«Praga magica» intitolava tanti anni fa il suo libro il grande boemista Angelo Maria Ripellino.
E Praga magica lo è davvero. Lo è per la sua architettura, tra barocco italianeggiante e rococò asburgico, tra art nouveau e liberty, lo è per le sue viuzze, per gli incomparabili scorci, per i sontuosi edifici nobiliari. O forse, ancora, per il misterioso incontro tra est e ovest, o per l’influenza storica della forte presenza ebraica. O anche, può darsi, perché è effettivamente una delle capitali riconosciute di maghi e magie.
Fatto è che il suo fascino è indiscutibile. Sarà per questo che gli stranieri ne sono catturati: pare che siano 40.000 i ragazzi stranieri, in maggioranza americani, che hanno scelto di stabilirsi in questa città, convinti che questa Praga di inizio millennio sia come la Parigi degli anni Venti, crocevia di artisti e letterati.
Una Praga dove il jazz convive con le melodie di Smetana, dove si moltiplicano le discoteche ma anche i club d’essai e i teatri. Dove la cultura soprattutto è accessibile a poco prezzo. E’ forse anche in questo che consiste il suo fascino: Praga è una capitale europea per la vita culturale che offre eppure è ancora una città a misura d’uomo, dove si può camminare senza essere disturbati dal traffico, dove si può arrivare a piedi da una parte all’altra della città e dove i servizi pubblici di trasporto, comunque, fanno il loro dovere.
Giratela a piedi con lo sguardo rivolto verso l’alto, e ciò che vedrete sarà più interessante di qualsiasi museo. Cominciate, se volete, da Starometske Namesti, la Piazza vecchia, dove un tempo si teneva il mercato e oggi rimane custode di ineguagliabili architetture: la fiabesca chiesa della Madonna di Tyn, con le sue torri gotiche di 80 metri, la chiesa barocca di San Nicola, la gotica Torre delle Polveri e il municipio, con l’orologio astronomico decorato dalle figure di Gesù, degli apostoli, della morte e del turco che ogni ora esibiscono la loro processione davanti ad una piazza gremita di turisti. La piazza è dominata al centro dalla scultura di Jan Hus, che fu eretta nel 1915 in onore del famoso riformista religioso. Intorno alla piazza un reticolo di vicoli intimi e affascinanti che, percorsi in direzione della Moldava, vi condurranno verso il Ponte Carlo, che unisce le rive di Stare Mesto e di Mala strana. Cinquecentosedici metri di pietra, sostenuto da sedici pilastri e ornato da trenta statue sui parapetti e da due torrioni agli estremi, questo ponte vi incanterà per la sua bellezza e la sua magia, se non per la vista del castello che lo sovrasta. Prima di arrivare alla reggia imperiale dovrete però passare per il quartiere di Mala Strana (Città piccola), un insieme architettonico fatto di case barocche, giardini nascosti nei cortili, magnifici scorci e romantiche piazzette che costeggia la fiancata della collina. E in cima sovrasta il Castello, che domina la città dall’alto: all’interno della cittadella le guglie della cattedrale di San Vito, le bianche torri romaniche della basilica di San Giorgio, il Vicolo d’Oro con le sue casette in miniatura dai colori vivaci, un tempo sede di alchimisti e scienziati della corte di Rodolfo e oggi di botteghe di artigianato boemo.
Per l’apoteosi dell’occidentalismo invece, per i bar e le discoteche, dovrete riattraversare tutta la città di Praga verso Venceslavske Namesti (Piazza San Venceslao), un immenso viale che sale verso la facciata del Museo Nazionale, pieno di negozi turistici, hotel, discoteche e ristoranti, la parte forse meno vera della città.
E se quello che cercate è un po’ di verde, fate una passeggiata nel parco dell’Isola di Kampa, cui si accede tramite una scalinata dal Ponte Carlo, o sulle colline Petriny, dalla parte di Mala Strana, da cui potrete peraltro godere di uno splendido panorama. Nei 115 ettari dell’ex riserva reale di caccia di Stromovka, il parco più grande di Praga, c’è invece il complesso espositivo di Vystaviste, dove potete assistere agli zampilli multicolori della fontana musicale di Krizik che danno vita a spettacoli di acqua danzante a ritmo di musica classica o rock.
Ma per afferrare il vero spirito praghese non potete mancare le birrerie che si trovano ad ogni angolo della città. La birra a Praga è quasi una religione, non si cambia e non si tradisce. Dalla Plzensky Prazdroj alla Budvar, ognuno ha la sua preferita e va a consumare il suo rito quotidiano nella sua «pivnice» di sempre. Il turista è ben accetto, andate in una birreria tipica e non avrete neanche bisogno di ordinare…finito un bicchiere il cameriere ve ne sbatterà subito un altro su un tavolo, incurante del vostro stomaco poco avvezzo.
UN RICORDO DI PRAGA
Praga è ormai solo un ricordo lontano. Eppure è uno di quei ricordi che non bastano a se stessi, che hanno bisogno di essere continuamente rinfrescati e alimentati, come se ogni volta non fosse abbastanza esserci stata e andarci di nuovo e ritornarci ancora.
Praga l’ho scoperta e come tanti l’ho amata fin dal primo istante. Anno dopo anno da quella prima volta in cui la rivoluzione le aveva finalmente restituito la libertà e allo stesso tempo gliel’aveva tolta, l’ho vista crescere. C’erano ancora sparsi qua e là quei carri armati ormai simboli di una dittatura finita e le persone che incontravi per strada te li mostravano con orgoglio, con l’entusiasmo di chi quei carri armati non deve più temerli. E ti porgevano le foto.
La folla riunita in un solo grido e «io c’ero, io c’ero», ti dicevano entusiasti.
Molti, vedendoti turista, ti guardavano ostili, persino all’ufficio informazioni non si riusciva a comunicare neanche sull’orario di un treno se non si parlava la loro lingua. Ai ristoranti si spendeva poco, anzi pochissimo, ma era difficile mangiarci: di solito non c’era posto neanche se il ristorante era vuoto.
Che scocciatura questi turisti, solo scocciature. Praga era bella. Malinconica e affascinante per la sua malinconia. «Si insinua sorniona nell’anima con stregamenti ed enigmi, dei quali solo essa possiede la chiave.
“Praga non molla nessuno di quelli che ha catturato”, scrisse di lei Angelo Maria Ripellino, che fu uno dei suoi innamorati perduti. E infatti ne rimasi ammaliata. Mi stregò per la magia del ponte Carlo, per le viuzze silenziose e per l’odore di carbone, per l’ebbrezza accattivante delle sue birrerie e per la sua spontaneità.
Mi stregò a tal punto che al mio ritorno decisi di laurearmi in ceco, nonostante tutti mi scoraggiassero e nonostante sapessi che sarei diventata una disoccupata senza futuro professionale.
Così Praga l’ho studiata. L’ho ripercorsa conoscendo le sue leggende, seguendo gli itinerari dei poeti e degli scrittori che, come me, l’hanno amata e che di lei hanno scritto, imparando a fatica la lingua dei suoi abitanti e comunicando con loro.
Per i giovani, ubriachi d’occidente, la statua di Jan Hus era diventata il «John Hus’ monument», le persone più anziane rimpiangevano i tempi in cui nessuno era ricco ma nessuno era neanche povero, gli scrittori dissidenti potevano finalmente pubblicare, ma subito venivano tacciati di occidentalismo. E le strade di Praga cambiavano. Apriva un negozio della Stefanel dove prima c’era un piccolo negozio d’abbigliamento, i grandi magazzini diventavano di proprietà tedesca e alcuni ristoranti chiudevano. Nelle nuove boutique c’era fila per entrare ma le casse erano vuote. E ogni anno un nuovo Mc Donald: il primo a Vaclavske Namesti, il secondo a Florenc, il terzo a Mala Strana. E poi pizzerie, ristoranti cinesi…E Starometske Namesti brulicava di turisti.
E intanto io Praga la vivevo. La vivevo insieme agli studenti praghesi, insieme ai loro entusiasmi e alle loro delusioni, alle loro birrerie ed ai loro centri sociali appena nati. Consumavo con loro rare nottate di discoteche, da cui come loro rientravo amareggiata. E allora, tornando a casa la notte, ci sedevamo sul ponte Carlo e lì, al centro del ponte deserto e della notte, narravamo leggende di fantasmi e di vodnici, gli omini acquatici che vegliano su Praga dal fiume Vltava, e nella notte ritrovavamo la magia di un tempo, la nostra Praga barocca.
Ora anche loro che chiamavano Jan Hus ‘John Hus’, affermavano che Praga stava ormai diventando una città invivibile: la delinquenza, il traffico, il costo della vita. Per me era ancora la città più umana che conoscessi.
Ora so poco di lei, io che sognai di piantarvi le mie radici, solo brevi e sfuggevoli notizie di chi ogni tanto vi torna ad inghiottire un goccio di passato con un bicchierino di Becherovka. Tuttavia non mi sono liberata dalla sua rete, e lo confesso, non faccio niente per sfuggirne, come un amante infelice che si crogiola nella sua tristezza. Praga la ricordo volentieri, e con struggente dolcezza la sogno.
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