Nella finanziaria 2008 è inserita un’importante novità per le imprese ed i professionisti che non realizzano, nel corso dell’anno, più di 30.000 euro di incassi.
All’insegna della semplificazione contabile, le nuove norme prevedono infatti per questi contribuenti un regime di particolare favore in termini di numero degli oneri da rispettare e di costi cosiddetti “di adempimento”. La parte più innovativa (e interessante) della recente disciplina è però quella che stabilisce una tassazione agevolata del reddito (d’impresa o di lavoro autonomo) prodotto.
Peraltro il regime in parola è anche “naturale”, ovvero è automaticamente applicabile dagli interessati, ovviamente al verificarsi di determinati requisiti, senza necessità di una loro comunicazione in tal senso all’Agenzia delle Entrate.
Il contribuente può comunque optare per la tassazione ordinaria del suo reddito d’impresa o professionale e di conseguenza operare secondo le vecchie regole.
Si tratta di un nuovo “trattamento” contabile e tributario, che ha pure il grande pregio di ridurre, assorbendoli, molti dei precedenti regimi agevolativi. Diminuiscono così la confusione e le difficoltà in precedenza incontrate dagli operatori economici, soprattutto al momento dell’avvio dell’attività commerciale o professionale, quando, tra varie possibilità di facilitazione, erano costretti a scegliere quella ritenuta, a priori, più vantaggiosa.
Il regime dei contribuenti “minimi” può essere praticato dalle persone fisiche (quindi non dalle società) residenti in possesso di alcuni requisiti obbligatori: incassi per ricavi (imprenditori) o compensi (professionisti) non superiori a 30 mila euro annui, assenza di dipendenti o collaboratori e spese per acquisto di beni strumentali non superiori a 15 mila euro negli ultimi tre anni.
I vantaggi sono notevoli. Innanzitutto i “minimi” non avranno più problemi con l’IVA, perché scatta per loro la cosiddetta franchigia, ovvero il completo esonero dal versamento dell’imposta e dai relativi adempimenti (tranne la certificazione dei corrispettivi e la numerazione e conservazione dei documenti d’acquisto).
Inoltre, c’è l’esonero dall’IRAP ed un solo impegno fiscale, in dichiarazione dei redditi: il versamento di una somma, a titolo di imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle sue addizionali, pari al 20% della differenza fra ricavi e spese, definiti “per cassa”, cioè con riferimento alle rispettive entrate e uscite monetarie. Infine si beneficia pure — e non è poco, viste le discusse conseguenze riscontrate nella loro recente applicazione — dell’esclusione dagli studi di settore.
Anche se la previsione dell’indetraibilità IVA sugli acquisti (che si trasforma in un costo, sia pur deducibile, per il contribuente) rende, in certi casi, il risparmio d’imposta meno sicuro, è comunque evidente la forte semplificazione cui dà luogo il nuovo regime contabile. Niente più libri contabili, niente più registrazioni e, quindi, niente più costi per i consulenti a cui tali libri e registrazioni erano demandati.
Riguardo invece agli effetti economici derivanti dalla detassazione, al di là del sicuro guadagno originato dalla non applicazione dell’IRAP, l’analisi dei vantaggi diventa un po’ più articolata.
Nello specifico, ad attenuare l’impatto positivo dell’imposta sostitutiva rileva innanzitutto l’impossibilità di operare le deduzioni (dall’imponibile) e le detrazioni (dall’imposta) stabilite per l’IRPEF, ad eccezione dei contributi previdenziali, rimasti legittimamente deducibili prima di calcolare il 20% di tassazione.
A onor del vero, i paletti posti dalla nuova disciplina alle detrazioni per oneri e carichi di famiglia cadono in presenza di altri redditi (non di impresa o professionali) del contribuente. Il punto fondamentale resta tuttavia quello dell’accennata indetraibilità dell’IVA sugli acquisti. Infatti, se da una parte nel nuovo regime semplificato non è più permesso indicare l’IVA sulle vendite e quindi rivalersi sull’acquirente, dall’altra non è neanche più possibile detrarre la stessa imposta sugli acquisti, con l’inevitabile conseguenza che essa diviene un costo gestionale (peraltro deducibile dal reddito). Questa situazione comporta in alcuni casi la perdita dei vantaggi economici.
Per concludere, è da segnalare la decadenza dalla facilitazione contabile qualora venga meno uno dei requisiti sopra visti o si superi il limite del giro d’affari indicato.
In tale ultima evenienza bisogna valutare di quanto si è superato il limite: se esso è oltrepassato per meno del 50% si ricade nel sistema ordinario di tassazione a partire dall’anno successivo, altrimenti (supero maggiore del 50%) si deve immediatamente applicare, dall’anno in corso, la tassazione ordinaria. Nel caso di variazione del regime fiscale in corso d’anno c’è anche l’obbligo di rettificare le precedenti detrazioni e tale circostanza rappresenta un altro fattore, particolarmente penalizzante in termini economici, da mettere in conto quando si decide di optare per il regime dei “minimi”.
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