La domanda di beni che fa crescere i prezzi
Perchè la domanda di beni fa crescere i prezzi? Nell'articolo vengono spiegati i motivi economici alla base dell'inflazione

da | 12 Giu 2007 | Economia politica, Società | 0 commenti

L’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), è aumentato in maggio dello 0,4 rispetto al mese di aprile e dell’1,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), che dal 2002 considera anche le riduzioni temporanee dei prezzi (ad es. per sconti, saldi e vendite promozionali), ha invece registrato in maggio lo stesso incremento dell’indice NIC rispetto ad aprile, ma un rialzo più consistente, dell’1,9%, nei confronti di maggio 2006.

Sono i dati stimati dall’ISTAT sulla base delle informazioni pervenute e rappresentano l’estrema sintesi del particolare fenomeno dell’inflazione.

L’inflazione è definibile appunto come il processo per il quale il livello dei prezzi di un sistema economico cresce in modo generalizzato in un certo periodo.

Attualmente viviamo in tempi relativamente tranquilli dal punto di vista delle spinte inflazionistiche. Non c’è più in Italia quell’inflazione cosiddetta “galoppante” che ha caratterizzato la nostra storia recente, a partire dalla metà degli anni ’70 (dal verificarsi dei celebri “shocks petroliferi”) e per buona parte degli anni ’80. Anzi, l’inflazione di questi ultimi anni è classificabile come “fisiologica”, perché rappresenta comunque la quota inestirpabile dai sistemi di mercato che ruotano intorno alla dinamica della domanda e offerta di beni, quali sono quelli di tutti i paesi occidentali (nonché quelli di molti paesi asiatici, anche di cultura socialista).

Ma perché i prezzi crescono? Si parla così tanto di inflazione che spesso ci si dimentica di contestualizzare l’aumento del costo della vita agli eventi che l’hanno determinato e, soprattutto, di spiegare i motivi economici che sono alla base della quasi totalità degli incrementi, più o meno accentuati, dei prezzi.

Sotto l’aspetto microeconomico abbiamo sostanzialmente due tipi di inflazione: quella “da costi” (o “da offerta”) e quella tirata “dalla domanda”.

La prima è conseguenza del fatto che le imprese diminuiscono, a parità di prezzo, la quantità (di un qualsiasi bene) prodotta e offerta sul mercato e ciò a causa dell’avvenuto aumento del costo d’acquisto di uno o più fattori produttivi (come le materie prime o l’energia) necessari alla produzione del bene stesso. Il rialzo del prezzo al consumo è quindi l’effetto finale della restrizione dell’offerta, operata dall’azienda produttrice per mantenere inalterati i suoi margini di profitto, corrosi dai sopravvenuti maggiori costi di lavorazione.

Esempi di inflazione da costi sono stati in passato gli aumenti dei prezzi dei giornali e dei periodici in genere, a seguito dell’incremento del prezzo della carta, materia prima di tutto il settore editoriale. Altri esempi, di maggiore attualità, sono quelli legati alla crescita dei prezzi dei combustibili e dell’energia, la quale ha chiaramente una forte ripercussione sui prezzi finali dei prodotti che sono frutto di un elevato utilizzo di queste fonti.

Tuttavia l’esempio migliore è quello relativo al costo della manodopera. Soprattutto negli anni ’80, il meccanismo sindacale della scala mobile costitutiva un evidente catalizzatore delle spinte inflazionistiche. Infatti, tale meccanismo, che ricordiamo agganciava automaticamente il salario ai prezzi, facendo crescere il primo in conseguenza dell’aumento dei secondi, generava esso stesso il rialzo dei prezzi e quindi inflazione (appunto a causa dell’incremento del costo del lavoro dovuto alla scala mobile), all’interno di una spirale perversa che si autoalimentava e che definiva il classico cane che si morde la coda.

L’inflazione tirata dalla domanda è il tipo di inflazione più frequente e quello maggiormente esplicativo delle attuali situazioni di crescita dei prezzi al dettaglio. In questo caso il motore del fenomeno non è da ricercare sul lato dell’offerta, che varia perché variano i suoi equilibri interni (i costi industriali), bensì sul lato della quantità domandata (di un certo bene) da parte dei consumatori. Invero, l’aumento della domanda provoca una rilevante pressione sui prezzi, i quali tendono fatalmente a crescere per raggiungere nuovi equilibri a livelli più alti.

Quello che ci si deve chiedere in questa particolare tipologia d’inflazione “da domanda” è più che altro il motivo che induce i consumatori a spostare verso l’alto, da un giorno all’altro, la quantità di beni domandati sul mercato. La risposta non è univoca, anzi ci possono essere più spiegazioni per giustificare il comportamento degli acquirenti, tra le quali le più importanti e meglio rispondenti alle realtà della società moderna sono quelle del “tenore di vita”, delle “mode” e delle “aspettative”.

Al miglioramento generalizzato del tenore di vita, derivante dall’aumento, statisticamente accertato, del reddito pro-capite, consegue per forza di cose una richiesta sempre più grande di prodotti sul mercato. Esso determina peraltro anche una ricomposizione qualitativa del consumo delle persone, che vedono la loro borsa della spesa allargarsi gradualmente per fare spazio non solo ai beni primari, ma anche ai beni cosiddetti di lusso (nel senso di prodotti non strettamente necessari).

Non si deve, inoltre, sottovalutare la potenza delle mode, ovvero il modificarsi dei gusti e delle preferenze dei consumatori, quale vivace fattore d’incremento della domanda di beni sul mercato. Addirittura, il prezzo eccessivo di alcuni prodotti non ha spesso alcuna giustificazione economica, se non quella che essi sono “alla moda”, oppure che il loro possesso rappresenta uno status symbol.

Infine, c’è il caso dell’aumento dei prezzi per il diffondersi di aspettative in tal senso. L’economia insegna che quando si diffonde nella società l’attesa per un certo evento, è probabile che alla fine questo evento avvenga realmente. E’ un concetto che vale per es. in borsa, dove l’aspettativa generalizzata, da parte degli operatori, circa il crollo di un titolo comporta frequentemente l’effettiva caduta della quotazione del titolo in questione. Pertanto, se tutti si aspettano l’impennata dell’inflazione, è facile che essa si verifichi puntualmente, perché provocata dagli stessi consumatori, che “scontano” nei loro comportamenti l’attesa del rialzo dei prezzi.

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