Filosofia per principianti
La sintesi di Storia della Filosofia, per chi si avvicina la prima volta alla Filosofia

da | 1 Lug 2016 | Filosofia | 6 commenti

Filosofia ellenistica / romana

Il periodo ellenistico non è solo la fase finale del corrispondente periodo greco classico (ormai in declino), ma un momento storico ricco di avvenimenti e novità, in cui la cultura ellenistica ha dato vita ad un’autonoma storia del pensiero filosofico, aprendo successivamente la strada alla civiltà dell’impero romano.statue-756624_1280

Questo periodo si caratterizza per la sostituzione, graduale, delle vecchie città-Stato greche con sistemi economici e culturali molto più estesi, regni ed imperi per effetto dei quali le pòlis greche perdono la loro storica identità e nei quali si riuniscono razze e popolazioni diverse, che cercano di parlare un’unica koiné, ovvero una lingua generale comune.

Una trasformazione politica e culturale che ha quindi riguardato diverse etnie e civiltà, accomunate tutte da un denominatore comune: l’idea di salvezza dalle sofferenze terrene, spinta ovviamene dalle nuove religioni che si stavano diffondendo nei territori dell’area mediterranea. E’ questa ricerca individuale di un “mondo migliore” che molto probabilmente ha dato linfa vitale ai tre movimenti filosofici dell’età ellenistica:

  • lo stoicismo
  • l’epicureismo
  • lo scetticismo

Lo stoicismo di Zenone di Cizio propugnava un atteggiamento “stoico”, nel senso che i seguaci di questa dottrina basavano la loro esistenza sull’indifferenza ai piaceri, alle sofferenze ed in generale alle alterne vicende (positive e negative) della vita.

Per gli stoici era quindi irrilevante inseguire il successo. La felicità derivava semplicemente dal sapere qual è la cosa giusta da fare in ogni occasione. Essi ritenevano che l’unico elemento sul quale gli uomini avessero il totale controllo fosse quello di tenere sempre un comportamento giusto e morale, fondato sulla conoscenza, e come tale “virtuoso”.

La scuola stoica è imperniata sul lògos, ovvero sul principio, materiale e spirituale, che governa l’universo con fini provvidenzialistici. Gli stoici consideravano il lògos una divinità impersonale, che colloca ciascun individuo al posto ove gli spetta vivere, in armonia con l’ordine naturale delle cose. Da questa convinzione deriva quindi il comportamento appunto “stoico” che ha caratterizzato i seguaci di questa corrente filosofica, la quale ha influenzano importanti esponenti della Roma storica, come ad es. Cicerone e Seneca.

Zenone di Cizio (leggi tutto …)

Zenone di Cizio è stato il fondatore del movimento filosofico dello Stoicismo, così chiamato perché egli predicava presso la Stoà Poikile (Portico dipinto) di Atene, sita nell’Agorà, cioè nella piazza principale. Da qui il nome di Stoicismo dato alla sua dottrina.

Lo stoicismo ha avuto conseguenze soprattutto per l’etica, perché secondo Zenone gli stoici dovevano andare incontro al destino con coraggio e dignità, un destino che, in un mondo unitario ed organico, è regolato dalle leggi della natura.

Per gli stoici il bene supremo, la giustizia e la forza d’animo conducono l’uomo ad una vita virtuosa.

L’epicureismo, indirizzo filosofico che prende il nome dal suo fondatore Epicuro, ha avuto nei secoli una contrastata considerazione, perché esso è sempre stato associato ad uno stile di vita completamente dedito ai piaceri della vita. Per tale motivo gli epicurei sono stati spesso diffamati nella storia. In realtà i “piaceri” ricercati dagli antichi erano necessariamente diversi dai quelli di noi moderni. Infatti i piaceri antichi potevano benissimo coincidere con un semplice stato di tranquillità, attraverso il quale gli epicurei cercavano di sfuggire al dolore ed all’angoscia esistenziale del loro tempo.

Questa corrente aveva fatto propria la “non predestinazione del destino umano” di cui Epicuro era convinto. Egli infatti era un sostenitore dell’atomismo e quindi riteneva che l’universo fosse composto da minuscole particelle che si muovono in uno spazio vuoto. Però Epicureo riteneva, a differenza di Democrito, che queste particelle non si muovessero in modo predeterminato, ma – collidendo tra di loro – deviassero spontaneamente dal loro corso, causando in questo modo il cambiamento delle cose: fossero cioè dotate del libero arbitrio.

 

Di conseguenza gli eventi non seguivano un percorso predeterminato dagli dèi, che quindi non controllavano il destino degli uomini: cessava così, completamente, il timore reverenziale verso le divinità e verso i fenomeni naturali da parte degli individui.

Gli epicurei pertanto non avevano più motivi d’angoscia, neanche verso la morte (“quando si è vivi la morte non esiste e quando la vita finisce, non avendo più consapevolezza, la morte non può essere percepita) e da qui la loro ricerca dei piaceri della vita, ricerca per la quale essi sono stati spesso considerati, erroneamente, dei depravati.

Epicuro (leggi tutto …)

A differenza degli stoici Epicuro non accettava l’idea del fato, del destino già scritto, e quindi per lui il bene più grande era rappresentato dal piacere, inteso come fuga dal dolore.

Ma non il piacere in senso moderno. Molto più semplicemente per Epicuro il piacere del corpo era la salute, mentre il piacere della mente era la libertà dalla paura (soprattutto della morte) e dall’angoscia. Insomma gli epicurei (seguaci dell’epicureismo) cercavano l’equilibrio dell’animo, la pace interiore.

Pertanto il piacere era un bene e la saggezza dell’uomo stava nel fuggire dal dolore scegliendo quale piacere perseguire tra quelli possibili.

Epicuro era anche un fautore della teoria dell’atomismo, come Democrito prima di lui. Tuttavia per Epicuro – diversamente dagli atomisti classici – gli atomi deviavano dalla loro traiettoria senza uno schema predefinito (come se avessero il libero arbitrio), provocando così i cambiamenti nel mondo. Da questa convinzione derivavano la sua scarsa considerazione del fato e, appunto, la ricerca del piacere come sopra specificata: infatti, se gli eventi non seguono un sentiero predeterminato, gli uomini non possono essere controllati dagli dèi e di conseguenza non hanno più motivo di sentirsi angosciati. In quest’ottica anche la morte non deve più far paura, perché quando essa sopraggiunge finisce la consapevolezza dell’uomo, cosicché la morte non può essere percepita.

Lo scetticismo (che significa “esaminare”) è una corrente filosofica associata a Pirrone di Elide ed a Carneade di Cirene. Gli scettici sostenevano che le conclusioni cui erano giunti gli indirizzi filosofici precedenti non potevano essere prese per “vere”, perché esse sono contraddittorie. Pertanto l’uomo non ha mai la possibilità di conoscere la verità, potendo solo dubitare delle cose, anche perché i nostri sensi ci traggono in inganno, inducendoci in errore. Non si possono quindi né confermare, né negare le argomentazioni che ci vengono proposte. Usando la dialettica, lo scetticismo afferma che un’opinione è buona quanto quella di chiunque altro.

Questo “relativismo” della conoscenza fu aggiustato in parte da Carneade che, addolcendo la posizione del suo maestro Pirrone, ammette la possibilità di una certo grado di certezza nella conoscenza, ma mai una conoscenza sicura ed assoluta, perché una qualsiasi riflessione può essere sempre corretta successivamente, mediante continue modifiche e perfezionamenti della sua rappresentazione: è dunque, quella proposta da Carneade, una teoria del “probabile”.

Pirrone di Elide e Carneade di Cirene, ovvero gli scettici (leggi tutto …)

Pirrone di Elide, detto lo Scettico, aveva una grande convinzione: i sensi ci ingannano di continuo e quindi dobbiamo “sospendere il nostro giudizio”.

Pirrone era anche un uomo molto pratico. Diceva infatti che siccome non possiamo avere una conoscenza certa, ci dobbiamo accontentare molto umilmente delle apparenze e, stando così le cose, nella vita di tutti i giorni è meglio non dare giudizi e comportarci in modo convenzionale, perché questo è lo stile di vita che causa meno danni.

Carneade, allievo di Pirrone, smussò un po’ le posizioni estreme del suo maestro verso lo scetticismo. Secondo Carneade infatti nella conoscenza esiste un certo grado di certezza, anche se non è mai possibile una conoscenza assoluta e sicura.

Pirrone e Carneade erano scettici convinti, nel senso che per loro non c’era soluzione al problema dell’imposibilità di conoscere la verità. Tuttavia nella storia della filosofia non sono mancati scettici per così dire “moderati”, che, mettendo in dubbio le certezze e dubitando dei dogmi dati per scontati, hanno raggiunto nuove verità, che altrimenti non si sarebbero conosciute. Il dubbio scettico così inteso, opposto del dogmatismo (ovvero alla profonda convinzione di detenere la verità assoluta), è uno dei fondamenti della filosofia: pertanto lo scopo dello scetticismo filosofico moderato è quello di avvicinarsi, il più possibile, alla verità.

6 Commenti

  1. riccardo meda

    Salve,
    potrei inserire questo argomento nel mio blog, ovviamente riportando il nome dell’autore e il vostro sito?
    Il titolo del blog è
    diversamentegiovanisempreprotagonisti.blogspot.com/
    Grazie in anticipo.

    Rispondi
    • Steve Round

      Autorizzato. Mi raccomando con il link al sito Studiamo.it Grazie

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  2. Gioacchino Pagano

    Efficace per chi si accosta alla materia!

    Rispondi
  3. Manuele

    Verrà pubblicato anche la parte sulla filosofia del ‘900 e contemporanea?

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    • Steve

      Prossimamente su questi schermi.

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  4. Barbara

    Per me che non mi sono mai accostata alla filosofia è stata una spiegazione illuminante e chiarissima. Complimenti e grazie per aver salvato una neo-studentessa!

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