Mark up
L’utilizzo del mark up nelle tecniche di vendita

da | 14 Feb 2005 | Economia aziendale e Diritto commerciale, Fare impresa | 1 commento

Dopo aver analizzato la tecnica di vendita del break even point, vediamo ora un altro importante metodo per vendere i propri prodotti sul mercato: il mark up.

Si tratta in sostanza della semplicissima regola (che a livello pratico quasi tutti i piccoli imprenditori utilizzano) consistente nell’applicare una percentuale di margine (spesso chiamata di “ricarico”) al costo d’acquisto o di fabbricazione dei beni venduti, in modo tale da stabilire il prezzo finale cui questi stessi beni saranno venduti al consumatore. In formula quindi:

costo d’acquisto (o di produzione) + mark up (in percentuale sul costo) = prezzo di vendita

Es.: con un costo di € 100,00 ed un mark up del 20% avremo un prezzo di vendita di € 120,00.

 

Il problema è quello di applicare il mark up al valore giusto, cioè a quello che si riesce a quantificare solo dopo un’attenta analisi economica di tutta la gestione d’impresa.

Per arrivare a questo importo faremo riferimento d’ora in avanti ad un’impresa commerciale, ossia ad un’impresa che acquista e rivende i suoi prodotti senza necessità di una qualche forma di modifica o di intervento sui beni venduti. In questo caso parleremo più generalmente di “merce” venduta e conseguentemente non avremo il costo di fabbricazione (o industriale), sostituito dal costo di “intermediazione”.

Per determinare con esattezza il valore di costo al quale sommare il mark up dobbiamo però premettere una breve spiegazione riguardante la distinzione tra costi diretti e indiretti ed un’altra spiegazione relativa alla “configurazione dei costi” d’impresa.

Cominciamo dalla distinzione tra costi diretti e costi indiretti.

  • I Costi diretti sono quei costi facilmente imputabili ai beni (merce) acquistati. L’esempio più calzante è quello del costo d’acquisto, che è un costo agevolmente determinabile (per es. dalla fattura) e agevolmente attribuibile ai prodotti interessati (la cui quantità è essa stessa indicata in fattura). In tal caso l’unica difficoltà che si potrebbe incontrare, dovendo ricavare il costo unitario dei prodotti commercializzati, è quella di dover preventivamente procedere a divisioni o altre operazioni per trasformare il costo totale della partita acquistata in quello del singolo bene, ma tale ripartizione non presenta certo particolari complessità.
  • I Costi indiretti sono invece quei costi non imputabili direttamente ai prodotti, perché inerenti spese generali, riguardanti cioè l’azienda nel suo complesso. Esempio di costi indiretti sono i costi per interessi o per oneri tributari e le spese amministrative come quelle per le utenze (telefono, energia elettrica, etc…). In questo caso la ripartizione del costo per singola unità venduta è ben più complessa e può effettuarsi solo attraverso presunzioni e forfetizzazioni, che permettano di quantificare, utilizzando anche metodi statistici e matematici, il costo (indiretto) attribuibile al bene preso unitariamente.

Passiamo adesso all’importante spiegazione della configurazione dei costi.

Questa si fonda su una classificazione dei vari costi che l’imprenditore sostiene nella gestione, operata per natura funzionale delle spese.

Si distinguono 4 grandi configurazioni o categorie di costi, sulla base appunto della funzione economica della spesa sostenuta:

  1. Costo Primo.Ne fanno parte i costi per l’acquisto della merce e tutte le altre spese direttamente connesse all’acquisto della merce (come spese di trasporto, oneri accessori, etc…).
  2. Costo di Intermediazione.Si ottiene sommando al Costo Primo le spese inerenti all’immagazzinamento e stoccaggio della merce presso il magazzino dell’impresa commerciale (spese di assicurazione, affitto del locale di deposito, stipendio del custode, ammortamento attrezzatura destinata allo stoccaggio, etc…).
  3. Costo Complessivo.È formato dalla somma del Costo di Intermediazione e di tutte le spese
    1. amministrative
    2. finanziarie
    3. tributarie
    4. commerciali
    5. salari e stipendi del personale di vendita
    6. ammortamenti macchine e arredamento
  4. Costo Economico/Tecnico.Se aggiungiamo al Costo Complessivo gli elementi sotto indicati otteniamo il Costo Economico/Tecnico
    1. fitti figurativi
    2. interessi di computo
    3. stipendio direzionale

I suddetti elementi sembrano solo apparentemente astratti e non significativi (un errore sicuramente dovuto alla loro intangibilità e mancata contabilizzazione nel sistema informativo d’Impresa), ma rivestono invece un ruolo importante nella valutazione della convenienza a restare sul mercato. Vediamo perché.

Cominciamo con i fitti figurativi. Essi rappresentano il costo opportunità (figurativo, come quello di tutti gli atri) che si sostiene per il fatto che esercitando l’Impresa non si possono affittare a terzi gli eventuali locali di proprietà utilizzati nella gestione. Infatti quando a fine esercizio si calcola il profitto annuale derivante dall’esercizio d’Impresa, bisogna necessariamente confrontarlo con il reddito che si sarebbe prodotto con l’affitto dei locali di proprietà, ai prezzi di mercato. Se il profitto non è maggiore dell’affitto annuale allora l’assunzione del rischio d’Impresa deve essere messa in discussione.

Stesso discorso per gli interessi di computo. Nell’Azienda è investito un certo capitale (sia esso di proprietà dell’imprenditore individuale o della compagine sociale). Se a fine esercizio l’investimento di questo capitale, ai tassi di rendimento di mercato (per es. al tasso dei BOT a 1 anno), è maggiore del profitto imprenditoriale, allora l’esercizio d’Impresa è da considerarsi necessariamente non sufficientemente remunerativo.

Lo stesso dicasi per il cosiddetto stipendio direzionale. Se l’imprenditore, lavorando alle dipendenze di terzi, fosse remunerato annualmente in misura maggiore del reddito positivo che trae dalla sua Impresa, allora, anche in questo caso, sarebbe da prendere in seria considerazione la chiusura dell’attività esercitata in forma d’Impresa.

Quanto detto riguardo la configurazione dei costi può essere riassunto in questa tabella, che evidenzia anche il valore finale cui applicare il mark up per determinare, con precisione tecnico-economica, il prezzo dei beni venduti.

Prezzo di vendita

 

% di mark up

Costo
Economico/Tecnico

Costo Economico/Tecnico

 

 

– fitti figurativi

– fitti figurativi

– interessi di computo

– interessi di computo

– stipendio
direzionale

– stipendio
direzionale

Costo Complessivo

Costo Complessivo

Costo Complessivo

 

 

 

– spese amministrative

– spese amministrative

– spese amministrative

– spese finanziarie

– spese finanziarie

– spese finanziarie

– costi tributari

– costi tributari

– costi tributari

– costi commerciali

– costi commerciali

– costi commerciali

– salari e stipendi
del personale di vendita

– salari e stipendi
del personale di vendita

– salari e stipendi
del personale di vendita

– ammortamenti macchine
e arredamento

– ammortamenti macchine
e arredamento

– ammortamenti macchine
e arredamento

Costo d’Intermediazione

Costo d’Intermediazione

Costo d’Intermediazione

Costo d’Intermediazione

 

 

 

 

– assicurazione merce

– assicurazione merce

– assicurazione merce

– assicurazione merce

– affitto magazzino

– affitto magazzino

– affitto magazzino

– affitto magazzino

– ammortamento
attrezzatura stoccaggio

– ammortamento
attrezzatura stoccaggio

– ammortamento
attrezzatura stoccaggio

– ammortamento
attrezzatura stoccaggio

Costo Primo

Costo Primo

Costo Primo

Costo Primo

Costo Primo

 

 

 

 

 

– acquisto merce

– acquisto merce

– acquisto merce

– acquisto merce

– acquisto merce

– oneri accessori

– oneri accessori

– oneri accessori

– oneri accessori

– oneri accessori

– trasporto

– trasporto

– trasporto

– trasporto

– trasporto

Come si evince dalla tabella, il mark up deve essere sommato al Costo Economico/Tecnico per avere il Prezzo finale di vendita. Per es. se abbiamo calcolato per un certo bene un Costo Economico/Tecnico di € 130,00 e vogliamo avere un guadagno del 40% (mark up), dobbiamo metterlo in vendita ad un prezzo pari a € 182,00 (= 130 di costo + 52 di mark up).

Solo in questo modo e con questa analisi avremo la sicurezza di ottenere a fine anno il profitto sperato, che sarà molto verosimilmente uguale al mark up (nel ns. esempio del 40%).

Purtroppo non sempre questa tecnica di vendita è applicata dagli imprenditori, che fanno spesso il grossolano errore di fissare i prezzi addizionando il margine di mark up al Costo Primo, anziché al Costo Economico/Tecnico, trascurando di conseguenza tutte le altre spese indicate, che sono quelle di più difficile determinazione.

Il risultato di questo errato ragionamento è una programmazione delle vendite che risulterà a posteriori completamente sballata, potendo comportare, al limite, anche il sostenimento di forti perdite e di altri risultati negativi d’esercizio.

1 commento

  1. Maurizio

    Per trovare il mark up devo applicare una proporzione o un sopra/sotto cento?

    Rispondi

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