaccia o violazione della pace internazionale oppure anche all’interno di uno Stato (guerra civile).

Il Consiglio, infatti, può eseguire azioni di polizia internazionale, mediante delibere operative, con le quali non esorta, ma agisce direttamente.

Le modalità dell’azione del Consiglio di Sicurezza si formano sulla base di accordi.

Per quanto riguarda le modalità con le quali, secondo la Carta, il Consiglio di Sicurezza può agire, gli artt. 43, 44 e 45 prevedono l’obbligo per gli Stati membri di stipulare con il Consiglio degli accordi intesi a stabilire il numero, il grado di preparazione, la dislocazione etc, delle forze armate utilizzabili poi dall’organo, totalmente o parzialmente, via via che se ne presenti la necessità.

Secondo gli artt. 46 e 47 l’utilizzazione in concreto dei vari contingenti nazionali deve far capo ad un Comitato di Stato Maggiore, composto dai Capi di Stato Maggiore dei cinque membri permanenti e posto sotto l’autorità del Consiglio.

Gli artt. 43 ss. ,però, non hanno mai ricevuto applicazione dal 1945.

Il Consiglio è di solito intervenuto in crisi internazionali o interne con misure militari tutte riportabili all’art. 42.

Ha creato le Forze delle Nazioni Unite (caschi blu), ma con compiti assai limitati per il mantenimento della pace, ( peace-keeping operations), ha aumentato l’uso della forza degli Stati membri, sia singolarmente, sia nell’ambito delle organizzazioni regionali, e , in due casi, ha creato Tribunali internazionali per la punizione di crimini di guerra contro l’umanità.

  • PEACE-KEEPING OPERATIONSLo scopo fondamentale delle Nazioni Unite, così com’è enunciato nel primo paragrafo dell’art. 1 della Carta di San Francisco, consiste nel mantenere la pace e la sicurezza internazionale e allo stesso tempo, di agire affinché altri conflitti già in corso giungano ad una soluzione, per quanto possibile, pacifica. In altre parole,

    l’Organizzazione è stata costituita per dare concreta attuazione allo jus contra bellum.

    I fatti hanno infatti dimostrato che le Nazioni Unite si sono da sempre impegnate a favorire lo sviluppo del diritto internazionale umanitario, vale a dire la parte preponderante del diritto bellico (jus in bello) che ha uno scopo principale: limitare l’impiego della forza nei conflitti armati e la protezione dei non combattenti e dei civili.

    Con l’inizio della guerra fredda e l’opposizione tra i due blocchi, è cominciato un periodo in cui le Nazioni Unite non sono più riuscite a svolgere un ruolo determinante nel mantenimento e ristabilimento della pace e della sicurezza internazionali.

    Il Consiglio di Sicurezza non ha potuto realmente dare attuazione al sistema di sicurezza collettiva previsto dalla Carta a causa delle profonde divergenze politiche che si manifestavano al suo interno.

    Ecco pertanto che, per far fronte alle esigenze di sicurezza, sono stati posti in essere dei “meccanismi operativi ibridi”, il cui scopo principale sarebbe costituito nel «congelare la situazione conflittuale e favorire il regolamento concordato tra i belligeranti»: le c.d. operazioni per il mantenimento della pace (peace-keeping operations) che rappresentano, il principale strumento con il quale vengono affrontate, in maniera concreta, le situazioni di crisi in grado di minacciare la pace e la sicurezza internazionale.

    La caratteristica principale delle peace-keeping operations è costituita dalla delega del Consiglio al Segretario generale in ordine sia al reperimento, attraverso accordi con gli Stati membri, sia al comando delle forze internazionali.

    Le Forze, inoltre, operano con il consenso della Stato, o degli Stati nel cui territorio sono dislocate, anche se questo elemento spesso è puramente fittizio (poiché spesso nn esiste più un vero sovrano locale).

    E’ opportuno precisare poi, che tali forze per il mantenimento della pace costituiscono essenzialmente forze cuscinetto destinate solo a dividere i contendenti e ad aiutarli nel ristabilire e nel mantenere condizioni di pace e di sicurezza senza poter adoperare le armi, di cui pure sono dotate, anche se non al massimo, per legittima difesa.

    La loro funzione, insomma, sarebbe di PEACE KEEPING e non di PEACE ENFORCEMENT.

    In ogni caso, è fuor di dubbio che tali forze realizzino l’azione di polizia internazionale prevista dall’art. 42.

  • AUTORIZZAZIONE DELL’USO DELLA FORZA DA PARTE DEGLI STATI MEMBRIAlcune volte, durante la guerra fredda e diverse volte dagli inizi degli anni novanta ad oggi, il Consiglio, anziché agire direttamente come prescrive l’art 42, o per il tramite del Segretario generale, ha autorizzato gli Stati ,singolarmente considerati, ad usare la forza contro uno Stato o all’interno di uno Stato, rimettendo nelle loro mani, e sotto la loro autorità, il comando e il controllo delle operazioni militari.

    Ci si chiede se tale delega all’uso della forza sia legittima.

    E’ ovvio che essa non è inquadrabile sotto gli artt. 42 ss.

    La sua legittimità può ammettersi nel quadro dell’art. 51 e precisamente in quella parte che riconosce “ il diritto alla legittima difesa collettiva” per respingere un “attacco armato”

    Si vide che l’impiego della forza per difendersi, o per aiutare gli altri a difendersi, incontrava un limite nell’obbligo del Consiglio di adottare le “misure necessarie per mantenere la pace”; tuttavia, una risoluzione di questo tipo, comporta la rimozione di tale limite e quindi la liceità dell’azione condotta dai singoli Stati.

    Occorre però tenere conto del fatto che sempre più il Consiglio tende a delegare l’uso della forza ai singoli stati, sia pur mantenendo il controllo sulle operazioni, che sempre più ciò avviene in situazioni di guerra civile, ossia in situazioni che è impossibile riportare all’art. 51 ( mancando una precedente aggressione armata ) e che questo comportamento del Consiglio non incontra opposizioni.

    Si può ritenere pertanto che la delega agli Stati sia prevista da una regola non scritta che si è ormai formata nella prassi.

  • ISTITUZIONE DEI TRIBUNALI PENALI AD HOC Si tratta dei due tribunali per i crimini di guerra e contro l’umanità, commessi nella ex Jugoslavia e nel Ruanda, creati rispettivamente con la ris. 25.05.1993 n. 827 e 1.07.1994 n. 935

    La legittimità di tale istituzione dovrebbe riportarsi all’art. 42. In effetti la possibilità di punire i criminali di guerra è stata sempre considerata come un diritto dei belligeranti e, secondo la migliore dottrina, anche il Tribunale di Norimberga del 1945 trovò la sua giustificazione in tale articolo.

  • LE AMMINISTRAZIONI TERRITORIALI IN SITUAZIONI POST-CONFLITTUALISi tratta di vere e proprie amministrazioni a carattere temporaneo istituite in situazioni post-conflittuali.

    E’ questo il caso dell’amministrazione civile del Kosovo dopo la guerra del 1999 condotta dalla NATO.

    La funzione di questa amministrazione è quella, tra l’altro, di provvedere allo sviluppo di istituzioni provvisorie democratiche e di autogoverno in attesa di una soluzione politica della crisi, nonché di controllare il trasferimento dei poteri da dette istituzioni provvisorie a quelle che saranno stabilite all’atto della soluzione della crisi.

  • ORGANIZZAZIONI REGIONALI Fanno parte anch’esse del sistema di sicurezza collettiva facente capo al Consiglio di Sicurezza e sono create sia per sviluppare la cooperazione tra Stati membri, sia per promuovere la difesa comune verso l’esterno.

    L’appartenenza di queste organizzazioni al sistema di sicurezza collettiva dell’ONU si fonda sul cap. VIII della Carta, ed in particolare sull’art. 53 il quale stabilisce che il Consiglio di Sicurezza “utilizza gli accordi e le organizzazioni regionali per azioni coercitive sotto la sua direzione” ed aggiunge che “nessuna azione coercitiva potrà venire intrapresa in base ad accordi regionali…senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza”

    Alla luce dell’art. 53 le organizzazioni regionali appaiono come “organi decentrati delle

    Nazioni Unite”

    L’art. 53 va coordinato con l’art 51 il quale, ammette la legittima difesa sia individuale che collettiva, intendendo per quest’ultima la possibilità che la reazione ad un attacco armato provenga nn solo dallo Stato attaccato ma anche da Stati terzi. Ne deriva che le organizzazioni regionali possono agire coercitivamente contro uno Stato con l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza in ogni caso (art 53) e senza l’autorizzazione del Consiglio solo nel caso di risposta ad un attacco già sferrato (art. 51)

    Le organizzazioni regionali più importanti esistenti sono :

    • ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI –OSA- che unisce Stati Uniti e America Latina
    • UNIONE EURPEA OCCIDENTALE –UEO- costituisce l’alleanza definitiva dell’Unione Europea
    • ORGANIZZAZIONE DEL TRATTATO DEL NORD ATLANTICO –NATO- creata nel 1949 tra le Potenze Occidentali (Patto Atlantico)
    • L’A.NZ.US sorta tra Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti
    • OUA Organizzazione per l’Unità Africana
    • LA LEGA DEGLI STATI ARABI
    • L’organizzazione degli Stati dei Carabi Orientali.

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