Nuovo anatocismo bancario
Sulla spinta delle associazioni dei consumatori è stato imposto alle banche un nuovo divieto in materia di anatocismo, termine con cui si indica il tipo di conteggio mediante il quale interessi già scaduti producono a loro volta altri interessi (l’anatocismo è dunque il calcolo di interessi su interessi).
E’ previsto infatti nel cosiddetto “decreto banche” (lo stesso in cui sono disciplinati la riforma delle Banche di Credito Cooperativo e la cartolarizzazione dei crediti) il divieto di liquidare gli interessi a debito dei correntisti per periodi inferiori all’anno.
In altre parole le banche potranno addebitare gli interessi ai correntisti solo una volta l’anno, all’inizio di ogni anno e con riferimento al 31 dicembre precedente, e quindi non più con la frequenza trimestrale che le banche hanno sempre utilizzato finora, calcolando gli interessi e contabilizzandoli sui conti correnti in occasione della fine di ciascun trimestre solare.
Tralasciamo per ora il fatto che la nuova disposizione normativa prevede anche una diversa modalità di liquidazione degli interessi a seconda se essi siano a favore del correntista (per saldi attivi del conto) o a suo debito (per saldi negativi): ai correntisti con saldi attivi infatti gli interessi sono accreditati il 1° gennaio, mentre a quelli con saldo passivo gli interessi sono addebitati dopo 60 giorni dalla fine dell’anno e previa apposita autorizzazione all’addebito da parte del correntista (che quindi sembra quasi poter decidere se, come e quando pagare il corrispettivo per il prestito contratto sotto forma di affidamento o sconfinamento di conto corrente).
E’ un po’ come costringere un commerciante a vendere ai clienti facendo credito (a 60 gg.) e comprare dai fornitori in contanti.
E poi ci si lamenta del poco credito che le banche concedono agli operatori! Senza contare i riflessi sulla liquidità bancaria, che risentirà sicuramente dell’intervenuta modifica nella frequenza di liquidazione degli interessi sui conti correnti.
Ma, come dicevamo, per adesso tralasciamo queste modalità operative del divieto sull’anatocismo bancario ed approfondiamo invece le conseguenze e gli aspetti matematici della nuova periodicità di calcolo degli interessi, che da trimestrale diventa annuale, previa una breve sintesi dell’evoluzione nel tempo del fenomeno anatocismo per capire come si è arrivati all’attuale situazione, per molti versi paradossale.
Come si è giunti al nuovo anatocismo bancario
L’accanita lotta all’anatocismo da parte delle associazioni degli utenti bancari è iniziata per effetto della lettura dell’art. 1283 del Codice Civile, il quale, con la sua articolata enunciazione, sembra vietare la produzione di interessi su interessi (sembra, perché in realtà il disposto fa salvi gli usi contrari).
Per vietare quindi alle banche un uso vessatorio della possibilità di calcolare interessi anatocistici è giustamente intervenuta, nel 2000, una normativa ad hoc che ha imposto alle banche la reciprocità nella liquidazione degli interessi, a far data dal calcolo degli interessi contenuto nell’estratto conto di giugno 2000.
In altre parole la normativa del 2000, con una salomonica soluzione che ha contemperato equamente le esigenze di ciascuna parte, ha permesso alle banche di capitalizzare (cioè di contabilizzare sui conti correnti) gli interessi con periodicità anche infrannuale, imponendo però loro di liquidare tali interessi con la stessa frequenza sia che essi siano a credito del correntista, sia che siano a suo debito. Quindi da allora (giugno 2000) la frequenza di calcolo delle competenze bancarie è stata la stessa sia per i correntisti con saldi del conto a loro credito, sia per quelli che invece hanno avuto nel trimestre saldi a debito (vuoi per fidi concessi, vuoi per sconfinamenti del loro saldo liquido). Ciò ha rappresentato un comportamento sostanzialmente oggettivo, perché con questa modalità di conteggio alcuni correntisti ci hanno guadagnato, mentre altri ci hanno rimesso.
Tuttavia tale compromesso non è bastato alle associazioni dei consumatori che hanno continuato ad inveire contro le banche e contro la suddetta forma di capitalizzazione trimestrale, dimenticandosi molto spesso che alla stragrande maggioranza (numerica) di correntisti essa risulta conveniente, in quanto permette loro di poter contare su una disponibilità finanziaria (quella degli interessi a credito) che matura 4 volte l’anno, anziché un’unica volta come avverrà in futuro per effetto della nuova liquidazione degli interessi sui conti bancari.
Addirittura c’è chi ha invocato (e invoca tutt’ora in sede di contenzioso con le banche) l’eliminazione di qualsiasi forma di capitalizzazione degli interessi, che è come dire ad un imprenditore di vendere i suoi prodotti ai clienti per 2 o 3 anni di seguito e farsi pagare tutto alla fine!
Adesso è in dirittura d’arrivo questa ennesima modifica delle norme per tener conto delle lamentele sul presunto anatocismo bancario. Come abbiamo detto le modifiche sostanziali sono sulla frequenza della liquidazione, che da trimestrale diventa annuale, e sulle modalità di accredito e addebito degli interessi, le quali ultime concretizzano una situazione quanto meno paradossale, che di fatto costringe le banche – da un punto di vista pratico – ad una complessa sequenza di attività da svolgere, con il rischio di maggiori costi a carico dei clienti.
Vediamo ora però quali sono le conseguenze della variazione nella periodicità di calcolo degli interessi sui conti correnti.
Le conseguenze della liquidazione annuale degli interessi
La modifica nella capitalizzazione degli interessi da trimestrale ad annuale determinerà un impatto sui bilanci bancari (in particolare sul margine di interesse) che può essere sintetizzato dalla seguente formula matematica riferita all’anno:
differenza interessi = (1 + tasso annuo/4)4 – (1 + tasso annuo)
applicando la suddetta formula si ricava la seguente tabella, che mostra le differenze degli interessi maturati in funzione del tasso annuo praticato:
tasso |
dopo |
dopo |
0,50% |
0,00% |
0,00% |
1,00% |
0,00% |
0,01% |
1,50% |
0,01% |
0,03% |
2,00% |
0,02% |
0,05% |
2,50% |
0,02% |
0,07% |
3,00% |
0,03% |
0,11% |
3,50% |
0,05% |
0,15% |
4,00% |
0,06% |
0,20% |
4,50% |
0,08% |
0,25% |
5,00% |
0,09% |
0,31% |
5,50% |
0,11% |
0,38% |
6,00% |
0,14% |
0,46% |
6,50% |
0,16% |
0,55% |
7,00% |
0,19% |
0,64% |
L’impatto sugli interessi conseguente alla diversa periodicità di liquidazione è rappresentabile anche dal seguente grafico:
Per fare un esempio pratico abbiamo simulato l’impatto della capitalizzazione annuale sui dati di bilancio 2015 di una grande Banca nazionale. Ecco i risultati (valori espressi in milioni di euro):
BANCA |
tasso annuo |
dopo |
dopo |
|
C/C raccolta |
|
1,00% |
11,14 |
34,10 |
C/C impieghi |
|
5,00% |
42,12 |
139,42 |
differenza
|
-30,97
|
-105,32
|
Come si può vedere dalla tabella, la Banca ha una raccolta sotto forma di conti correnti per 296.632 mln di euro ed impieghi sempre in C/C per 44.551 mln di euro. Ipotizzando per semplicità che essa remuneri la raccolta all’1,00% e si faccia pagare le aperture di credito in C/C al 5,00%, avremo che questa grande Banca perderà dopo il primo anno di liquidazione annuale, ovviamente a parità di condizioni, circa 31 milioni di euro, derivanti dalla differenza tra la perdita sugli impieghi (42,12 mln di euro) ed il guadagno sulla raccolta (11,14 mln di euro). Dopo il 3° anno, sempre a parità di condizioni, la perdita per interessi sarà di circa 105 mln di euro.
Conclusioni
Quanto abbiamo finora detto è già molto significativo di quella che è la reale portata di una modifica normativa (l’ennesima) che anziché correggere un sistema, il quale forse non aveva bisogno di essere corretto, contribuisce ulteriormente alla sua distorsione.
La capitalizzazione trimestrale degli interessi, con la condizione della reciprocità, sembrava già essere in grado di andare incontro al cliente bancario, permettendo alle banche di contabilizzare tutti gli interessi – sia a credito, sia a debito del correntista – allo stesso momento (cioè alla fine di ogni trimestre solare), senza complicazioni di sorta.
La modifica normativa che disciplinerà in futuro le liquidazioni degli interessi sui conti correnti bancari provoca invece una forte complicazione in sede di capitalizzazione annuale, per il diverso trattamento dei clienti a credito rispetto a quelli con saldo a debito verso la banca. Al di là della contraddizione di tale asimmetrico comportamento, esso implicherà sicuramente maggiori costi di gestione dei conti correnti, che si riverseranno necessariamente sui clienti.
Inoltre, anche se il passaggio dalla liquidazione trimestrale a quella annuale quantifica un importo netto complessivo a favore del mercato e quindi dei correntisti (come ha dimostrato la simulazione sui dati della grande Banca sopra riportata), in termini strettamente numerici è verosimile che saranno molti di più i clienti bancari insoddisfatti del cambio di periodicità rispetto a quelli che se ne riterranno avvantaggiati. Ciò per la semplice constatazione che i correntisti appartenenti alla raccolta bancaria (cosiddetti clienti “passivi”) sono molti di più di quelli che viceversa utilizzano forme di fido in C/C (cosiddetti clienti “attivi”).
Insomma, per risolvere una volta per tutte le presunte criticità dell’anatocismo bancario, sarebbe forse bastata una modifica al Codice Civile (c.d. “novella”) che affermasse banalmente: “Non sussiste anatocismo sui conti correnti intrattenuti presso le banche a condizione che esse procedano alla liquidazione degli interessi con frequenza ……… nel rispetto della reciprocità, ovvero capitalizzando simultaneamente gli interessi a prescindere dal loro segno contabile”.
Ma forse avere tale guizzo di buon senso è chiedere troppo al nostro legislatore.
Siamo infatti sicuri che l’attuale “soluzione” del problema non rappresenti un punto fermo e definitivo circa la questione dell’anatocismo: tra 10 anni molto probabilmente qualcuno affermerà che anche la liquidazione annuale costituisce una forma di anatocismo (di fatto formalmente lo è) ed allora saranno chieste ulteriori modifiche normative verso la completa eliminazione di qualsiasi tipo di capitalizzazione degli interessi.
Così si potrà prevedere ad es. un pagamento periodico “per cassa” degli interessi o, in alternativa, un unico pagamento finale in contanti al momento dell’estinzione del conto, sperando che il debitore si senta in dovere di portare i contanti in banca per pagare gli interessi sul prestito ricevuto.
Oppure, meglio ancora, le banche potranno finalmente erogare finanziamenti in modo gratuito, senza preoccuparsi di farsi remunerare con gli interessi le somme prestate.
Sull’anatocismo vedi anche i nostri altri articoli:
Anatocismo bancario
Anatocismo e ricalcolo degli interessi sul conto corrente
Programma per calcolare gli interessi sul conto corrente
0 commenti