Capitale sociale
Indice
Modificazioni dello statuto
Le modificazioni dello statuto, ai sensi dell’art.2365, devono essere deliberate dall’assemblea straordinaria, con rispetto degli specifici quorum; tuttavia, se previsto dallo statuto, per alcune di esse si può demandare la decisione agli amministratori, al consiglio di sorveglianza ed al consiglio di gestione. Le modificazioni assumono rilevanza diversa a seconda che si parli di società di capitali o società di persone.
Le deliberazione relative alle modificazioni dello statuto non sono più soggette all’omologazione, il notaio che redige il verbale di assemblea deve sono accertare se sono stata adempiute le condizioni di legge; se la verifica è positiva, ne richiede iscrizione, contestualmente al deposito delle deliberazioni, nei trenta giorni successivi alla riunione; se è negativa ne informa tempestivamente gli amministratori che nei trenta giorni possono convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti o per l’omologazione.
Art. 2436, la deliberazione non produce effetto se non dopo l’iscrizione nel R.I.; successivamente alla modifica, il testo integrale dell’atto costitutivo modificato deve essere depositato presso il R.I..
La disciplina ha subito radicali modificazioni con ampliamento delle possibilità di recesso sia dalla normativa di legge, sia dallo statuto –>> ratio: favorire le decisioni della maggioranza e proteggere le decisioni di chi non le approva. Ai sensi della riforma si può recedere se assente, dissenziente o astenuto in ragione:
- Della modifica dell’oggetto sociale che comporti un significativo cambiamento dell’attività;
- Trasformazione della società;
- Trasferimento della sede sociale all’estero;
- Revoca dello stato di liquidazione;
- Eliminazione di una o più cause di recesso previste dallo statuto, o di quelle previste per la proroga della società, ovvero all’introduzione/rimozione di vincoli alla circolazione di titoli azionari;
- Modifica dei criteri di determinazione del valore delle azioni;
- Modificazioni dello statuto concernente i diritti di voto o di partecipazione.
Art. 2437: queste cause sono ineliminabili.
Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate, l’azionista può recedere con il preavviso di 180 gg, tempo prorogabile dallo statuto ma comunque minore di un anno.
Lo statuto delle società che non ricorrono al mercato del capitale di rischio, può disciplinare ulteriori cause; la riforma stabilisce ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l’esercizio di tale diritto con riguardo alle cause ineliminabili; rif: definiti i termini e le modalità di recesso, l’azionista è tenuto a spedire una lettera raccomandata entro 15 gg dall’iscrizione nel R.I. della delibera di modifica, indicando le generalità, il numero e la categoria per cui il recesso è esercitato.
Art. 2437 bis ultimo comma: se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, il diritto deve essere esercitato entro 30 giorni dall’avvenuta conoscenza del fatto stesso. Ulteriori novità consistono nell’obbligo per il recedente di depositare le azioni nella sede sociale; nella preclusione di esercizio del diritto se entro 90gg viene revocata la deliberazione che ne ha costituito il presupposto o se la società si scioglie; la quota di liquidazione dell’azionista recedente è determinata dagli amministratori. Tale valore è definito alla stregua della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive di reddito e deve venire a conoscenza del socio 15gg prima dell’assemblea; lo statuto può determinare criteri di valutazione diversi.
Nuovo procedimento di liquidazione: le azioni del socio recedente vengono offerte, dagli amministratori, agli altri azionisti ed ai titolari di convertibili, entro 15gg dalla determinazione definitiva del valore di liquidazione con la possibilità di esercizio del diritto di opzione di almeno 30 giorni. Se i titoli non vengono collocati in questo modo, gli amministratori tentano di offrirli ai terzi; se neanche tale operazione va a buon fine, le azioni vengono rimborsate al recedente con l’utilizzo delle riserve o la riduzione del capitale.
L’aumento del capitale sociale a pagamento
Le regole fissano principi rigorosi a tutela dell’integrità del capitale: non si possono emettere azioni fino a che quelle emesse non sono completamente liberate, in violazione si ha la responsabilità degli amministratori. La decisione d’aumento può essere delegata all’organo amministrativo per una tempestiva attuazione. L’aumento del capitale a pagamento si ha: con l’acquisizione d’effettiva ricchezza realizzata con ulteriori conferimenti rispetto a quelli iniziali; al momento della sottoscrizione deve essere versato almeno il 25% del valore nominale delle azioni ed integralmente l’eventuale sovrapprezzo.
Con la deliberazione d’aumento, si può stabilire che l’operazione non viene meno se le sottoscrizioni non la coprono integralmente, c.d. aumento scindibile, ovvero la sua caducazione se non integralmente sottoscritto, c.d. inscindibile. Se l’aumento inscindibile non ha successo, chi ha sottoscritto è liberato dall’obbligo di conferimenti ed ha diritto alla restituzione di quanto già versato.
Nei trenta giorni successivi alla sottoscrizione dell’aumento, gli amministratori devono depositare, per l’iscrizione nel R.I., un’attestazione sull’intervenuta esecuzione dell’operazione; fino all’iscrizione il capitale aumentato non può essere menzionato negli atti societari; per gli aumenti con conferimenti in natura, valgono le regole della fase di costituzione.
L’aumento di capitale può modificare la posizione del socio; per impedire tale pregiudizio, agli azionisti è concesso il diritto d’opzione in proporzione al numero d’azioni possedute, il quale da modo al socio di mantenere inalterata la propria posizione, incorporando una componente patrimoniale ed un’amministrativa.
Il diritto d’opzione deve essere offerto, con pubblicazione nel R.I., agli azionisti che possono servirsene entro un termine maggiore ai 30gg dalla pubblicazione; se il socio se n’avvale e le azioni non sono quotate, può chiedere la sottoscrizione anche delle azioni non optate dagli altri, la cosiddetta prelazione sull’inoptato; se non se n’avvale gli amministratori offrono i titoli sul mercato. I soci, se le azioni non sono quotate, possono indicare la destinazione delle azioni non optate ne prelazionate.
Il diritto d’opzione può essere escluso o limitato per esigenze della società e sempre che la deliberazione d’aumento sia stata approvata da tanti soci che rappresentino il 50% del capitale, anche in assemblee successive alla prima; gli amministratori devono spiegare i motivi d’esclusione o limitazione e quelle che hanno orientato per l’operazione con conferimenti in natura con apposita relazione all’assemblea.
Nelle Spa quotate lo statuto può escludere il diritto d’opzione nei limiti del 10% del capitale preesistente, a condizione che il prezzo d’emissione sia uguale a quello di mercato. Questo per l’esigenza di serietà del fondamento della soppressione o limitazione –>> obbligo di comunicare la relazione al collegio sindacale, di sorveglianza e al revisore almeno 30gg prima di quello fissato dall’assemblea, per consentire l’espressione del loro parere sulla congruità del prezzo.
La tutela dell’interesse patrimoniale dei soci privati delle opzioni è garantita dalla determinazione del prezzo d’opzione, sulla base del valore del patrimonio netto, tenendo conto anche dell’andamento dell’ultimo semestre. Il diritto d’opzione se effettuato con modalità diverse non può essere escluso né limitato: se le azioni di nuova emissione vengono sottoscritte da banche o enti /società finanziarie sottoposti a vigilanza della CONSOB e che sono obbligati ad offrirle ai vecchi azionisti; può essere escluso se i titoli sono offerti in sottoscrizione ai dipendenti.
Il capitale può essere aumentato anche senza incremento del patrimonio sociale con l’imputazione delle riserve facoltative e dei fondi costituiti con utili e saldi attivi di rivalutazione monetaria –>> si converte a capitale, la ricchezza già nella titolarità della società; le azioni spettano gratuitamente ai vecchi soci, in proporzione al numero d’azioni già possedute.
L’aumento è deciso dalla libera scelta dei soci, sempre che non sia reso necessario riportarlo al minimo di legge a causa delle perdite che ne hanno imposto l’abbattimento; in alternativa alla ricapitalizzazione si può trasformare la società ovvero metterla in liquidazione.
Riduzione del capitale sociale
È rimessa all’autonoma decisione dei soci; in parte è impostata dalla legge. La riforma non consente più la riduzione volontaria se ne è stata accertata l’esuberanza per il conseguimento dell’oggetto sociale.
L’operazione comporta la restituzione agli azionisti dei conferimenti, ovvero la libera esecuzione di quelli residui; nell’avviso di convocazione dell’assemblea straordinaria devono essere specificate le ragioni e le modalità di riduzione, atti ad assicurare la consapevolezza dei soci sui motivi dell’iniziativa
A seguito della riduzione, le eventuali azioni proprie non devono superare 1/10 del capitale; termine anteriormente al quale la deliberazione non può essere eseguita: 90gg dall’iscrizione nel R.I.. Nel corso di tale periodo, i creditori non devono aver proposto opposizione contestando i rischi per la soddisfazione delle proprie pretese.
Se le perdite intaccano il capitale sociale, questo deve essere ridotto; le regole che disciplinano tale operazione impongono il controllo, in progressione, dell’evoluzione delle perdite e l’adozione dei conseguenti provvedimenti.
Il limite di rilevanza è rappresentato da 1/3 del capitale sociale: se le perdite lo eccedono, è necessario intervenire; le valutazioni nel rispetto delle quali vengono calcolate le perdite sono quelle prescritte per la redazione del bilancio.
Gli amministratori, nell’inerzia il collegio sindacale, accertato che le perdite sono > 1/3 del capitale, devono senza indugio convocare l’assemblea straordinaria e hanno l’obbligo di predisporre una relazione sulla situazione patrimoniale della società con l’osservazione del collegio sindacale, ovvero del comitato per il controllo della gestione; entrambi i documenti devono essere depositati in copia, presso la società, entro 8gg prima dell’assemblea, per consentirne la visione ai soci.
Art. 2446 – riduzione del capitale per perdite –, gli amministratori devono rendere conto dei fatti di rilievo intervenuti dopo la relazione. Se entro l’esercizio successivo la perdita non è stata ridotta a meno di 1/3 del capitale, l’assemblea ordinaria o consiglio di sorveglianza, che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione alle perdite accertate –>> non è obbligatorio ripianare la perdita immediatamente, ma è doveroso provvedervi al termine dell’anno di grazia; se l’assemblea non delibera, gli amministratori ed i sindaci o il consiglio di sorveglianza, devono immediatamente chiedere di disporla al tribunale che, sentito il PM, provvede con decreto, che deve essere iscritto nel R.I., e contro il quale è ammesso reclamo alla corte d’appello entro 30gg dall’iscrizione.
Art. 2447 se le perdite intaccano il capitale oltre il minimo di legge, gli amministrato, o il consiglio di gestione, in caso di loro inerzia il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberarne la riduzione ed il contemporaneo aumento almeno al quel minimo ovvero la trasformazione della società; in tale situazione non è possibile temporeggiare poiché l’integrità del capitale è lesa in misura non tollerabile.
Gli amministratori sono tenuti a riunire i soci e a predisporre una relazione, ex-art. 2446, accompagnata da una relazione con le osservazioni dei sindaci e depositate presso la sede sociale, entro gli 8gg che precedono l’assemblea.
Se a causa delle perdite il capitale risulta azzerato, si discute se la deliberazione che lo reintegra vada assunta all’unanimità ovvero a maggioranza.
Il socio se il capitale è uguale a zero può esercitare il diritto d’opzione per sottoscrivere le azioni di nuova emissione, se rinuncia perde la qualità di partecipante.
Patrimoni e finanziamenti per uno specifico affare (novità della riforma)
Tale operazione permette di limitare il rischio d’impresa evitando il ricorso alla costituzione di tante società quanti sono gli affari da realizzare e utilizzando il patrimonio sociale, assegnando specifiche destinazioni sulle quali si commisura il rischio. Ciò implica la progressiva attenuazione della rilevanza del soggetto che apporta mezzi di finanziamento e accentuazione di quelle dell’atto di destinazione dei mezzi. Art. 2447 bis la società può:
- Costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare
- Convenire che nel contratto di finanziamento di uno specifico affare, al suo rimborso siano destinati i proventi dell’affare stesso o parte di essi.
Limite alla costituzione patrimoni separati: < 10% del patrimonio netto della società, costituzione per esercizio d’affari attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali; il patrimonio può essere anche di proprietà di terzi.
Art. 2447 ter – deliberazione costitutiva del patrimonio destinato – la competenza per le deliberazioni sulla costituzione, spetta al consiglio d’amministrazione (o gestione) che decide a maggioranza assoluta (fatta salva diversa previsione dello statuto).
Puntuali indicazioni riguardano la decisione: rilevanza delle decisioni relative allo specifico affare, beni e rapporti ricompresi; piano economico finanziario da cui si trae la sua congruità per la realizzazione dell’obiettivo, modalità d’impiego, apporti di terzi, loro controllo e loro partecipazione ai risultati dell’affare. Per quanto riguarda gli strumenti finanziari emessi in funzione dello specifico affare, bisogna specificare i diritti che essi attribuiscono e le regole di rendicontazione dell’affare.
La soddisfazione delle esigenze di trasparenza, avviene con la nomina di una società di revisione per il controllo contabile sull’andamento dell’affare, quando la società che ha costituito il patrimonio separato non è assoggettata a revisione contabile ed emette titoli offerti ed investimenti non professionali.
La deliberazione deve essere depositata e iscritta nel R.I. (art. 2447 quater) per garantire la conoscenza regolare ai terzi creditori della società, il cui interesse potrebbe essere pregiudicato dall’operazione, i quali possono opporsi entro 2 mesi dall’iscrizione, sempre che il credito sia sorto anteriormente all’iscrizione.
Sull’opposizione decide il tribunale; decorsi 2 mesi, i creditori non possono far valere alcun diritto sul patrimonio separato, né sui proventi e frutti.
Delle obbligazioni contratte, la società risponde nei limiti del patrimonio destinato. Se l’affare è realizzato o è impossibile, l’atto conclusivo è il rendiconto finale, disposto dagli amministratori e accompagnato da una relazione dei sindaci e del revisore, depositato presso il R.I.
Se nono sono state soddisfatte le ragioni i creditori possono chiedere la liquidazione del patrimonio separato entro 3 mesi dal deposito del rendiconto.
Art. 2447 bis lett. b): tale operazione configura un beneficio per le società di un finanziamento erogato da terzi per la realizzazione di uno specifico affare; esse non impiega parte del proprio patrimonio se non per realizzare l’operazione e per garantire la restituzione.
Le risorse finanziarie sono altrui; i proventi dell’operazione costituiscono patrimonio separato, sia da quello della società, sia da quello relativo ad ogni operazione dello stesso tipo. In caso di fallimento della società il finanziatori può insinuarsi nel passivo per il recupero del credito.
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