Tempo fa, complice un lungo viaggio in treno, mi sono ritrovato, non so perché, a pensare alla predisposizione del bilancio di esercizio nelle sue forme canoniche, ma soprattutto al metodo contabile della Partita Doppia con il sistema patrimoniale, tra l’altro raramente usato anche in passato
Sulla scia di questi ricordi mi sono venuti in mente i cosiddetti conti d’ordine, molto trascurati e poco conosciuti, ma da qualcuno tanto amati.
Ma forse un “input” c’era stato: avevo tra le mani un quotidiano sportivo e leggevo di calciatori sotto contratto con una società, ma dati in prestito ad altra società, e quindi mi chiedevo quale fosse la corretta registrazione contabile di simili operazioni irrituali, visto che, con legge n. 91 del 1981, gli atleti professionisti non sono più di proprietà delle società in cui giocano, con la conseguenza che essi non sono più iscrivibili in bilancio come elementi dell’attivo e, in quanto tali, ammortizzati (può far ridere, ma una volta era così).
Escludendo quindi la cessione di contratto, operazione fiscalmente imponibile e da registrare ordinariamente in contabilità, ecco spuntare fuori, appunto, i conti d’ordine.
A questo proposito sono da ricordare i principi generali del bilancio, in particolare quelli della chiarezza e della rappresentazione veritiera e corretta di cui all’art. 2423 c.c. 2°co., nonché l’obbligo di fornire, nella nota integrativa, informazioni complementari, tra le quali, sicuramente, proprio i conti d’ordine, che infatti vengono citati al successivo art. 2424.
Trattandosi di conti di tipo “informativo”, non accolgono tutti quegli eventi in grado di generare costi o ricavi, oppure attività o passività, bensì quelli suscettibili di dar luogo a presunto rischi o vantaggi, derivanti dall’assunzione di impegni di varia natura.
Peraltro i conti d’ordine rimangono tali finché non avvengano variazioni patrimoniali o economiche che ne modificano il presupposto per il quale sono stati contabilizzati.
Non essendo prevista una classificazione rigida per i conti d’ordine, questi si trovano iscritti contabilmente con diciture diverse, spesso anche strampalate, comunque riconducibili al loro scopo principale, che è soprattutto quello di “promemoria”.
Essi infatti rappresentano: i rischi derivanti da un’operazione (p.es. il calciatore dato in prestito, il quale potrebbe infortunarsi), gli impegni presi, il possesso di beni di terzi o propri presso terzi, le eventuali riprese o riserve fiscali, ecc…
Risulta quindi evidente la vaghezza normativa dei conti d’ordine, per carenza di adeguata regolamentazione, anche con riferimento al loro valore, con il risultato che essi danno la sensazione di una “finestra aperta” per eventuali evenienze.
In sostanza questo tipo di conti nasconde sempre qualcosa, cioè accadimenti concreti, capaci in futuro di originare operazioni anche rilevanti, quando non celino direttamente vere e proprie operazioni commerciali.
In altre parole, certi comodati sono veramente comodati o reali contratti a titolo oneroso?
Di esempi se ne potrebbero fare tanti: su tutti, l’aggiudicazione della gara pubblica di appalto in attesa di realizzazione.
A parte questo esempio e quello semiserio del calciatore dato in prestito (solitamente si dice gratuito, ma se è un prestito perché rimarcarlo?), mi viene in mente un fatto realmente accaduto anni or sono, quando esercitavo la professione di Ragioniere Commercialista ed ero membro di un Collegio Sindacale.
Una società “A” (della quale ero Sindaco) era proprietaria di vari lotti edificabili, ma non era intenzionata a costruirvi sopra, bensì a cederli, mentre un’altra società “B” aveva come scopo la costruzione di immobili, ma non possedeva aree edificabili a tal uopo.
Le due società (successivamente scoprii che, guarda caso, erano riconducibili alla stessa persona) trovarono un accordo su queste basi: la soc. “A” cedeva in permuta alla soc. “B” un lotto di terreno, in contropartita quest’ultima si impegnava a cedere, a fronte del terreno ricevuto, una delle unità immobiliari che avrebbe successivamente realizzato sul medesimo terreno, perfezionando così la permuta.
Si tratta, in primo luogo, di una permuta “atipica”, perché da una parte vi è un bene esistente e quindi quantificabile, mentre dall’altra c’è un qualcosa ancora da costruire e pertanto non ancora perfettamente valutabile da un punto di vista economico. Inoltre, se la cessione del terreno può considerarsi un’operazione “tranquilla” e definitiva, sulla costruzione dell’immobile ricade inevitabilmente tutta l’alea di rischio tipica dell’imprenditoria.
Il Notaio chiamato a rogare l’atto procedette senza alcun problema, stipulando un atto di permuta con perfezionamento futuro.
La permuta è equiparata fiscalmente ad un’operazione di compravendita e pertanto, in sede di rogito notarile, furono pagate le imposte ipotecarie e catastali, nonché l’imposta di registro in misura fissa, essendo l’operazione assoggettata ad IVA (c’era un’impresa costruttrice).
Contabilmente parlando, la soc. “A” emise regolare fattura, con addebito della relativa IVA, e contabilizzò il terreno ceduto (in permuta) tra i Ricavi, avente come contropartita, nello Stato Patrimoniale attivo, il credito vantato nei confronti della soc. “B” , credito che poi sarebbe stato stornato, nella voce “Immobili”, al momento della consegna pattuita (e transitando temporaneamente per la voce “Anticipazioni”, conto aperto al momento del ricevimento della fattura di vendita dell’immobile da parte della soc. “B”).
Di contro la soc. “ B” avrebbe dovuto emettere fattura per la vendita, sia pur futura, del bene (l’immobile per essa è come una merce), iscrivendo nei Ricavi l’imponibile fatturato e mettendo quale contropartita il credito vantato, da stornare subito con il terreno acquistato.
Invece il comportamento di quest’ultima è stato quello di contabilizzare la fattura ricevuta dalla soc. “A” come acquisto terreni, portando in detrazione la relativa IVA (e fin qui niente di strano), ma imputando tra i CONTI D’ORDINE la futura consegna dell’immobile, sotto la voce NOSTRI IMPEGNI V/TERZI.
L’omessa emissione di fattura da parte della soc. “B” e la mancata insistenza a richiederla da parte della soc. “A” suscitarono, invero, qualche perplessità.
Tutto ciò fa riflettere, in quanto evidenzia l’abuso che può essere compiuto nell’utilizzo dei conti d’ordine, i quali necessiterebbero quindi, a mio modesto parere, di una regolamentazione più rigida.
E qui il discorso si farebbe molto più lungo, perché l’irritualità contabile dell’operazione prospettata fa emergere altri scenari ben più inquietanti, relativi non solo ad errori di contabilizzazione, ma soprattutto ad ipotesi di operazioni inesistenti, con tutte le infauste conseguenze del caso.
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