Epistemologia del XX secolo
Un interessante studio sull'epistemologia

da | 1 Ott 2008 | Filosofia | 2 commenti

Popper, tra demarcazione e induzione

Le ipotesi sono reti: soltanto chi le getta pesca (Novalis)

BREVE BIOGRAFIA

Karl R. Popper (Vienna 1902-Londra 1994), logico ed epistemologo austriaco.

Laureatosi nel 1928 in filosofia, nel ’29 ottiene l’abilitazione all’insegnamento della matematica e della fisica. Nel 1934 pubblica in tedesco la sua opera fondamentale “La logica della ricerca scientifica”, edita in seguito in inglese con il titolo “La logica della scoperta scientifica” (1959).

Con l’avvento del Nazismo nel 1938 emigra in Nuova Zelanda dove scrive “La miseria dello storicismo” e “La società aperta e i suoi nemici”.

Finito il secondo conflitto mondiale Popper si trasferisce a Londra presso la London School of Economics. Fra le sue opere successive ricordiamo: “Congetture e Confutazioni” (1963), “La ricerca non ha fine” (1974) e “I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza” (1979)

Il PRIMO PROBLEMA FONDAMENTALE DELLA TEORIA DELLA CONOSCENZA:

LA DEMARCAZIONE

Popper pur essendosi formato a stretto contatto con il Circolo di Vienna, non ne fece mai effettivamente parte rifiutando in tronco fin dall’inizio alcune convinzioni di base del positivismo logico. La sua prima opera infatti, “La logica della scoperta scientifica”, rappresenta una critica radicale dell’impianto filosofico neo-positivista.

Popper partendo dalla critica humiana del procedimento induttivo, secondo la quale è praticamente impossibile giustificare una conclusione universale partendo dall’analisi di una somma finita di casi particolari, critica aspramente la possibilità stessa della verifica delle proposizioni scientifiche.

Da questo primo passo della sua speculazione, il filosofo si impegnerà a rintracciare, dal momento che il principio di Verificazione era stato da egli stesso confutato, un nuovo principio di demarcazione in grado di tracciare la linea di confine tra le asserzioni delle scienze empiriche e asserzioni non scientifiche.

Dal momento che, nessun numero di esempi confermati può giustificare la verità di una proposizione universale, un solo esempio contrario consente invece di dimostrarne la falsità.

Da questa considerazione, Popper enunciò il famoso Principio di Falsificazione.

Secondo questo principio di demarcazione è la falsificabilità e non la verificabilità il tratto caratteristico delle teorie scientifiche.

Ovviamente questo principio causava uno sconvolgimento oltre che nel metodo e nella direzione dell’indagine scientifiche anche nell’idea stessa di sapere scientifico.

Innanzitutto un principio secondo il quale, una teoria è definibile scientifica, solo nel caso questa possa essere smentita da una esperienza falsificante, fa ipotizzare che nella costruzione di teorie scientifiche non ci si debba più muovere dai fatti alle teorie bensì dalle teorie al loro controllo mediante i fatti.

È il metodo ipotetico-deduttivo, in cui formulata una ipotesi, segue il suo controllo empirico.

Popper più di una volta ci tenne a precisare che il pensatore e lo scienziato che più di tutti lo aveva influenzato era stato Albert Einstein. Infatti secondo il filosofo austriaco, la relatività stessa aveva i connotati di una teoria nuova nella forma, era una congettura dalle previsioni rischiose, che poteva da un momento all’altro essere confutata.

Di Einstein, Popper ereditò quindi la fondamentale tesi secondo la quale, le teorie scientifiche altro non sono che congetture o ipotesi,che possono essere in ogni momento falsificate e sostiutuite da nuova teorie.

È questa la tesi cui Popper rimarrà fedele tutta la vita, una tesi illuminante che definitivamente fa tramontare l’idea di scienza come episteme, contrapponendo a questa idea quella di scienza come doxa ovvero come conoscenza congetturale e incerta.

La scienza è per Popper solo un’ universo di ipotesi non ancora falsificate.

Individuato il principio di falsificazione come criterio base per distinguere tesi scientifiche da tesi non scientifiche, Popper si impegnò sempre in polemica con i neo-positivisti a riabilitare la metafisica. Questa non essendo falsificabile, afferma Popper, non è considerabile una scienza ma ciò non vuol dire che essa sia senza senso.

Questa riabilitazione, fu sostenuta dalla volontà nel filosofo di riconoscere come in alcuni casi ad “indicare la strada” verso il progresso scientifico, siano state convinzioni che tutto erano fuorché scientifiche.

TRIAL AND ERROR

Popper fu anche un difensore del metodo. Stretto tra l’eccessiva metodicità logica dei neo-empiristi e tra l’anarchismo metodologico di Feyerabend, Popper individuò una soluzione alternativa e coerente con tutto il suo filosofare.

Secondo il razionalismo epistemologico di Popper nella scienza c’è un unico metodo.

Il metodo per congetture e confutazioni, il quale consiste nell’individuare un problema, tentare di risolverlo proponendo una qualche teoria, imparare dagli errori commessi e porsi nuovi problemi. Come si ben intuisce più che un metodo prettamente scientifico questo si presenta come un rinnovato appello a non considerare le teorie scientifiche come assolute. D’altronde Popper non crede che nell’individuazione di una scoperta scientifica si debba seguire un qualche metodo, molte volte esse sono un semplice frutto di intuizioni extra-scientifiche.

Il metodo trial and error ribadisce nient’altro che l’importanza dell’errore nella speculazione. Iniziare a costruire una teoria scientifica, essendo consapevoli che essa altro non può essere che un’ ipotesi, è il punto fondamentale da cui ogni scienziato moderno deve partire.

Il SECONDO PROBLEMA FONDAMENTALE DELLA TEORIA DELLA CONOSCENZA:

L’INDUZIONE

Scrive Popper: “Possiamo sempre e soltanto osservare accadimenti ben determinati e sempre e soltanto un numero limitato di tali accadimenti. Tuttavia le scienze empiriche,formulano proposizioni generali, ovvero proposizioni che devono valere per un numero illimitato di accadimenti. Con quale diritto possono essere enunciate proposizioni di questo genere? Che cosa si intende propriamente con tali proposizioni? Queste questioni determinano i confini del problema dell’induzione. Con il“problema dell’induzione”, si designa la questione circa il valore o la fondazione delle proposizioni generali delle scienze empiriche.”

In questo passo tratto da “I due problemi fondamentali delle teoria della conoscenza” Popper mette in luce nuovamente i limiti di una scienza empirica, rifiutando la possibilità di utilizzare come metodo di fondazione del sapere scientifico quello dell’ induzione di natura baconiana.

Da questa tesi è possibile trarre spunto per parlare di un altro aspetto del filosofare popperiano qualificante e illuminante.

In seguito alle critiche aspre che Hume operò contro il metodo induttivo, Kant, accolte tali critiche che facilmente trasportavano la speculazione nell’abisso dello scetticismo, trovò come soluzione al problema l’idea delle forme pure a priori. Questa soluzione scomunicava la tesi degli empiristi, della mente come una tabula rasa, proponendo l’idea di mente come griglia che attraverso forme innate, eterogenee e assolute imponeva per così dire alla natura i suoi schemi. Ma il criticismo e l’idea che spazio e tempo fossero forme pure a priori era stato scomunicato dalla relatività einsteniana.

A questo punto Popper riprendendo il percorso iniziato da Kant, ovvero la tesi originaria, della mente che impone alla natura i suoi schemi, vi apportò alcuni significativi cambiamenti. Innanzitutto le forme mentali attraverso le quali osserviamo il mondo che per Kant erano assolute, per Popper sono semplici ipotesi che la natura ha il potere di contraddire.

Per il filosofo austriaco la mente poi non è una tabula rasa e il metodo induttivo è errato per il semplice motivo che nel momento stesso in cui osserviamo la natura la osserviamo secondo schemi mentali a priori che ci fanno vedere qualcosa, anziché altro. Queste forme pure a priori per il falsificazionista sono però soltanto semplici ipotesi.

Lo scienziato secondo Popper, non è vero che osserva la natura senza presupposti o ipotesi precostituite, la sua osservazione è carica di “teoria”.

Nasce da questa convinzione del filosofo l’idea di mente come faro che illumina la realtà, l’idea di mente come un deposito di ipotesi consce ed inconsce. L’influenza di Einstein,si percepisce anche nella formulazione della teoria della mente come faro, lo stesso scienziato più volte ammetterà che buona parte delle sue teorie erano legate a semplici speculazioni teoriche su ipotesi e convinzioni molto spesso extra-scientifiche.

Nel “Poscritto alla logica della scoperta scientifica” 1983, Popper ha sostenuto che la ricerca scientifica è irrealizzabile se non si svolge sotto le direttive di un “programma di ricerca metafisico”.

Alla fine del suo pensiero dieci anni prima di spegnersi e di uscire di scena, dopo che per quasi mezzo secolo aveva indiscutibilmente dominato nel dibattito epistemologico, Popper cede al fascino della metafisica.

Troppo sconvolgenti e dirompenti erano state le scoperte scientifiche nella seconda rivoluzione scientifica e troppo poco spesso avevano avuto un’ origine scientifica.

Popper decise che non si poteva trascurare nell’avventura e nell’impresa scientifica l’aspetto de contesto e del piano culturale e metafisico, molto spesso a spingere gli scienziati verso una scoperta non erano freddi numeri matematici ma sogni fantastici e fittizi, desideri e speranze.

SCIENZA,VERITA’ E PROGRESSO

“Lo scopo della scienza non è la verità.”

La verità è una meta irraggiungibile, e attraverso la scienza si può solo tentare di arrivare ad una descrizione esauriente del mondo.

Questa tesi che pienamente rientra in tutto il sistema filosofico popperiano, ribadisce l’impossibilità, dopo il risveglio traumatico dovuto alle sconvolgenti teorie scientifiche dei primi del novecento, di connettere il termine scienza con verità. Per decenni la fisica meccanicistica aveva diffuso l’opinione della possibilità che un giorno la scienza avrebbe spiegato ogni cosa, dagli eventi della natura alla psicologia umana.

Ormai questo sembrava un sogno, ed infatti lo era.

Popper invita in tutta la sua filosofia un po’ nietaschanamente a non intimorirsi della perdita delle certezze e così Popper inaugurò la via alla ricerca infinita.

Il progresso scientifico secondo il filosofo era legato ad una sempre maggiore approssimazione verso la meta irraggiungibile della verità. La tesi del filosofo in riguardo al progresso troverà nei post-positivisti un’altra interpretazione cui è saggio in seguito dare una esauriente spiegazione.

2 Commenti

  1. Viviana Esposito

    Devo fare i miei più sinceri complimenti all’autore. Sul web ci sono mille pagine che trattano il positivismo e la sua evoluzione, ma nessuna lo fa in modo chiaro, scorrevole e dettagliato. Stavo letteralmente impazzendo per alcuni dettagli che venivano scritti in modo contraddittorio anche dalle fonti più attendibili come Wiki o Treccani, e ho scelto di affidarmi a questo blog proprio perchè risponde a tutte le mie domande. Anche se è stato scritto tanti anni fa ci tengo a ringraziarti di cuore.

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  2. Pier Giorgio

    A volte un percorso ritenuto dall’autore “banale”serve ai non addetti ai lavori per ripercorrere una strada intrapresa al liceo e poi abbandonata, ma a distanza di tempo il paesaggio di quella strada ci appare bello e illuminante

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