Il fallimento e le procedure concorsuali
Una dispensa sul fallimento e le altre procedure concorsuali

da | 28 Mar 2005 | Economia aziendale e Diritto commerciale | 0 commenti

Indice

Introduzione

Quando l’azienda commerciale è in crisi l’imprenditore, le autorità o i creditori possono a seconda dell’intensità, della durata e della frequenza prendere diverse decisioni.

Le procedure concorsuali sottraggono un diritto rilevante: l’autonomia. Le procedure concorsuali sono una serie di procedure nelle quali, con la presenza di un’autorità pubblica, viene regolato il rapporto tra un determinato soggetto ed il complesso dei suoi creditori.

Esistono una pluralità di procedure concorsuali, ma ognuna di esse, anche se in modo diverso, con autorità e soggetti diversi, sottrae all’imprenditore la disponibilità dell’impresa e dei suoi beni, ovvero nomina un soggetto che opera un controllo sull’esercizio dell’attività.

Le procedure concorsuali sono regolate da leggi speciali, la più importante è quella che contiene la disciplina: fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata, e liquidazione coatta amministrativa.

Nelle procedure concorsuali gli organi pubblici intervengono per: governare e controllare le modalità di soddisfacimento di creditori, determinare la destinazione dei beni compresi nel patrimonio.

Con le procedure concorsuali si attua l’esigenza di un controllo sulla gestione e sul potere di disposizione.

Le procedure concorsuali si dividono in amministrative e giudiziarie.

  • Le procedure amministrative: sono disposte e gestite dal Ministro di volta in volta individuato dalle leggi speciali, tali leggi speciali prevedono anche la disciplina da applicare.

    Tali procedure hanno la finalità di risanare o ricollocare le strutture aziendali dell’imprenditore in modo da mantenere la funzionalità.

  • Le procedure giudiziarie: disposte attraverso procedimento dell’autorità giudiziaria, per loro l’art. 1 Legge fallimentare. Indica i soggetti a cui queste si applicano. Hanno cura d’attuare l’estinzione dell’esposizione debitoria, ovvero ripristinare la solvibilità; il tutto attraverso una funzione di carattere gestorio.

Sono esclusi dalle procedure concorsuali, i piccoli imprenditori commerciali con organizzazione minima e reddito scarsamente significativo.

L’artigiano deve possedere i requisiti dell’art. 2083 per evitare di essere assoggettato alle procedure concorsuali, che comunque viene valutata caso per caso.

Il nostro ordinamento tende ad armonizzare i soggetti a cui sono applicabili le procedure concorsuali, il tutto per eliminare la distinzione fra fallimento del soggetto e fallimento dell’impresa, così come la separazione tra imprenditore e professionista.

Le procedure concorsuali coinvolgono tutto il patrimonio, esiste però un caso i cui le procedure concorsuali colpiscono solo il patrimonio aziendale e si tratta del controllo amministrativo per gravi irregolarità nella gestione.

I presupposti per l’assoggettazione alle procedure concorsuali:

  1. stato d’insolvenza
  2. gravi irregolarità di gestione
  3. temporanea difficoltà di adempiere alle obbligazioni

1- Art. 5 legge fallimentare: lo stato d’insolvenza non è solo inadempimento ma riguarda una valutazione del patrimonio del debitore. Inadempimento non è sempre insolvenza, si può avere ATT > PASS, ma non liquidabili immediatamente e ciò porta, anche se involontariamente, ad insolvenza.

Perché si possa applicare l’art. 5 è necessario che lo stato d’insolvenza sia manifestato, cioè se ne abbia conoscenza all’esterno. Ciò fa individuare gli strumenti attraverso i quali l’insolvenza si manifesta.

  • Inadempimenti ai debiti
  • Protesti cambiari
  • Ingiunzioni di pagamento non adempiute.

I presupposti per la dichiarazione di fallimento

  1. Lo stato di insolvenza del debitore;
  2. Il debitore deve essere un imprenditore commerciale privato

La dichiarazione di fallimento è effettuata dal Tribunale del luogo dove ha sede l’impresa su richiesta:

  • dell’imprenditore insolvente; il quale deve fornire le scritture contabili e l’elenco dei creditori
  • di uno o più creditori; anche senza titolo esecutivo ed anche prima della scadenza del credito, ma devono fornire la prova della legittimazione.
  • del Pubblico Ministero che ha verificato lo stato di insolvenza nel corso di un processo penale; anche contro la volontà del tribunale. Può essere anche disposto se nel corso delle indagini risulti la fuga dell’imprenditore insolvente
  • del Tribunale quando lo stato di insolvenza emerge nel corso di un processo civile. Il fallimento d’ufficio può essere dichiarato solo quanto previsto dalla legge fallimentare.

Il Tribunale: della circoscrizione dove ha sede l’impresa:

  • nomina il giudice delegato (organo direttivo e di controllo) ed il curatore (che assisterà il fallito amministrando il patrimonio fallimentare);
  • ordina al fallito di depositare tutti i libri contabili ed i bilanci;
  • invita i creditori a presentare entro un breve termine una domanda contenente l’indicazione delle somme dovute dal fallito e relativi documenti giustificativi;
  • stabilisce la data dell’adunanza per la verificazione dello stato passivo del fallimento.

La sentenza di fallimento è immediatamente esecutiva ed obbliga il debitore a presentare entro 24 ore i bilanci e le scritture contabili, fissa un termine entro il quale i creditori possono presentare domanda di ammissione al passivo e nomina un giudice delegato e un curatore fallimentare.

Il fallito può, inoltre, presentare, entro 15 giorni, un’opposizione, a patto che non sia stato egli stesso a dichiarare il fallimento. In caso l’opposizione sia accettata è disposta la revoca del fallimento.

Gli organi preposti al fallimento sono:

1) Il giudice delegato

Deve essere terzo ed imparziale. Il reclamo contro di lui deve essere presentato entro 3 gg. con decorrenza la data di conoscenza del diretto interessato. Vi è distinzione fra provvedimenti:

  • Ordinatori con i quali nomina i collaboratori ed i curatori, vale il termine dei 3gg. poi diventa esecutivo
  • Decisori il reclamo avviene con i termini previsti per i provvedimenti emessi in camera di consiglio 10gg.

Il Giudice Delegato ha poteri di vigilanza e di indirizzo della procedura. Egli ha un diretto contatto con il curatore sulla cui opera vigila. Egli ha tra l’altro i seguenti compiti: riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto u provvedimento di questo; emette provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio; convoca il comitato dei creditori; autorizza il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto ed a compiere atti di straordinaria amministrazione sul patrimonio fallimentare …….

2) Il curatore

È in genere un libero professionista iscritto all’albo degli avvocati o dei procuratori, o dei dottori commercialisti, ma può anche essere solo un esperto. Egli è nominato dal tribunale ed ha poteri di amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del Giudice Delegato.

Tale figura è unipersonale ma può avere dei collaboratori nominati dal Giudice Delegato o farsi sostituire per singoli atti su autorizzazione del Giudice Delegato.

Ogni atto che il curatore compie deve essere preventivamente autorizzato dal Giudice Delegato al quale egli relaziona. Nei confronti del curatore può essere esperita un’accusa di responsabilità da parte del tribunale e dei creditori, ma solo dopo la revoca dell’incarico; tale azione sussiste anche nei casi in cui abbia avuto regolare autorizzazione dal Giudice Delegato. Il curatore può rifiutare la nomina solo per giusti motivi ed ha diritto ad un compenso in quanto libero professionista.

3) Il comitato dei creditori

È nominato dal giudice delegato, rappresenta il ceto creditorio non nei suoi interessi particolari, ma nel suoi insieme come espressione del credito in generale. Tale organo è nominato in via ordinaria dopo l’accertamento dello stato d’insolvenza, ma anche preliminarmente per esigenze particolari.

È composto da 3 o 5 persone; ha una funzione di controllo ed una funzione consultiva. In qualsiasi momento il giudice delegato può sostituire uno o più membri del comitato.

Gli effetti del fallimento per il fallito

Il fallito viene iscritto nel pubblico registro dei falliti ciò comporta per lui l’assoggettamento ad alcune incapacità e a determinate limitazioni della libertà personale quali:

  • non può essere amministratore né sindaco di società commerciali;
  • non può iscriversi nel registro degli esercenti il commercio;
  • non può cambiare residenza senza il permesso del giudice delegato;
  • deve permettere al curatore di verificare tutta la sua corrispondenza;
  • deve rimanere a disposizione.

Perde l’amministrazione e la disponibilità dei beni compresi quelli acquisiti durante la procedura fallimentare.

Gli effetti del fallimento per i creditori

I creditori non possono iniziare o continuare, dal giorno della dichiarazione di fallimento, azioni esecutive nei confronti del fallito. Il patrimonio è completamente affidato alla procedura che ne disporrà la misura ad essi più idonea. L’unica strada per far valere i propri diritti è la domanda d’ammissione al passivo rivolta al giudice delegato; ciò vale sia per i creditori antecedenti che posteriori alla dichiarazione. I creditori chirografi non producono più interessi ai fini della massa, ma quelli privilegiati si fino a che i beni oggetti della garanzia non siano stati venduti.

Chiuso il fallimento il creditore potrà far valere nei confronti del passivo anche eventuali interessi, sempre che il fallito acquisisca nuovo patrimonio.

Tutti i creditori anteriori alla dichiarazione devono sottostare al principio della proporzionalità di soddisfazione, a meno che non abbia diritti di garanzia.

Se esistono posizioni di credito e debito comuni ad un solo soggetto si possono compensare in via privilegiata i diritti scaturenti.

Reati commessi dal fallito

Il fallimento di per sé non è un reato ma se lo stato di insolvenza dipende da colpe o da luogo a fatti dolosi possono sorgere diverse figure di reato:

  • bancarotta semplice quando l’imprenditore non ha tenuto o ha tenuto in modo irregolare i libri e le scritture contabili prescritte dalla legge;
  • bancarotta fraudolenta quando l’imprenditore ha distrutto o sottratto o falsificato i libri e le altre scritture contabili allo scopo di procurare a se stesso o ad altri un profitto ingiusto recando danno ai creditori; oppure ha distrutto, nascosto o dissipato i suoi beni.

Chiusura del fallimento e riabilitazione del fallito

Essa viene dichiarata con decreto motivato del Tribunale. I fatti che danno luogo alla chiusura del fallimento sono:

  • la liquidazione dell’attivo;
  • l’avvenuta estinzione di tutti i debiti;
  • la mancata presentazione di domande da parte dei creditori;
  • l’insufficienza dell’attivo.

Il fallito ha la possibilità di proporre ai creditori un concordato con il quale propone di pagare integralmente i creditori privilegiati e una percentuale di quelli chirografari. Se la maggioranza dei creditori accetta la proposta il Tribunale procede alla omologazione del concordato.

Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio ma non quelli relativi alle capacità personali che vengono eliminate solo con la sentenza di riabilitazione civile che il Tribunale, su domanda del fallito, può pronunciare quando il fallito:

  • abbia soddisfatto tutti i creditori ammessi al fallimento;
  • abbia mantenuto gli impegni presi con il concordato;
  • abbia dato prova di buona condotta per un periodo di almeno 5 anni dalla chiusura del fallimento.

Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori. L’azione revocatoria

L’art. 2740 c.c prevede cha il debitore risponda dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti I suoi beni presenti e futuri.

L’azione revocatoria ordinaria, che è una azione che pone equilibrio fra interessi del creditore e libera circolazione dei beni, può essere esercitata dal singolo creditore il quale teme di perdere la garanzia del proprio credito.

Al creditore in tal caso incombe di provare che:

  1. il titolo del proprio credito è sorto prima che il debitore abbia compiuto l’atto di disposizione
  2. il debitore sia stato consapevole di pregiudicare il creditore con tale atto
  3. nel caso l’atto posto in essere sia a titolo oneroso anche il terzo sia stato consapevole di tale pregiudizio.

Tale azione può essere esercitata nel quinquennio dalla data di compimento dell’atto.

Nel fallimento viene utilizzato un identico meccanismo, il cui esercizio è però affidato al curatore il quale tra l’altro è esonerato dal dover provare le circostanze costitutive dell’azione.

Vi sono 2 teorie contrapposte:

  1. teoria indennitaria: suppone che vi sia la necessità di evitare che gli effetti di un atto pregiudizievole sulla massa dei creditori torni a vantaggio si uno solo di essi e tende quindi a rendere inopponibili alla massa solo gli atti che abbiano recato pregiudizio.
  2. teoria antindennitaria: comporta che tutti gli atti compiuti nell’arco temporale previsto dalla legge siano alla stessa in opponibili.

    La teoria più seguita è quella indennitaria.

L’azione revocatoria colpisce il comportamento che modificando la struttura del patrimonio, renda meno agevolo o meno sicuro il soddisfacimento del credito o attribuisca ad uno o più creditori una posizione di vantaggio rispetto agli altri.

L’azione non colpisce la validità dell’atto bensì incide sulla sua efficacia. Così per esempio la vendita di un bene resta paralizzata nei suoi effetti nei confronti della massa di creditori, nel senso che il bene può essere ancora compreso nel patrimonio del debitore. Tale situazione configura l’inopponibilità degli effetti traslativi ai creditori.

La revocatoria può colpire atti posti in essere nel biennio o nell’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento, quando ricorrono determinati presupposti. Da precisare che il termine temporale non decorre dalla data di dichiarazione della sentenza, bensì dalla data di ammissione del debitore a dette procedure.

È importante determinare, ai fini dell’azione, se si tratta di atti:

  • a titolo gratuito: sono privi d’effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità. Sono a titolo gratuito quegli atti nei quali il patrimonio del debitore subisce un sacrificio senza alcun corrispettivo.
  • a titolo oneroso: per questi sono previste due diverse discipline a seconda che si tratti di atti c.d. anormali ed atti c.d normali di gestione. L’azione è proposta dal curatore e tende a far dichiarare in opponibili alla massa taluni atti.
    • Per gli atti c.d. anormali una volta che il curatore abbia fornito la prova della loro esistenza e del loro compimento nei 2 anni precedenti la dichiarazione, la sua domanda sarà accolta a meno che il terzo non dimostri di non essere a conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore al momento dell’atto. Tali atti sono:
      • Atti a titolo oneroso compiuti nel biennio precedente in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni prese sorpassano notevolmente ciò che a lui è stato dato o promesso. Colpisce tutti gli atti che presentano gravi sproporzioni (20-30% di scostamento dai valori di mercato).
      • Atti estintivi di debiti scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento.
      • I pegni, le anticresi, le ipoteche volontarie costituite nel biennio precedente per debiti non scaduti. Cioè se il fallito ha prestato garanzia nell’interesse di un terzo, non troverà applicazione questa norma, ma si dovrà valutare se egli abbia ricevuto o meno un corrispettivo.
      • I pegni, le anticresi, le ipoteche volontarie e le ipoteche giudiziarie costituite entro l’anno precedente la dichiarazione per debiti scaduti.
    • Per atti c.d. normali di gestione spetta al curatore fornire la prova che il terzo fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza al momento del compimento dell’atto. Sono revocati, sempre che il curatore lo provi, i pagamenti di debiti scaduti, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di diritto di prelazione, se costituiti entro l’anno precedente alla dichiarazione.

Sono esclusi dalla revocatoria:

  • I pagamenti d’imposte sui redditi
  • Il pagamento della cambiale, fatto a chi deve per forza accettarlo per non perdere l’azione di regresso. L’ultimo obbligato di regresso che ha girato o tratto la cambiale, deve consegnare l’importo al curatore.
  • Pagamenti compiuti dal debitore ceduto al cessionario. L’azione può essere proposta nei confronti del cedente, nel caso in cui il curatore provi che egli fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza

Sono a titolo oneroso quegli atti per i quali al sacrificio del debitore, corrisponde un vantaggio acquisito dal suo patrimonio.

Nel caso venga accolta la domanda in revocatoria proposta dal curatore:

  1. se è revocato un rapporto a prestazioni corrispettive, il terzo deve restituire il bene ricevuto e, su sua domanda, può essere ammesso al passivo.
  2. se è revocato un atto costitutivo di prelazione, il credito relativo sarà ammesso al passivo come chirografo.
  3. se è revocato un pagamento, il soggetto che lo aveva ricevuto, lo deve restituire eventualmente con gli interessi decorrenti dalla data della domanda giudiziale, e potrà chiedere di essere ammesso al passivo per la somma di cui era originariamente creditore.

Non è ammessa compensazione tra il debito di restituzione al fallimento ed il credito che dovrà essere riconosciuto.

Per la prova è sempre necessario un atto di data certa. La prescrizione per la revocatoria è di 5 anni che decorrono:

  • se ordinaria dal compimento dell’atto
  • se fallimentare dalla dichiarazione di fallimento

Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti

La Legge fallimentare detta una disciplina speciale per alcuni rapporti tipici. Si possono avere 3 possibilità per i rapporti:

  • sospensione
  • scioglimento
  • prosecuzione

Tali elementi non costituiscono disciplina generale, ma sono tratti dalle legislazioni speciali tipiche per ogni tipo di contratto.

I contratti tipici hanno una loro espressa disciplina del codice civile.

I contratti atipici nascono dalla contrattazione autonoma privata, ed anche se non disciplinati dal codice i loro interessi sono comunque meritevoli di tutela.

La problematica riguarda i rapporti sorti prima della dichiarazione che non abbiano avuto completa esecuzione.

COMPRAVENDITA

Si deve distinguere fra fallimento del compratore o del venditore.

  • Il fallimento del venditore implica che se la cosa venduta è già passata nella proprietà del compratore, non si sciogli il contratto, cioè il fallimento deve consegnare il bene e il compratore ne pagherà il prezzo. Qualora la cosa venduta non è stata ancora divenuta di proprietà del compratore allora si ha la conclusione del contratto o l’esecuzione. Se il compratore ha già adempiuto in tutto o in parte alla prestazione ha diritto ad essere ammesso al passivo.
  • Il fallimento del compratore, in questo caso è prevista la possibilità di adempiere la propria prestazione, nell’ambito del fallimento.

    Se nessuna delle parti ha adempiuto, allora il contratto si scioglie. Se il venditore non intende far valer alcun diritto, il contratto rimane sospeso, fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del giudice delegato, dichiari di subentrare in luogo del fallito nel contratto, ovvero dichiari di sciogliersi dal medesimo.

Opposizioni, impugnazioni

I creditori esclusi in tutto o in parte, o ammessi con riserva, possono proporre, con l’assistenza di un avvocato, opposizione al G.D. entro 15gg dalla ricezione della comunicazione.

A seguito dell’opposizione, il G.D. fissa l’udienza di comparizione innanzi a sé e da un termine per la notifica del ricorso al curatore. Il creditore deve notificare al curatore e costituirsi in giudizio almeno 5 gg prima dell’udienza fissata. Se il creditore non si costituisce nei termini stabiliti, l’opposizione si reputa abbandonata.

Sul creditore incombe l’onere della prova dell’opponibilità del credito.

Finché c’è attivo da ripartire, possono essere presentate domande tardive d’ammissione al passivo. È necessaria l’assistenza di un avvocato; anche in questo caso il creditore deve costituirsi in giudizio almeno 5 gg. prima.

In conclusione lo stato passivo depositato in cancelleria e reso esecutivo dal G.D. è definitivo ed immodificabile.

Le procedure concorsuali volontarie

Il concordato preventivo

Il concordato preventivo consente all’imprenditore meritevole in stato di insolvenza, di evitare il fallimento a patto del pieno soddisfacimento dei creditori privilegiati e del riconoscimento di una percentuale minima del 40% ai creditori chirografi nel rispetto della par condicio creditorum.

L’art 160 LF stabilisce quali sono i presupposti necessari per l’accesso a tale procedura:

  • iscrizione nel registro delle imprese da almeno un biennio, o dall’inizio della attività se inferiore;
  • aver tenuto regolare contabilità per pari durata, sia sotto l’aspetto formale che sostanziale;
  • non essere stato dichiarato fallito o ammesso ad analoga procedura di concordato preventivo nei cinque anni precedenti;
  • non avere subito condanne per bancarotta, o per delitto contro il patrimonio, la fede pubblica, l’economia, l’industria o il commercio.

Accertata l’esistenza di detti presupposti soggettivi, la proposta di concordato può essere presentata secondo una delle due seguenti forme:

  • Concordato con garanzia – il debitore offre serie garanzie reali o personali per il pagamento integrale dei crediti privilegiati e nella misura di almeno il 40% dei creditori chirografi entro sei mesi dalla omologazione del concordato, o con maggior dilazione riconoscendo gli interessi legali.
  • Concordato con gestione dei beni – il debitore mette a disposizione dei creditori tutti i beni esistenti nel suo patrimonio alla data della proposta di concordato, purché la valutazione di tali beni faccia fondatamente ritenere che i creditori privilegiati possano essere soddisfatti integralmente e nella misura di almeno il 40% dei creditori chirografi.

L’amministrazione controllata

Ha finalità moratoria e riorganizzativa. Serve per prestare soccorso alle imprese che si trovano in una temporanea incapacità di adempiere alle obbligazioni, la quale deve essere risanata entro 2 anni.

Importante è quindi la possibilità di risanamento, si deve predisporre un programma di risanamento con validità economica e finanziaria.

Se il tribunale ammette la domanda, fa votare i creditori (almeno 50%+1 deve essere d’accordo per accettare la domanda) se la procedura non ha successo allora si arriva al concordato preventivo o al fallimento.

Nel corso della procedura:

  • Il debitore conserva l’amministrazione dei beni sotto il controllo del G.D., ma il tribunale può sostituire il debitore con il commissario giudiziale.
  • All’amministrazione controllata ed al concordato preventivo la giurisprudenza applica il principio di consecuzione delle procedure.Amministrazione controllata

    • per difficoltà temporanee;

    • si basa su un accordo con i creditori che autorizzano pagamenti dilazionati;

    • l’esercizio dell’impresa è conservato dal debitore;

    • l’amministrazione dei beni è controllata da un commissario giudiziale o dal comitato dei creditori

La liquidazione coatta amministrativa

Si applica solo alle imprese sottoposte al controllo dello Stato. La caratteristica della liquidazione coatta amministrativa è la maggiore libertà nella liquidazione dell’attivo.

Non vi sono vincoli per l’esecuzione della procedure ordinaria. La finalità della liquidazione coatta amministrativa è evitare che la liquidazione dell’impresa possa influire sul sistema dove questa agisce.

Successivamente si propone il piano di ripartizione dell’attivo. La liquidazione coatta amministrativa si può chiudere anche con concordato, ma questo deve essere omologato dal tribunale.

La liquidazione coatta amministrativa è una procedura liquidatoria nel senso che tende a sottrarre l’azienda all’imprenditore per la quale tenta una riallocazione (vendita in blocco) che garantisca il mantenimento dei posti di lavoro.

È una procedura selettiva che si applica solo a talune imprese che hanno determinati requisiti.

L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi

Tale procedura è recente, introdotta nel 79, per evitare l’assoggettamento al fallimento di imprese con particolari caratteristiche

  • n° dipendenti maggiore 200 unità
  • particolare rapporto debito/patrimonio nonché entità dei debiti.

Infatti applicare il fallimento a queste imprese, causerebbe problemi di natura economica e sociale.

Caratteristica di questa procedura è la persecuzione dell’attività con la redazione di un piano di risanamento della struttura aziendale.

La spinta alla sua modifica (del 1998) è venuta dal dubbio che alcune previsioni della stessa potessero configurarsi come “aiuti di stato” illegittimi se attuati fuori dai casi previsti dalle direttive dell’UE.

Tale disciplina riguarda la grande impresa commerciale, la quale deve essere insolvente.

Il tribunale può:

  • decidere che l’azienda non è assoggettabile a tale procedimento e quindi dichiarare il fallimento
  • dichiarare idonea e quindi dare apertura alla procedura, dettando gli opportuni provvedimenti per la prosecuzione d’impresa la cui gestione è affidata al commissario giudiziale. Contro tali decreti si può opporre reclamo entro 15gg dalla comunicazione o affissione.

Effetti della procedura

Sono vietate tutte le azioni esecutive individuali per fare in modo che non si turbi il procedimento. C’è la possibilità di esercitare azione revocatoria solo nel caso di liquidazione dei beni, ma non nel caso della ristrutturazione.

Il tribunale effettua una valutazione asettica. I commissari devono predisporre un programma d’attuazione della procedura, che deve essere approvato dall’autorità amministrativa e attuato dai commissari.

Se il programma non è predisposto o non è realizzabile, i commissari devono darne notizia agli interessati ed il tribunale si attiva per la dichiarazione di fallimento.

Se invece il programma si approva ma non lo si riesce ad attuare, la procedura passa da amministrazione straordinaria a fallimento.

La chiusura della procedura

La chiusura della procedura si può avere per diverse ragioni. La procedura amministrativa è vista come procedura che sacrifica gli interessi dei creditori per finalità d’interesse generale – sicurezza di risanamento – ciò implica che la procedura si chiude nel momento in cui i creditori vengono soddisfatti.

Anche questa procedura può chiudersi con concordato, ma con un elemento innovativo che consiste nel fatto che la proposta di concordato può provenire anche da un terzo esterno.

Con la riforma ritorna l’amministrazione straordinaria la disciplina dei gruppi d’imprese => preoccupazione: evitare che i creditori di un’impresa subiscano pregiudizio a vantaggio di creditori di altre imprese del gruppo.

Si tende a riequilibrare gli squilibri. La società gruppo deve essere sottoposta alle procedure che si applicheranno anche a tutte le altre imprese appartenenti.

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