Libera concorrenza e consorzi d'impresa
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Nel nostro paese vige il principio del libero mercato e quindi abbiamo un’organizzazione economica caratterizzata dalla libertà di concorrenza. Questo importante principio è addirittura sancito dalla Carta costituzionale all’art. 41, 1° comma: “l’iniziativa economica privata è libera”.
La libertà d’iniziativa economica è fondamentale perché contraddistingue un regime di mercato libero o capitalistico (tipico delle economie occidentali), dai tipi di mercato cosiddetti collettivistici o pubblici (tipici dei paesi dell’est europeo, almeno fino alla caduta del muro di Berlino).
In realtà la libertà di mercato trova nel nostro paese dei forti limiti nell’esistenza di monopoli legali (v. lezione 5), nonché nella necessità di autorizzazioni per l’esercizio di alcune imprese e nella previsione di severi controlli da parte della Pubblica Amministrazione.
Una grossa limitazione alla libera concorrenza è infine attribuibile ai diritti di privativa che, come vedremo nella prossima lezione, attribuiscono delle esclusività ad alcuni imprenditori a danno di altri.
Appunto perché il principio base è quello della libertà di concorrenza, sia pure con i vincoli sopra accennati, l’ordinamento giuridico si preoccupa di punire quegli atti imprenditoriali dai quali possono derivare danni economici alle altre imprese concorrenti. Questi atti vietati e sanzionati dal CC sono chiamati atti di concorrenza sleale.
E’ invece ricompresa nel concetto di libera concorrenza la possibilità, da parte di due o più imprenditori, di porre in essere tra di loro degli accordi, finalizzati alla disciplina o allo svolgimento di particolari fasi delle rispettive imprese (art. 2602 CC).
Questi contratti fra imprenditori prendono il nome di Consorzi e il fine ultimo di essi è certamente la realizzazione di maggiori profitti, attraverso l’unione delle risorse a disposizione delle imprese coinvolte nel Consorzio.
Per questo essi sono sottoposti a particolari controlli da parte dell’autorità governativa. Tali controlli si esplicano sia in fase di costituzione, quando occorre l’approvazione del contratto di consorzio, se esso è suscettibile di influire sul mercato generale dei beni. Sia in fase di gestione, quando l’autorità governativa può sciogliere gli organi del consorzio o addirittura il consorzio stesso, se l’attività esercitata risulta non conforme agli scopi per i quali esso era stato costituito.
Abbiamo diversi tipi di consorzi:
Consorzi d’impresa
Il contratto di consorzio è definito all’art. 2602 CC come quel contratto nel quale più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.
Società consortili – anche le società commerciali (Snc, Sas, SpA, ecc.) possono avere come oggetto sociale gli scopi sopra esposti.
Gli imprenditori firmatari del contratto creano dunque una organizzazione destinata a regolamentare una certa fase produttiva (si pensi ai consorzi di contingentamento, in cui si fissano le quote massime di produzione o di scambio delle imprese partecipanti) o destinata addirittura all’esercizio in comune di una certa fase produttiva o commerciale (si pensi ai consorzi di distribuzione, in cui i prodotti di imprese diverse vengono trasportati e venduti utilizzando lo stesso canale di distribuzione).
Il contratto con cui nasce il consorzio (che deve essere sempre per iscritto, pena la nullità) deve contenere, oltre tutti gli elementi identificativi del consorzio stesso, le seguenti indicazioni essenziali:
• I contributi dovuti dai consorziati
• Gli obblighi assunti dai consorziati
• Gli organi del consorzio con i poteri ad essi attribuiti
• Le condizioni per l’ammissione di nuovi consorziati, così come le cause di recesso ed esclusione dei vecchi consorziati
• Le sanzioni per inadempimento a carico dei consorziati
La durata del consorzio, se non stabilita dal contratto, è di 10 anni.
Le controversie dei consorziati riguardo il pagamento dei contributi, le deliberazioni degli organi consortili e tutte le altre questioni del consorzio, possono essere demandate dal contratto al giudizio di uno o più arbitri, le cui decisioni sono impugnabili di fronte all’autorità giudiziaria entro 30 giorni.
Le deliberazioni consortili sono prese col voto della maggioranza dei consorziati (o con la maggioranza prevista dal contratto), nell’ambito degli organi consortili prestabiliti, i cui partecipanti rispondono verso i consorziati secondo le regole del mandato.
Per la modificazione del contratto è invece necessaria, secondo le regole generali dei contratti, l’unanimità di consenso dei consorziati, ma il contratto anche qui può prevedere diversamente (per. es. una decisione a maggioranza).
Nei casi prestabiliti in cui un consorziato se ne va per recesso o per esclusione, la sua quota di partecipazione accresce proporzionalmente quella degli altri partecipanti al consorzio.
Se il contratto non dice niente il trasferimento dell’azienda di un consorziato fa subentrare di diritto l’acquirente nel consorzio, ma gli altri consorziati possono deliberare la sua esclusione, entro un mese dalla notizia, qualora esista una giusta causa ed il trasferimento d’azienda sia avvenuto per atto tra vivi.
Per quanto riguarda le cause di scioglimento, oltre quelle previste dal contratto e quelle consuete di cessazione (raggiungimento dell’oggetto, impossibilità a raggiungerlo, decorso del termine, ecc.), sono da segnalare le seguenti che sono caratteristiche del consorzio:
• Provvedimento dell’autorità governativa, nei casi stabiliti dalla legge
• Volontà unanime dei consorziati (questa causa è implicita in quello che abbiamo detto a proposito delle modifiche del contratto)
• Deliberazione a maggioranza dei partecipanti, se c’è una giusta causa
Consorzi con attività esterna
Quando l’organizzazione comune posta in essere con il consorzio svolge un’attività di rilevanza esterna (con i terzi), diventa obbligatoria la pubblicità che si attua con l’iscrizione nel Registro imprese. A tal fine gli amministratori sono tenuti a depositare un estratto del contratto di consorzio (così come le sue eventuali modificazioni) presso il registro stesso e questo estratto dovrà contenere tutti i consueti elementi necessari per identificare il consorzio ed i suoi rappresentanti.
Fondo consortile
Il fondo consortile, ossia il capitale del consorzio, è formato dai contributi versati dai partecipanti e dai beni comprati con questi contributi. Il fondo, per tutta la durata del consorzio, non è divisibile fra i consorziati e i creditori particolari di questi non possono far valere i loro diritti sul fondo.
Responsabilità per le obbligazioni
Per le obbligazioni assunte in nome del consorzio risponde esclusivamente il consorzio con il suo fondo (non il patrimonio delle imprese consorziate).
Per le obbligazioni assunte dagli organi consortili per conto dei singoli consorziati rispondono in solido il fondo ed i singoli consorziati con il loro patrimonio.
C’è dunque una forma di autonomia patrimoniale del fondo consortile di fronte alle obbligazioni del consorzio, che però conosce un limite nel caso di debiti contratti dagli organi del consorzio per conto di alcuni consorziati. In questa circostanza alla responsabilità del fondo si aggiunge la responsabilità dei singoli consorziati, nell’interesse dei quali il consorzio ha agito.
Consorzi obbligatori
In alcuni casi può essere opportuna, per esigenze legate all’organizzazione della produzione, la costituzione di consorzi obbligatori o la trasformazione in obbligatori di consorzi volontariamente costituiti.
A ciò si provvede con una disposizione dell’autorità governativa, che impone la costituzione del consorzio ad imprese esercenti la stessa attività economica o attività economiche tra loro similari. In genere la disposizione governativa riguarda zone geografiche ben determinate.
Un esempio di consorzio obbligatorio è quello previsto per l’ammasso di prodotti agricoli.
Atti di concorrenza sleale
A tutela della concorrenza è punito chi compie i seguenti atti considerati sleali dall’ordinamento giuridico rispetto alle altre imprese sul mercato:
• Uso di nomi o segni distintivi idonei a generare confusione con i nomi o segni distintivi utilizzati legittimamente da altri imprenditori
• Imitazione dei prodotti dei concorrenti o compimento di qualunque atto in grado di generare confusione con i prodotti dei concorrenti
• Diffusione di notizie sui prodotti o sull’attività di un concorrente in modo tale da danneggiarlo
• Appropriazione indebita dei pregi riguardanti l’attività o i prodotti di altri imprenditori
• Utilizzo in modo diretto o indiretto di qualsiasi altro mezzo non rispondente alla correttezza professionale e lesivo dell’altrui azienda
Una volta accertato con sentenza l’atto di concorrenza sleale, il giudice ne impedisce la continuazione e provvede, se possibile, a dare le disposizioni necessarie ad eliminare gli effetti dell’atto. Condanna inoltre l’autore al risarcimento del danno se l’atto sleale è stato compiuto con dolo o con colpa. L’onere di provare che non c’è stata colpa grava sull’autore, perché essa si presume con la sentenza che accerta la concorrenza sleale.
Associazioni professionali e di categoria
L’art. 2601 del CC è molto importante perché, insieme ad altri pochi articoli contenuti nel nostro ordinamento civilistico, legittima le associazioni professionali e di categoria, cioè quelle associaz. che tutelano gli interessi di una particolare categoria economica (imprenditori, consumatori, malati, utenti, ecc), a promuovere l’azione di repressione della concorrenza sleale davanti al tribunale. L’unico elemento che deve dimostrare l’associazione di categoria per poter agire è il pregiudizio degli interessi delle persone che la stessa difende.
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