LA STRUTTURA ISTITUZIONALE
Il Consiglio europeo non è una istituzione comunitaria e non va, pertanto, confuso né con il Consiglio tout court né con il Consiglio d’Europa che è una organizzazione internazionale.
Il Consiglio europeo è nato parallelamente ma all’esterno della struttura istituzionale comunitaria dalla prassi delle riunioni al vertice fra capi di Stati o di governo degli Stati membri che si svolgevano periodicamente, senza una cadenza regolare, per discutere questioni attinenti alla vita ed allo sviluppo delle Comunità.
L’ATTO UNICO ha poi sancito formalmente l’esistenza del Consiglio europeo, la sua composizione e la cadenza delle sue riunioni.
Ai sensi dell’art. 4 del TUE, “ il Consiglio europeo dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici generali.
Il Consiglio europeo riunisce i capi di Stato o di Governo degli Stati membri ed il Presidente della Commissione, assistiti dai ministri degli affari esteri degli Stati membri e da un membro della Commissione.
Il Consiglio europeo si riunisce almeno due volte l’anno, sotto la Presidenza del capo di Stato o di Governo dello Stato membro che esercita la Presidenza del Consiglio dell’Unione e presenta al Parlamento europeo un rapporto su ciascuna delle sue riunioni ed un rapporto annuale riguardante i progressi realizzati dall’Unione”.
Competenze
Il Consiglio europeo può intervenire in tutti i settori considerati dal trattato dal momento che le sue competenze politiche-generali risultano necessarie allo sviluppo dell’integrazione europea. Tuttavia, le disposizioni relative ai tre pilastri dell’Unione in alcuni casi attribuiscono specificatamente delle competenze a quest’organo, in particolare in materia di:
- politica dell’occupazione (primo pilastro) il Consiglio europeo esamina annualmente la situazione dell’occupazione e adotta le soluzioni del caso in base ad una relazione del Consiglio e della Commissione
- politica estera e di sicurezza comune (secondo pilastro) il Consiglio europeo definisce i principi e gli orientamenti generali e decide le strategie comuni sulla cui base il Consiglio dell’Unione deve operare.
- cooperazione rafforzata (terzo pilastro). L’art. 40 prevede che qualora uno Stato si opponga alla concessione dell’autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione all’avvio della cooperazione rafforzata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo affinché si pronunci all’unanimità.
Composizione anomala del Consiglio europeo
Il Trattato di Maastricht ed anche il Trattato di Amsterdam hanno previsto una composizione anomala del Consiglio europeo, laddove viene indicato come Consiglio dell’Unione riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo.
Tale anomalia è dovuta dal fatto che, formalmente, non si può parlare di Consiglio europeo ma di Consiglio dell’Unione anche se, sostanzialmente, data la coincidenza dei soggetti che partecipano, si tratta di una riunione del Consiglio europeo ed è quest’ultimo che esercita il potere decisionale.
Al Consiglio europeo riunito nella suddetta composizione sono attribuiti poteri decisionali:
- nell’ambito della tutela dei diritti umani ed in particolare per quanto riguarda l’art. 7 TUE che conferisce al Consiglio la possibilità di constatare all’unanimità l’esistenza di una violazione grave e persistente dei diritti dell’uomo da parte di uno Stato membro e adottare a maggioranza qualificata i provvedimenti necessari.
- nell’ambito della procedura di nomina del Presidente della Commissione è previsto che la designazione della persona che si intende nominare Presidente della Commissione europea sia effettuata dal Consiglio, riunito nella composizione dei capi di Stato e di Governo, che delibera a maggioranza qualificata.
In definitiva, pur non potendosi configurare come istituzione, occorre riconoscere che il Consiglio europeo è un punto di riferimento rilevante nel processo decisionale della Comunità. Ne sono espressione, la competenza a definire, relativamente al terzo pilastro, gli orientamenti generali della politica estera e di sicurezza comune, nonché le scelte progressive della politica comune di difesa.
LE ISTITUZIONI COMUNITARIE
IL Consiglio
Il Consiglio dell’Unione europea, composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, è l’organo decisionale della Comunità.
L’art. 202 del trattato di Maastricht, infatti, dispone che per assicurare il raggiungimento degli scopi stabiliti dal presente Trattato, il Consiglio:
- provvede al coordinamento delle politiche economiche generali degli Stati membri
- dispone di un potere decisionale
Il Consiglio, dunque, è un organo di Stati, in quanto i membri che lo compongono rappresentano i rispettivi Stati membri. Nella prassi si usa distinguere un Consiglio affari generali in cui siedono i ministri degli affari esteri e i Consigli settoriali che riuniscono i ministri di volta in volta competenti (agricoltura, lavoro, ecc).
La Presidenza del Consiglio spetta a ciascuno Stato membro per la durata di un semestre, secondo un turno stabilito da una deliberazione unanime del Consiglio stesso.
Il Paese che a turno presiede il Consiglio dell’Unione:
- rappresenta il Consiglio in tutte le sedi in cui ciò sia necessario
- convoca il Consiglio o di propria iniziativa (in quanto Stato membro) o su formale richiesta da parte di un altro Stato membro o della Commissione
- cura le relazioni internazionali della Comunità
Nell’esercizio delle sue funzioni il Consiglio è assistito da un Segretariato generale che ne rappresenta il supporto funzionale ed amministrativo. Il Trattato di Amsterdam ha innovato sensibilmente tale organo attribuendo la responsabilità di funzionamento ad un Vice Segretario generale, mentre al Segretario generale ha attribuito la funzione di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza.
L’accrescersi nel tempo della mole del lavoro comunitario, ha fatto sì che con il Trattato di fusione degli esecutivi del 1965 venisse istituito un Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (COREPER).
Il Comitato è costituto dalle rappresentanze diplomatiche presso le comunità ed è “responsabile della preparazione del lavoro del Consiglio e della realizzazione dei compiti che il Consiglio gli assegna”.
Esso, pertanto, provvede a:
- coordinare l’attività di una serie di gruppi di lavoro, formati da esperti dei governi nazionali in relazione a materie specifiche
- predisporre l’agenda e l’ordine del giorno delle riunioni del Consiglio
- organizzare comitati permanenti per la trattazione sistematica di problemi specifici
- adottare decisioni di procedura nei casi previsti dal regolamento interno del Consiglio.
Attribuzioni e poteri
Le funzioni del Consiglio sono indicate nell’art. 202 del Trattato nel quale si enuncia che “ il Consiglio provvede al coordinamento delle politiche economiche generali degli Stati membri, dispone di un potere di decisione, conferisce alla Commissione, negli atti che esso adotta, le competenze di esecuzione delle norme che stabilisce…”.
Al Consiglio è attribuito il potere decisionale in quanto esso costituisce la manifestazione definitiva dell’attività normativa della Comunità.
Il potere di decisone si manifesta principalmente attraverso l’adozione di direttive, regolamenti e decisioni, i principali atti comunitari espressione dell’attività normativa.
Oltre che nell’emanazione degli atti normativi, il potere decisionale del Consiglio si manifesta nella formazione e nell’approvazione del bilancio.
Altra importante funzione del Consiglio è quella di concludere, per conto della Comunità, accordi con Stati terzi dopo la chiusura dei negoziati condotti dalla Commissione.
Infine, al Consiglio spetta una competenza generale a promuovere ricorsi davanti alla Corte di giustizia delle Comunità.
Sistemi di votazione
I sistemi di votazione richiesti nell’ambito del Consiglio si differenziano a seconda degli atti che devono essere adottati. In particolare si distinguono tre sistemi di votazione:
- all’unanimità
- a maggioranza semplice
- a maggioranza qualificata
Votazione all’unanimità
La votazione all’unanimità, che in passato costituiva la regola per le deliberazioni del Consiglio, è stata notevolmente ridimensionata in seguito alle modifiche introdotte dagli ultimi trattati. Tale procedura è ancora prevista per alcune materie quali l’armonizzazione fiscale ed il riavvicinamento delle legislazioni nazionali. La regola dell’unanimità si estende anche alla politica estera e di sicurezza comune, alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e su alcuni aspetti relativi alla cittadinanza europea.
È stabilito che le astensioni dei membri presenti non ostano all’adozione delle deliberazioni del Consiglio per le quali è richiesta l’unanimità; da ciò si evince che “unanimità” nel Consiglio significa assenza di voti negativi e non convergenza di voti tutti positivi.
Votazione a maggioranza semplice
La votazione a maggioranza semplice dei componenti del Consiglio, costituisce la regola per le deliberazioni di questa istituzione.
Per calcolare la maggioranza semplice si prende in considerazione il numero dei membri che compongono il Consiglio e non quello dei presenti alla seduta. In realtà le materie in cui il Consiglio può votare a maggioranza semplice sono estremamente limitate in quanto il trattato prevede quasi sempre procedure diverse, in primis quella a maggioranza qualificata.
Votazione a maggioranza qualificata
Si ha maggioranza qualificata quando sia necessario un certo numero di voti per l’adozione di un atto. I voti di ciascuno Stato membro non hanno però uguale peso, perché le votazioni avvengono con il sistema del voto ponderato, che attribuisce un valore diverso a ciascuno Stato a seconda della sua importanza demografica e politica all’interno della Comunità.
In particolare viene attribuito un numero di voti pari a 10 per Francia, Germania, Italia e Regno Unito ed un numero inferiore agli altri Paesi.Gli atti saranno adottati con 62 voti a favore su 87.
Quando la delibera che il Consiglio deve votare è presa:
- su proposta della Commissione, è sufficiente un maggioranza qualificata (62 voti) dei voti espressi, indipendentemente dal numero di Stati che hanno votato a favore.
Quando, invece, si tratta di votare una delibera per la quale
- non c’è stata la proposta della Commissione, i (62) voti che servono a raggiungere la maggioranza qualificata devono provenire da almeno dieci Stati membri; lo scopo di tale norma è tutelare gli Stati minori.
Il Trattato di Maastricht ha, poi, previsto la maggioranza dei due terzi per l’adozione di alcuni atti. In questo caso l’astensione di uno Stato equivale ad un voto contrario. La mancata votazione, infatti, non provoca alcuna modifica del quorum necessario per adottare l’atto, che resta fissato in 62 voti. Al contrario esso potrebbe risultare rilevante al fine di costituire la minoranza in blocco, vale a dire il numero di voti necessario per impedire l’adozione di un atto da parte del Consiglio.
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