Rivoluzione copernicana Kantiana
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Quando si intende iniziare un percorso avente per oggetto il dibattito sulle correnti e i movimenti filosofici che nel novecento tanto si interrogarono sul problema della scienza e del sapere scientifico, i punti di partenza sono molti.
La mia scelta è stata quella di impostare buona parte del percorso sull’ epistemologia del novecento, partendo come riferimento essenziale dalla filosofia di Kant, che senza dubbio fu il primo pensatore a porsi in modo razionale il problema della scienza e il primo a proporne una sintesi interessantissima.
Kant, e la sua opera fondamentale “La Critica della Ragion Pura”,rappresentano il miglior spunto infatti, per iniziare a parlare di epistemologia.
È con il geniale filosofo settecentesco, che la metodologia che sta alla base di tutta la riflessione epistemologica del novecento prende corpo.
È con Kant, che il mondo filosofico iniziò a confrontarsi con il mondo della scienza.
È con il pensatore di Konisberg che nasce l’idea di una filosofia che debba indagare sulle possibilità della scienza e sulle possibilità di un sapere scientifico certo.
Il filosofare kantiano, che si staglia sullo sfondo di un pensiero occidentale che ha ormai assorbito la dirompente forza della prima rivoluzione scientifica,assume in sé la responsabilità di una totale giustificazione di un sapere e di un’idea della scienza che si era lentamente costruita da Galilei e che Newton aveva abilmente sintetizzato nei “Principia Matematica”.
Tale sapere che Kant abilmente giustificò come possibile, era il sapere meccanicistico, secondo il quale all’uomo era possibile raggiungere una comprensione globale del funzionamento dell’Universo purché si accettasse come idea di natura, quella di un ordine oggettivo e causalmente strutturato di relazioni governate da leggi, in cui ogni fenomeno è legato ad una causa ben precisa.
Alla natura nel meccanicismo viene tolta ogni caratteristica di spiritualità e di caoticità, essa non rimane altro che un ingranaggio meccanico di cui l’uomo attraverso la nuova scienza può comprenderne perfettamente il funzionamento.
Solo attraverso una scienza sperimentale, che si fonda sul calcolo e la misura e che abbia un valore inter-soggetivo quindi, è possibile la conoscenza oggettiva della natura e delle sue leggi.
È questo il panorama scientifico su cui, insieme al dibattito tra razionalisti e empiristi, prenderà forma nelle seconda metà del settecento tutto il filosofare di Kant, il quale fu il primo, oltre ad interrogarsi sul ruolo della filosofia e sulla possibilità di un sapere scientifico-matematico, a porsi anche il problema della demarcazione.
“La critica della ragion pura”, fu pubblicata nel 1781, centoventiquattro anni prima della pubblicazione della teoria della relatività ristretta, che avrebbe dimostrato in seguito la falsificabilità dei concetti fondamentali esposti nella critica stessa.
Il criticismo di Kant, si presenta come una filosofia del limite perché identifica in modo estremamente originale i confini esistenti tra sapere scientifico e metafisica e soprattutto perché Kant con una intuizione che avrebbe tormentato due importantissimi pensatori, Nietzsche e Popper, definì in modo netto e preciso il rapporto tra oggetto e soggetto identificando come il problema scientifico sia un problema proprio del soggetto.
Così dal cogito di Cartesio arriviamo, all’ Io di Kant, un Io che ha in se le strutture formali per conoscere il mondo esterno. Kant infatti si preoccupò di dimostrare come il mondo, la cosa in sé, che è caotica e la cui totalità è inaccessibile alle forme mentali del soggetto, possa dall’Io essere, anche se parzialmente, conosciuta in modo scientifico.
L’immagine simpatica e utile a comprendere la possibilità di questo sapere è quella del Dio orologiaio.
Ovvero di un Dio che, costruito un finissimo e complicatissimo marchingegno meccanico, permette ad una sua creatura un bel giorno di poter osservare staccandosi dagli ingranaggi tutto il sistema meccanico. L’uomo che è la creatura cui è stata concessa questa possibilità potrà attraverso un’idea meccanicistica di scienza comprendere completamente il funzionamento degli ingranaggi, i rapporti tra le leve etc. senza poter però mai conoscere il fine e il costruttore dell’orologio.
Kant ammise che non era possibile conoscere chi avesse creato la natura e nemmeno il perché, ma si sforzò però di dimostrare al tempo stesso che all’uomo era però accessibile la conoscenza della struttura e del funzionamento del mondo naturale.
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Come è possibile? Come può il soggetto conoscere in modo scientifico ovvero certo, qualcosa di cui non è il creatore?
Abbiamo già detto che il problema scientifico è un problema del soggetto che osserva il mondo e cerca di comprenderne la struttura e il funzionamento.
Il soggetto per Kant ha in se strutture formali che non si forgiano sull’esperienza ma che sono precedenti all’individuo stesso, i giudizi appunto, i quali strutturano la nostra mente in modo da farci conoscere una parte del mondo in modo veramente razionale, essendo poi i giudizi sintetici a priori innati e presenti come struttura formale della conoscenza in ognuno di noi, la realtà diventa conoscibile in modo oggettivo e scientifico.
Le forme pure a priori principali sono lo spazio e il tempo, che nell’ “estetica trascendentale” Kant identificò come la forma del senso esterno il primo e il secondo come la forma del senso interno.
Lo spazio e il tempo sono quindi forme della nostra mente innate e assolute,
lo stesso Newton un secolo prima, nei Principia Matematica, affermava:
“…tutti i movimenti possono essere accelerati e ritardati, ma il flusso del tempo assoluto non può essere immutato…”
“… il tempo assoluto, vero matematico, in sé e per sua natura senza relazioni ad alcunché di esterno, scorre uniformemente… lo spazio assoluto, per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, rimane sempre uguale ed immobile…”
Questa asserzione è fondamentale, poiché dalla confutazione della assolutezza del tempo prenderà corpo la relatività ristretta di Einstein, la quale smonterà questo assioma filosofico scientifico e perché no culturale, proponendo l’idea di un tempo elastico, non assoluto, ma relativo.
Nasce con Kant una filosofia del limite, che però legittima pienamente tutto il sapere meccanicistico; con un finissimo e ancora oggi ammirabile e condivisibile studio gnoseologico Kant propose una immagine simbolica dello scienziato che impone alla natura i suoi schemi mentali che sono necessariamente validi e inconfutabili dall’esperienza.
È la rivoluzione copernicana della gnoseologia, rivoluzione che avrebbe per decenni influenzato il pensiero occidentale, portando alla nascita e allo sviluppo delle prime forme dell’idealismo fichtiano e del positivismo ottocentesco.La possibilità insita poi nel meccanicismo, di poter un giorno spiegare il funzionamento dell’intero cosmo, fece si che si sviluppò quel senso di fiducia nella scienza, tipico del positivismo e che tuttora permane in molti, benché gli eventi abbiano dimostrato che il problema sia molto più complesso.
Devo fare i miei più sinceri complimenti all’autore. Sul web ci sono mille pagine che trattano il positivismo e la sua evoluzione, ma nessuna lo fa in modo chiaro, scorrevole e dettagliato. Stavo letteralmente impazzendo per alcuni dettagli che venivano scritti in modo contraddittorio anche dalle fonti più attendibili come Wiki o Treccani, e ho scelto di affidarmi a questo blog proprio perchè risponde a tutte le mie domande. Anche se è stato scritto tanti anni fa ci tengo a ringraziarti di cuore.
A volte un percorso ritenuto dall’autore “banale”serve ai non addetti ai lavori per ripercorrere una strada intrapresa al liceo e poi abbandonata, ma a distanza di tempo il paesaggio di quella strada ci appare bello e illuminante