Inquinamento fiscale
Un articolo sull'inquinamento fiscale del bilancio d'esercizio

da | 3 Mar 2005 | Economia aziendale e Diritto commerciale | 0 commenti

Molto spesso dalle pagine di questo sito abbiamo lanciato l’allarme riguardo l’inquinamento fiscale operato sul Bilancio delle imprese ed i conseguenti abusi effettuati dagli operatori, in nome della (falsa) prevalenza della norma fiscale su quella civile, a danno di tutti i “lettori” del Bilancio e delle informazioni, necessariamente distorte, che da questo provengono.

In particolare, avevamo espressamente criticato l’insana abitudine di operare valutazioni esclusivamente fiscali, anche quando queste valutazioni potevano benissimo essere operate prescindendo completamente dalle regole fiscali ed applicando invece, nel rispetto della prioritaria legge civilistica, i criteri contabili e di competenza economica. La conseguenza, inevitabile, era quella di fornire nel documento di Bilancio un’informazione errata, ingannevole e fuorviante della reale situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’Impresa, che il Bilancio dovrebbe, invece, esattamente descrivere. Non solo, ma una siffatta applicazione della normativa fiscale configurava, talvolta, anche prima della recente riforma disinquinante di cui diremo, un vero e proprio comportamento illegale, in quanto decisamente contrario alla Legge civilistica, che era e rimane l’unica fonte ufficiale delle regole di valutazione per le poste in Bilancio.

Tracce di questi aberranti comportamenti si possono rinvenire leggendo nell’impianto contabile, dal quale si ricava il Bilancio d’esercizio, voci come:

  • “svalutazione crediti” di importo molto elevato e non giustificato dall’effettiva perdita sui crediti in portafoglio;
  • “ammortamenti” elevati e riguardanti beni che scompaiono in breve tempo dal documento di Bilancio, come se avessero cessato d’esistere nell’Impresa, anche laddove essi continuano invece a svolgere appieno le loro funzioni;
  • “manutenzioni ordinarie d’ammortizzare”, che rappresentano un illogico tecnico-giuridico;
  • “cespiti di valore inferiore al milione (di vecchie lire)”, che non hanno nessun giustificativo economico per esistere in Bilancio;
  • “oneri indeducibili”, con i quali si tocca l’apogeo della follia contabile ed il massimo inquinamento fiscale del Bilancio.

Ora tutto questo finirà, almeno si spera, grazie al combinato disposto del D. Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 (decreto IRES) e del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (riforma del diritto societario), che ha eliminato le interferenze fiscali nel Bilancio, a partire da quello riguardante l’anno 2004, operando un concreto disinquinamento dello stesso da tutte le valutazioni non dettate da ragioni economico-aziendali.

“Gli ammortamenti dei beni materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli accantonamenti sono deducibili se in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi…” (nuovo art. 109, comma 4, lett. b), del TUIR).

Con queste poche parole si è finalmente svincolata la deducibilità dei costi fiscali d’Impresa dalla necessità di transitare nel Conto Economico, sancendo pertanto la conseguente completa autonomia del reddito d’impresa (economico) da quello imponibile di carattere fiscale. Adesso, non si deve più partire dal cosiddetto reddito civilistico per arrivare al reddito imponibile, attraverso la somma algebrica delle variazioni in aumento (c.d. riprese fiscali) ed in diminuzione. Esisteranno un unico reddito, quello legale di natura civilistica, ed un valore imponibile sul quale si calcoleranno le imposte, in sede di dichiarazione dei redditi. Tra di essi non ci sarà più alcun legame e nessun rapporto di dipendenza.

Per la nuova normativa, il Bilancio che contiene voci quantificate con l’applicazione delle regole fiscali, è addirittura impugnabile, ovviamente quando queste siano in contrasto (come spesso accade) con i principi contabili ed i presupposti economici. Esemplificando, l’applicazione delle aliquote fiscali agli ammortamenti, senza considerare l’effettiva durata dei beni cui gli ammortamenti si riferiscono, potrebbe comportare la sussistenza di una causa per l’impugnativa del Bilancio. A supporto di ciò è significativo il passaggio contenuto nella relazione al decreto citato, che impone l’obbligo alle Imprese affinché i “rendiconti economici e patrimoniali (Bilanci, ndr) siano redatti in ottemperanza alle disposizioni del Codice Civile, in quanto uniche disposizioni in materia”.

Per completezza d’informazione, riportiamo la modalità di tassazione disciplinata sempre dal nuovo art. 109, comma 4, lett. b), del TUIR: “In caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili di esercizio (…) concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto, diverse dalla riserva legale, e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a Conto Economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti”.

A questo punto, prima di concludere, ci sembra necessario accennare ad un problema di diritto contabile transitorio riguardante le cosiddette interferenze (con il Bilancio d’esercizio) fiscali pregresse. Abbiamo detto che la nuova disciplina del disinquinamento fiscale di Bilancio si applica a decorrere dall’esercizio 2004, quindi nella redazione del Bilancio operata nei primi mesi del 2005. Ma le interferenze fiscali sui Bilanci degli anni precedenti si sono riflesse non solo sul Conto Economico, ma anche sullo Stato Patrimoniale, comportando l’inquinamento di quest’ultimo con effetto pure sugli anni futuri per lo stesso prospetto di Bilancio. L’eliminazione dell’inquinamento, voluto dalla nuova disciplina contabile, impone pertanto innanzitutto di rettificare le eccedenze valutative presenti nelle poste dello Stato Patrimoniale, ed in particolare nelle voci patrimoniali per le quali è stata data espressa indicazione nella Nota Integrativa dell’inesistenza, per esse, di giustificazione civilistica e della loro iscrizione in Bilancio per motivi esclusivamente fiscali.

Esemplificando, ipotizziamo che il Fondo rischi su crediti presenti un valore di € 1.000,00 , corrispondente al valore massimo deducibile in base alle regole fiscali, mentre il valore economico del Fondo, coerente con gli unici criteri che contano, quelli civilistici, sia di € 550,00.

Bisognerà effettuare una scrittura di rettifica per riportare il Fondo rischi su crediti al valore corretto e disinquinare conseguentemente lo Stato Patrimoniale dagli effetti fiscali prodottisi negli anni precedenti, quando era in vigore la vecchia normativa.

La scrittura in questione sarà la seguente (seguita poi da quella relativa alle imposte differite, che tralasciamo per motivi di semplificazione):

Fondo rischi su crediti a Proventi straordinari € 450,00

(1.000,00 – 550,00)

È appena il caso di notare che le rettifiche per disinquinamento di cui sopra non produrranno materia imponibile, cioè non comporteranno la tassazione dei proventi straordinari originati, appunto perché è possibile escludere da tassazione le poste di natura fiscale, se evidenziate in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi.

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