Hyperpleres e Ipostasi
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Dice Plotino:
“… principio di tutto, voglio dire, non è tutte le cose in una maniera qualunque ma è tutto in una maniera trascendente…”.
Per evitare di essere travisato e interpretato come panteista, Plotino subito chiarisce che nella sua filosofia, l’Uno, Dio, trascende l’essere. Ma, soprattutto, quest’essere che è principio di Tutto, di questo Tutto non ha alcun bisogno, questo oltre ad essere interessante, è fondamentale. Pensato, L’Uno è il Principio di Tutto, ma il Tutto è generato a prescindere dalla volontà, libertà, o dalla medesima necessità dell’Uno. Di conseguenza seguendo la logica plotiniana, ci si dovrebbe chiedere, perché? Perché il Tutto? Perchè il Cosmo?
Fichte, il teorico padre dell’Idealismo tedesco del diciannovesimo secolo, nella sua personale e affascinante interpretazione filosofica del Tutto, ontologica, risolse la questione del Mondo, considerandolo necessario affinché l’IO, così definisce la natura prima dell’Universo, possa esistere in un contesto di dialettica tra l’Io e il NON-IO. Il non-io come scenografia dove l’io può espletare sé stesso. Ma, invece, per Plotino, numerosi secoli prima, la considerazione della ragione del mondo non era affatto simile e anzi era molto più, a mio avviso, ragionevole.
Plotino definisce il Tutto come conseguenza involontaria dell’Uno. L’Uno, come già detto, è il Principio di Tutto, ma di questo tutto non ha bisogna. Quindi l’Universo, il cosmo, esiste, semplicemente come risolse metaforicamente Plotino, per una Sovrabbondanza dell’Uno( hyperplères), sovrabbondanza che non può che causare una costante ed eterna generazione per traboccamento.
Questo è il concetto principale, capito il quale, tutta la filosofia di Plotino viene giustamente compresa e comprendendola non si può non rimanere sbalorditi dall’inesistenza di intralci logici. Tutto si spiana e non si presentano errori, a prescindere dalla verità di questa idea cosmologica, si deve accettare un rigore che raramente è stato mai raggiunto.
L’Uno è libero e dalla sua infinita libertà, inevitabilmente trabocca il Tutto. L’universo si genera così per una necessità involontaria né causale. Non c’è un motivo discrezionale, né una necessità fisica, semplicemente l’esistenza stessa dell’Uno prevede una sovrabbondanza generatrice, indefinibile temporalmente perché infinita, eterna.
Però, ricordate! L’Uno è in una condizione qualitativamente diversa dal Tutto, l’Uno è in un contenitore infinito.
Dice Plotino:
“Perfetto com’è, giacché nulla ricerca, nulla possiede, di nulla ha bisogno, Egli trabocca, per così esprimerci, e la sua esuberanza dà origine a una realtà novella…”.
Fermiamoci qui. Infatti, continuare a leggere l’Enneade V,2,1, rischierei di introdurre concetti che senza un’adeguata spiegazione, risulterebbero poco chiari.
L’hyperplères ovvero il traboccamento, Plotino lo descrive con la metafora della luce e si può anche pensarlo con altre immagini, l’irradiazione oppure le scintille di un fuoco eterno, non so; leggiamo Plotino:
“E pertanto, si può paragonare l’Uno alla luce…”.
Ricordiamo che l’Uno non è l’essere, dall’Uno che è Principio, si genera l’Essere, e questa generazione può essere così rappresentata.
“… il suo fermo orientamento verso l’Uno genera l’essere, la contemplazione che l’essere volge a sé stesso crea lo spirito…”
Questa è l’ipostasi. L’Uno trabocca e genera, ciò che genera si rivolge all’Uno e così è l’Essere, l’Essere pensa sé stesso ed eccolo lo Spirito. L’Essere, che è immagine dell’Uno, per sovrabbondanza ancora, genera un’immagine di sé, l’Anima.
Le Ipostasi, ovvero, realtà sussistenti da sé, costituiscono le tre sostanze principali del mondo intelligibile. La prima ipostasi è l’Uno stesso, il Principio da cui tutto si irradia. La seconda ipostasi è lo Spirito, l’Intelletto, che è duplice è Essere e Spirito. Cosa intende Plotino? Duplice? Sì, l’Intelletto è cosa pensante e cosa pensata. L’essere è e rivolgendosi a sé stesso genera lo Spirito.
L’Anima si genera dall’esuberanza dell’Essere, però non è immobile, come l’Essere o L’Uno. L’Anima è la terza ipostasi. Essa guarda all’Intelletto come fonte delle idee (platonismo) come fosse l’Iperuranio, dall’Intelletto riceve i modelli formali, le essenze, da esse si genera perciò il pensiero.
L’Anima prende dall’Intelletto le idee per poi usarle come forme per ordinare e plasmare, ma è un’Anima cosmica che esiste come ipostasi in sé ma che poi rifuggendo in ogni corpo diviene anima del mondo. Il sensibile deriva dall’Anima che poi lo ordina e lo manovra secondo idee scalfite dall’Intelletto, il tempo, è generato dall’anima.
Il sensibile attraverso l’azione vivificatrice dell’Anima torna nella sua molteplicità ad armonizzarsi con l’Uno, perché costruito sulle idee emanate dalla luce stessa dell’Uno.
Dice Plotino, Enneade V,6,IV:
“… si può paragonare l’Uno alla luce, il termine immediatamente successivo al Sole e il terzo alla Luna che riceve la sua luce dal sole…”.
L’Uno per l’ennesima volta viene definito come sostanza suprema che esiste a prescindere da qualunque altra cosa. La metafora della Luce è illuminante perché scaccia definitivamente ogni inutile riconsiderazione sulla sostanza primaria.
Ripeto, rapidamente, abbiamo l’Uno che è la prima ipostasi, da esso per traboccamento si genera l’Intelletto (ESSERE) che a sua volta si concretizza rivolgendosi all’Uno e si ridefinisce (SPIRITO) rivolgendosi a sé stesso, l’Intelletto è a immagine dell’Uno e per sovrabbondanza genera l’Anima (mobile), questa ha una natura cosmica è universale e contemplando l’Intelletto, accede al mondo delle idee e dell’armonia, questo fa sì che il sensibile da essa generato possa essere ordinato nella sua moltitudine riavvicinandolo alla perfezione dell’Uno.
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