La riforma del diritto societario
Una dispensa sul nuovo diritto societario dopo il d.lgs. n 5-6 del 17 gennaio 2003 in attuazione della l. 3 ottobre 2001, n 366

da | 11 Apr 2005 | Economia aziendale e Diritto commerciale | 0 commenti

L'amministrazione ed il controllo

In questo campo sono molte le novità introdotte dalla riforma; in particolare vi è la possibilità di scelta fra 3 sistemi diversi di amministrazione. Nella specifica materia, assume molta rilevanza lo statuto:

  • Se questo non dispone diversamente, amministrazione e controllo si identificano nel modello tradizionale (art. 2380)
  • Vi si può prevedere sistema dualistico
  • Vi si può prevedere sistema monistico

Da notare, che si ha la possibilità di passare dall’uno all’altro senza modifica dello statuto, ma con deliberazione dell’assemblea ordinaria. Il passaggio ha effetto dalla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo.

Sistema tradizionale

La gestione dell’impresa spetta ai soli amministratori i quali compiono le operazioni necessarie alla realizzazione dell’oggetto societario; l’organo amministrativo può avere struttura unipersonale (amministratore unico) o pluripersonale (consiglio d’amministrazione).

La carica di amministratore può essere assunta da azionisti o esterni; lo statuto ne stabilisce il n°, sono nominati per un periodo minore o uguale ai 3 anni e sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto; sono anche revocabili in qualsiasi momento dall’assemblea, nel caso non sussista giusta causa hanno diritto al risarcimento danni.

Nei 30gg successivi alla nomina, gli amministratori devono chiedere l’iscrizione al R.I. con l’indicazione delle generalità indicando a chi è attribuita la rappresentanza della società. Non possono essere nominati amministratori inabilitati, interdetti, falliti, o chi è stato condannato ad una pena che comporta l’interdizione dai pubblici uffici o l’incapacità di esercitare l’ufficio direttivo.

Altre cause di cessazione del rapporto sono, oltre alla revoca: rinuncia, scadenza del termine, morte, sopravvenienza di una causa di decadenza. Qualunque sia la ragione che determina l’esaurimento del rapporto, la cessazione deve essere iscritta nel R.I. entro 30gg nel R.I. a cura del consiglio sindacale.

La cessazione opera dalla data di convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio dell’incarico. La rinuncia produce effetto immediato se rimane in carica la maggioranza degli amministratori; diversamente opera della data della sua ricostituzione con l’accettazione dei nuovi.

Novità: se nel corso del rapporto vengono a mancare 1 o più amministratori, è possibile che i superstiti possano sostituirli, cooptandoli, alla condizione che la maggioranza, sia sempre costituita da amministratori nominati dall’assemblea.

Se vengono a cessare amministratore unico o tutti gli amministratori, l’assemblea deve essere convocata dal collegio sindacale, che nel frattempo può compiere atti d’ordinaria amministrazione. Nuova è la disciplina che permette di includere la clausola simul stabunt simul cadent per la quale, la cessazione d’alcuni amministratori comporta la cessazione dell’intero consiglio, ciò può essere previsto anche dallo statuto; ciò comporta che i soci verrebbero convocati per rieleggere l’intero consiglio.

Presidente, comitato esecutivo e amministratori delegati

La convocazione del consiglio spetta al suo presidente, il quale fissa l’ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni, sull’ordine del giorno, pervengano a tutti i consiglieri, per assicurare contributi approfonditi nelle scelte gestionali. Gli amministratori devono adempiere ai propri compiti con la diligenza non più del mandatario, ma richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.

Il consiglio viene convocato dal presidente con l’invio agli amministratori dell’avviso di convocazione; i lavori e le deliberazioni del consiglio, vengono verbalizzati e annotati nello specifico libro sociale. Se lo statuto o l’assemblea consento, il consiglio può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo, composto da alcuni suoi membri o anche da uno o più di essi; il delegante può impartire direttive ai delegati e avocare a se operazioni ricomprese nella delega; alla stregua delle informazioni che riceve dai delegati, l’organo di gestione valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo amministrativo e contabile della società. Tale novità è finalizzata ad assicurare la costante idoneità delle strutture sociali al servizio dell’operatività e dell’efficienza.

Il consiglio ha anche il compito di esaminare i piani strategici, industriali, e finanziari della società; valuta sulla base delle relazioni degli organi delegati, il generale andamento della gestione, con la periodicità fissata dallo statuto, ma comunque almeno ogni 180gg.

Il consiglio d’amministrazione può delegare il potere di: emettere obbligazioni convertibili, redigere il bilancio, aumento del capitale, nonché gli adempimenti a cui è tenuto in caso le perdite superino 1/3 del capitale, ovvero lo abbiano ridotto oltre il limite fissato dalla legge, nonché la predisposizione delle relazioni prescritte in caso di fusione o scissione.

Potere di rappresentanza

La ripartizione dei poteri è la fase nella quale operano le scelte gestionali e nella quale si avviano e definiscono i rapporti con il mercato. Con le decisioni gestionali gli amministratori esercitano il potere d’iniziativa che rileva all’interno della società.

Il potere di impegnare la società è esercitato all’esterno ed è il c.d. potere di rappresentanza: potere attribuito agli amministratori dallo statuto; tale potere incontra il limite costituto dall’oggetto sociale, infatti, gli amministratori non possono intraprendere operazioni estranee ad esso, che è soggetto a pubblicità legale e che costituisce un limite anche per i terzi. Con tale formulazione si proteggono: sia la posizione degli amministratori sia quella dei terzi, tutelati dall’inopponibilità delle limitazioni poste ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisine degli organi competenti, anche se pubblicate. Ancora ai terzi sono in opponibili le cause di nullità o annullabilità della nomina degli amministratori ai quali è stata conferita la rappresentanza.

La validità delle deliberazioni del consiglio d’amministrazione

Per la validità delle deliberazioni consiliari, è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori, per la deliberazione è necessaria l’approvazione unanime dei presenti, da notare che il voto non può essere esercitato per rappresentanza.

La novità: consiste nel fatto che la possibilità d’impugnazione delle deliberazioni non conformi alla legge o allo statuto è esercitatile entro 90gg dagli amministratori assenti o dissenzienti o dal collegio sindacale. I soci possono impugnare anche quelle che ledono i loro diritti; esclusa è la contestazione dei soci danneggiati.

Altre novità riguardano la contrapposizione tra amministratori e società; art. 2391 – interessi degli amministratori – l’amministratore è obbligato ad informare gli altri e il collegio sindacale, di ogni interesse di cui è portatore, per conto proprio o di terzi, in una determinata operazione; se è delegato deve astenersi dal compierla, investendo della stessa il consiglio. Ciò significa che ogni interesse rileva la sola circostanza di un personale coinvolgimento di cui è imposta la comunicazione, corredata da assoluta completezza informativa, non più interesse antagonista come necessario prima della riforma.

La violazione di queste prescrizioni giustificano l’impugnativa, sempre che il voto del consigliere interessato sia stato rilevante e le decisioni possano arrecare danno alla società; legittimati all’impugnativa sono:amministratori e collegio sindacale entro 90gg dalla data di assunzione; mentre è preclusa l’impugnativa per chi ha votato a favore.

Gli amministratori, rispondono di danni causati con l’utilizzo a proprio vantaggio o di terzi di: dati, notizie e opportunità d’affari, appresi durante il mandato; non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, ed esercitare attività concorrenti per conto proprio o di terzi, salvo autorizzazione espressa dell’assemblea.

Compensi degli amministratori

I compensi sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea; permane la competenza del consiglio per la determinazione della remunerazione per i consiglieri investiti di particolari cariche, sentito il parere del collegio sindacale.

Se lo statuto lo consente, l’assemblea può fissare un importo complessivo per tutti gli amministratori; la remunerazione può essere costituita anche da partecipazioni agli utili o da stock options (diritti di sottoscrizione d’azioni future).

La responsabilità degli amministratori

Le regole che disciplinano, sono modellate in funzione della tutela dei soci creditori e di mercato. L’inadempimento degli obblighi a cui sono tenuti gli amministratori non produce necessariamente gli stessi effetti, la violazione potrebbe ledere gli interessi della società e non quelli dei creditori.

La responsabilità può essere indotta dal mancato rispetto degli obblighi specifici o dall’inadempimento all’obbligo di esercitare l’attività con professionalità e diligenza.

Gli amministratori rendono prestazioni di mezzi e non garantiscono che dalla loro azione discenda il successo della società. Sono tenuti ad avviare iniziative che, valutate con professionale discernimento, possono indurre esiti positivi; se questa valutazione viene emessa gli amministratori ne rispondono in prima persona.

Se esiste un consiglio d’amministrazione, gli amministratori rispondono solidalmente; l’azione di responsabilità può essere promossa dal socio/i che rappresenti/tino almeno 1/5 del capitale, mentre nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, tale rapporto è 1/20. Tale azione è tesa al risarcimento del danno e deve essere avviata a seguito delle deliberazioni dell’assemblea ordinaria, tranne nel caso in cui gli azionisti sono convocati per l’esame, se la contestazione è relativa a fatti di competenza dell’esercizio a cui si riferisce lo stesso bilancio.

La deliberazione dell’azione di responsabilità, non comporta la revoca salvo che non sia adottato con il voto favorevole di 1/5 del capitale (1/20). Gli amministratori, rispondono in solido nei confronti della società, con il limite della ripartizione dei poteri di cui si fosse avvalso l’organo amministrativo: se il consiglio li ha delegati, dell’adempimento rispondono i delegati; la responsabilità è anche esclusa in costanza dell’attribuzione di funzioni ad 1 o più amministratori, quindi non solo in ragione delle deleghe, ma anche a fronte d‘investiture contingenti.

La deroga non è tuttavia assoluta, poiché gli amministratori rispondono se, venuti a conoscenza del compimento d’atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirli o eliminarne/attuarne le conseguenze dannose, ai sensi dell’art. 2392 – responsabilità verso la società –.

La responsabilità solidale, viene meno per l’amministratore che, senza ritardo, abbia fatto notare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio; sempre che sia immune da colpa e abbia dato immediata notizia del dissenso al presidente del consiglio.

L’azione di responsabilità esercitata dai soci ha le stesse finalità di quella esercitata dalla società, cioè di tutela nel caso in cui la maggioranza non deliberi l’azione in assemblea, ma gli amministratori rispondono nei loro confronti solo per l’inosservanza degli obblighi inerenti al mantenimento dell’integrità del capitale sociale. Ciò implica che il presupposto per l’azione è quindi l’insufficienza del patrimonio per il soddisfacimento del credito.

Se la società rinuncia ad esperire l’azione di responsabilità, non è impedito ai creditori di esperire la propria e si discute se le due azioni possano essere collegate, negando l’indipendenza all’azione dei creditori; questi si esporrebbero alle stesse eccezioni che gli amministratori potrebbero rivolgere alla società; è preferibile la soluzione che accredita la natura surrogatrice dell’azione dei creditori, come sancito dall’art. 2394 che rende conto che il loro interesse è già tutelato dall’azione della società che, volta al risarcimento del danno, ha la finalità di reintegrare il capitale sociale, a tutela anche dell’interesse dei creditore alla realizzazione del credito.

L’azione della società ha precedenza rispetto all’iniziativa dei creditori, oltretutto, mentre la società può agire a fronte di qualsiasi violazione che induca pregiudizio; i creditori possono agire solo quando sia attestato il recupero dei crediti.

Le azioni hanno uguale prescrizione (5 anni) ma diversa decorrenza. Quella delle società decorre dal momento in cui si è prodotto il danno, quello dei creditori dal momento in cui il patrimonio è divenuto insufficiente; la prescrizione non incide sulla natura surrogatoria dell’azione dei creditori.

Gli amministratori rispondono anche dei danni direttamente arrecati al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo. Se tali soggetti subiscono una lesione mediata, quindi riflessa, vengono meno le premesse per l’esperimento dell’azione; ->> se il danno incorre sulla società, il socio beneficia di riflesso dell’azione esperita dalla società. Il socio può esercitare individualmente l’azione di responsabilità quando la condotta o l’omissione degli amministratori, dolosa o colposa, si proietti senza diaframmi sul suo patrimonio.

Tale situazione in genere è quella nella quale gli amministratori abbiano rappresentato in modo infedele lo stato della società nel bilancio, determinando la sottoscrizione da parte del socio di azioni di nuova emissione per un prezzo ingiustificato; la condotta illecita colpisce il singolo socio e il singolo terzo le cui azioni si affiancano a quella della società.

Prevale la tesi secondo la quale la responsabilità verso socio/terzo abbia natura extracontrattuale e ciò implica che spetta al danneggiato dimostrare dolo o colpa. La lesione deve essere ascritta ad atti od omissioni posti in essere dagli amministratori in violazione di obblighi prefissati e comunque preesistenti all’illecito.

L’art. 2395 afferma il collegamento che esiste fra: risarcimento del danno al socio/terzo e risarcimento alla società o ai creditori, nel senso che il diritto del socio/terzo non è pregiudicato dal risarcimento alla società o al socio. Se la condotta degli amministratori ha determinato l’insufficienza del patrimonio, il danno è subito da tutti i creditori, ciò implica che essi possono unitariamente o singolarmente esercitare l’azione, fermo restando la natura surrogatoria. Se invece il comportamento degli amministratori ha direttamente danneggiato il singolo terzo, il limite dell’insufficienza patrimoniale non opera e il terzo può individualmente chiedere il risarcimento del danno agli amministratori.

L’organico sistema normativo che disciplina la responsabilità degli amministratori, suggerisce di qualificare contrattualmente anche quella nei confronti del singolo socio o del singolo terzo, al pari della responsabilità verso società e creditori sociali. Tale disciplina si applica anche ai direttori generali, nominati dall’assemblea, in relazione ai compiti loro affidati.

Il collegio sindacale

Può essere composto di 3 o 5 membri effettivi, soci e non soci; oltre ad essi devono essere nominati anche 2 sindaci supplenti. I primi sindaci sono nominati dall’atto costitutivo, mentre il presidente dell’assemblea. Nelle società quotate alla minoranza, deve essere riservata l’elezione di almeno 1 sindaco effettivo, mentre se il collegio è composto di più di 3 membri di almeno 2 sindaci.

Almeno un sindaco ed un supplente, devono essere scelti tra gli iscritti agli albi professionali, per un esigenza di professionalità. I sindaci restano in carica per 3 anni e non possono essere rieletti se non per giusta causa; la deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto del tribunale, sentito l’interessato –>> ai sindaci è assicurata la permanenza per almeno 3anni.

Sono in eleggibili: inabilitati, interdetti, falliti, o chi è stato condannato ad una pena che comporta l’interdizione dai pubblici uffici o l’incapacità di esercitare l’ufficio direttivo. Inoltre non possono essere nominati sindaci: i coniugi, i parenti e gli affini degli amministratori, entro il 4° grado nonché tutti coloro che sono legati alla società o alle controllate da un rapporto continuo di prestazione d’opera retribuito.

In caso di morte, rinuncia o decadenza di 1 sindaco subentrano i supplenti in ordine d‘età, che restano in carica fino all’assemblea successiva; se coni sindaci supplenti il collegio sindacale non è completato, deve essere convocata l’assemblea affinché provveda a nominarne di nuovi.

La loro retribuzione se non è stabilita dall’atto costitutivo, deve essere determinata dall’assemblea al momento della nomina, ed è valida per l’intera durata del rapporto.

La riforma ha trasferito ai revisori l’accertamento della regolare tenuta della contabilità e quella della corrispondenza del bilancio con le risultanze dei libri e delle scritture contabili; –>> che il collegio sindacale non esercita più il controllo sull’amministrazione della società, ma vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, nel rispetto dei principi di corretta amministrazione; in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo corretto funzionamento.

Per le società che non fanno ricorso al capitale di rischio e comunque non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, lo statuto può prevedere che il controllo contabile sia affidato al collegio sindacale, che in tal caso deve essere formato da iscritti al registro dei revisori.

I sindaci sono obbligati ad assistere alle riunioni del: consiglio d’amministrazione, comitato esecutivo e assemblee; la cui mancanza è sanzionata, con decadenza, se non giustificata. I sindaci possono provvedere in qualsiasi momento ad atti d’ispezione e controlli, possono chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali, ovvero su determinati affari; possono scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi d’amministrazione e controllo adottati e dall’andamento generale dell’attività; sono tenuti a controllare l’osservanza delle legge e dell’atto costitutivo.

Nello svolgimento di specifiche operazioni d’ispezione e controllo i sindaci, sotto la propria responsa-bilità ed a proprie spese, possono avvalersi di propri dipendenti e ausiliari, ma gli amministratori possono rifiutare a questi collaboratori l’accesso alle informazioni riservate.

Il collegio opera secondo le regole della collegialità e decide a maggioranza, in riunioni che devono tenersi almeno ogni 90gg, che possono svolgersi anche con mezzi di telecomunicazione (se previsti dallo statuto). Esso deve provvedere a convocare l’assemblea e curare gli adempimenti pubblicitari se gli amministratori omettono di provvedervi o qualora, nell’esperimento della propria carica, i sindaci ravvisino fatti censurabili di rilevante gravità.

La riforma ha riconosciuto al collegio sindacale il potere di denuncia all’autorità giudiziaria, se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità degli amministratori, suscettibili di arrecare danno alla società.

Garantisce legalità anche il ruolo svolto dal collegio a seguito della denuncia del socio, ovvero di quegli azionisti che rappresentino 1/20 del capitale sociale (1/50 per le società che fanno ricorso al mercato di capitali)

I sindaci devono svolgere il loro compito con diligenza professionale. Ciò implica che: in funzione della natura e della specificità dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza in ragione del loro ufficio. Sono soggetti ad azione di responsabilità, rispondono solidalmente con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi ultimi quanto il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato; ma sono anche solidamente responsabili tra loro stessi.

Denuncia al tribunale

I soci che rappresentino 1/10 del capitale sociale (1/20), se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri degli amministratori, possono denunziare i fatti al tribunale. Lo stesso diritto spetta anche: al collegio sindacale, consiglio di sorveglianza e comitato di controllo sulla gestione, nonché al PM ma solo nel caso delle società che ricorrono al mercato dei capitali, il tutto per tutelare gli interessi pubblici.

Con la riforma si è offerto alla società di esperire i propri rimedi. Sentiti in camera di consiglio, amministratori e sindaci, il tribunale può ordinare l’ispezione per verificare se le irregolarità denunciate sussistano (le spese sono a carico dei richiedenti), con provvedimento che può essere subordinato al rilascio di una cauzione, a carico dei denuncianti. La società può proibire l’ispezione, se l’assemblea sostituisce amministratori e sindaci con soggetti d’adeguata professionalità, che si attivino senza indugio per accertare se le violazioni sussistono. Il procedimento viene sospeso dal tribunale che così si affida all’esito dei riscontri e delle iniziative dei rinnovati organi sociali.

Sia che vengano riscontrate o meno le irregolarità, o che l’attività dei nuovi organi sia insufficiente ad eliminarle, il tribunale può adottare gli opportuni provvedimenti e convocare l’assemblea per le conseguenti deliberazioni; se invece l’assemblea si uniforma le gravi irregolarità vengono eliminate.

Nei casi più gravi, il tribunale stesso può revocare amministratori e sindaci e nominare un amministratore giudiziario, il quale può proporre azione contro amministratori e sindaci, e prima della scadenza del suo incarico deve rendere conto al tribunale, nonché convocare l’assemblea perché nomini i nuovi amministratori e sindaci, ovvero proporre la messa in liquidazione o la sottoposizione a procedure concorsuali.

Il controllo contabile

Esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro istituito presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, è esercitato da una società di revisione, iscritta nel registro dei revisori contabili, soggetta alla disciplina dell’attività di revisione per le società emittenti azioni quotate in mercati regolamentari, ed alla vigilanza della CONSOB.

Per le società che non fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio, il controllo contabile, può essere affidato al collegio sindacale.

Le competenze dei revisori sono:

  • Verifica della corrispondenza del bilancio alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti, nonché la loro conformità con le leggi che li disciplinano
  • Relazione del giudizio sul bilancio
  • Verifica, almeno trimestrale, della regolare tenuta della contabilità e della corretta rilevazione, nelle scritture contabili, dei fatti di gestione.

La riforma soddisfa le esigenze di trasparente consapevolezza, e ciò spiega lo scambio d’informazioni fra collegio sindacale e gli incaricati del controllo contabile, nonché il rigore nella disciplina delle cause della loro ineleggibilità e decadenza.

La responsabilità solidale del revisore con gli amministratori, la cui condotta o il cui comportamento abbia arrecato danno alla società, per mancata vigilanza; il revisore deve eseguire i propri compiti con professionale diligenza, in funzione della natura e della specificità dell’incarico.

Sistema dualistico: modello tedesco

Questo modello si articola su consiglio di gestione + controllo di sorveglianza, il controllo contabile è affidato a professionalità esterne.

Ai sensi dell’art. 2409 octies la possibilità di avvalersi di tale sistema, deve essere prevista nello statuto; la gestione spetta esclusivamente al consiglio di gestione, formato da un numero di componenti >2, il quale compie le operazioni necessarie al raggiungimento dell’oggetto sociale, ha cioè le stesse funzioni del consiglio d’amministrazione,; può delegare le sue competenze ad 1 o più dei suoi componenti.

La nomina degli amministratori che compongono il consiglio di gestione, spetta al consiglio di sorveglianza, con l’esclusione sia dei primi indicati nello statuto, sia di quelli possessori di strumenti finanziari, ovvero dallo stato o dagli enti pubblici se titolari di partecipazioni in società; il loro numero complessivo è determinato dallo statuto.

La durata dell’incarico non può eccedere i 3 anni con scadenza alla data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l’approvazione del bilancio degli ultimi 3 esercizi.

Applicazione delle regole relative al consiglio di amministrazione del sistema tradizionale:

  • validità delle riunioni
  • nomina del presidente
  • impugnativa delle deliberazioni
  • esigenza di informazione
  • adempimenti pubblicitari per nomina e cessazione
  • cause di ineleggibilità cui si aggiungente quella di preclusione ad essere eletti consiglieri di sorveglianza
  • rinuncia e suoi effetti
  • determinazione statutaria dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza
  • divieto di esercizio di attività concorrenti
  • utilizzo della diligenza professionale
  • responsabilità verso i soci, i creditori del singolo socio/terzo (prescrizione in cinque anni) con azione esercitatile anche dal consiglio di sorveglianza purché approvata dalla maggioranza assoluta dei suoi componenti e sempre che non si oppongano tanti soci che rappresentino un 1/5 (1/20) del capitale sociale.

Consiglio di sorveglianza: è formato da almeno tre componenti, anche non soci; la nomina spetta all’assemblea; la durata della carica è prescritta in tre esercizi con scadenza alla data della successiva assemblea convocata per l’approvazione del bilancio. Almeno uno dei consiglieri deve essere un revisore contabile iscritto al relativo registro; essi sono rieleggibili e revocabili dall’assemblea; lo statuto può fissare requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza; sostituzione da parte dell’assemblea se uno o più consiglieri vengono a mancare.

L’art. 2409 lettera b) preclude la nomina a consigliere di sorveglianza per i componenti del consiglio di gestione.

Il consiglio di sorveglianza:

  • nomina e revoca i consiglieri di gestione
  • approva il bilancio
  • vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di correttezza nella gestione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile nonché sul suo corretto funzionamento
  • esercita azione di responsabilità verso il consiglio di gestione
  • propone la denuncia all’autorità giudiziaria per gravi irregolarità di gestione
  • riferisce, almeno una volta l’anno, per iscritto, all’assemblea sull’attività di vigilanza svolta e sui fatti censurabili o le omissioni
  • deve partecipare all’assemblea
  • è soggetto alla sola azione di responsabilità promossa dall’assemblea

I caratteri essenziali del modello dualistico sono:

  • rilevanza di due organi, uno per la gestione e l’altro per il controllo
  • la possibilità di modulare il distacco dell’assemblea dalla gestione, poiché i soci potrebbero anche privarsi dell’esame del bilancio; mantengono questo potere se il consiglio di sorveglianza non approva il bilancio o se ne fanno richiesta almeno 1/3 dei componenti dl consiglio di gestione.

Tale sistema dovrebbe essere preferito dalle società nelle quali i soci non manifestano interesse specifico e diretto per la gestione dell’impresa.

Sistema monistico: modello anglosassone

Impostato su un organo unitario formato da un consiglio d’amministrazione (gestione) e da un comitato costituito all’interno (per il controllo sulla gestione), il controllo contabile è affidato a professionalità esterne.

Almeno 1/3 dei componenti del consiglio d’amministrazione, deve possedere i requisiti d’indipendenza, ai sensi dell’art. 2399 – cause d’ineleggibilità e di decadenza – e quelli ulteriori eventualmente fissati dallo statuto.

Per i componenti del comitato di controllo sono richiesti i requisiti d’indipendenza, professionalità ed onorabilità ed è preclusa loro la possibilità d’attribuzione di deleghe. Essi non devono svolgere funzioni attinenti alla gestione, anche se di società controllanti o controllate; la determinazione del loro numero e la loro nomina spetta al consiglio d’amministrazione; nelle società che fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio il numero deve essere maggiore o uguale a 3; almeno uno di loro deve essere scelto fra gli iscritti all’albo dei revisori; qualunque sia la causa di cessazione della carica, i consiglieri d’amministrazione devono provvedere alla sostituzione.

Ulteriori competenze del comitato di controllo sono:

  • eleggere al suo interno del presidente
  • vigilare sull’adeguattezza del sistema del controllo interno e del sistema amministrativo e contabile
  • svolgere compiti eventualmente affidati dal consiglio d’amministrazione, con particolare riguardo al rapporto con i soggetti delegati al controllo contabile.

Alle sue adunanze di applicano le norme che disciplinano le adunanze del collegio sindacale.

Al consiglio d’amministrazione, nominato dall’assemblea, si applicano le stesse norme che riguardano il consiglio d’amministrazione nel sistema tradizionale, anche se con tale sistema non ha molte analogie.

Ciò che suscita perplessità di tale sistema, è il fatto che i controllati (cioè il consiglio d’amministrazione) nominano direttamente i controllanti (amministratori che svolgono la funzione di controllo). Questo potrebbe anche essere un pregio poiché darebbe modo d’assicurare maggiore consapevolezza agli amministratori preposti al controllo sullo svolgimento dell’attività sociale, facilitandone il compito.

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