Grandi misteri e numeri
E’ vero che le grandi opere dell’antichità nascondono misteri e segreti eccezionali?

da | 7 Ago 2016 | BLOG | 2 commenti

C’è chi crede che le grandi opere costruite dagli antichi (per es. le Piramidi egiziane) nascondano misteri e segreti eccezionali.

Questi misteri sono per lo più celati nelle grandezze delle costruzioni stesse, così come espresse dalla numerologia, cioè dalla disciplina esoterica che attribuisce un significato particolare ai numeri.

 

Prendiamo ad esempio la Piramide egiziana di Cheope, l’unica delle sette meraviglie dell’antichità non andata distrutta ed ancora visitabile.piramide

Secondo i calcoli degli appassionati dell’occulto e dei seguaci di numerologia, la sua altezza originaria (m. 145 e 75 cm.) moltiplicata per un milione fornisce approssimativamente la misura della distanza Terra–Sole.

Inoltre la Piramide di Cheope si troverebbe al centro esatto della massa terrestre, perché è all’incrocio tra il meridiano ed il parallelo che coprono la maggior porzione di terra emersa.

E non finisce qui: il suo peso di 5 milioni e 273 mila tonnellate, moltiplicato per un miliardo, è uguale al peso della Terra, mentre il suo perimetro di base, diviso per la metà dell’altezza, è uguale a pi greco (л – 3,14), cioè al rapporto tra la circonferenza e il raggio di qualsiasi cerchio, valore scoperto molti secoli dopo la costruzione della Piramide di Cheope.
Quest’ultima sarebbe anche una rappresentazione in scala 1/43.200 della Terra stessa.

Cosa dire di fronte a tale notevole serie di coincidenze, proveniente dai calcoli degli esoterici e dei “piramidologi”? Siamo di fronte alla prova evidente di un’ingegneria superiore da parte degli antichi (magari con un aiutino “alieno”, come dicono gli occultisti più radicali) o si tratta appunto semplicemente di coincidenze?

pi-1453836_1920La verità è una sola: con i numeri si può fare quello che si vuole.
Quando si vuole per forza cercare dei significati reconditi, è facilissimo indirizzare i calcoli ed interpretarli in funzione di tale esigenza.

Questa verità non è farina del nostro sacco, ma la esprime nientedimeno che Umberto Eco. Leggete infatti il seguente testo del grande semiologo scomparso, tratto dal suo romanzo Il pendolo di Foucault e riferito alle misure di un comune chioschetto di legno, del tipo di quelli ove si vendono i giornali o i biglietti della lotteria:

Signori, invito loro ad andare a misurare quel chiosco. Vedranno che la lunghezza del ripiano è di 149 centimetri, vale a dire un centomiliardesimo della distanza Terra–Sole. L’altezza posteriore divisa per la larghezza della finestra fa 176/56 = 3,14 (ovvero pi-greco л). L’altezza anteriore è di 19 decimetri e cioè pari al numero di anni del ciclo lunare greco. La somma delle altezze dei due spigoli anteriori e dei due spigoli posteriori fa 190×2 + 176×2 = 732, che è la data della vittoria di Poitiers. Lo spessore del ripiano è di 3,10 centimetri e la larghezza della cornice della finestra di 8,8 centimetri. Sostituendo ai numeri interi la corrispondente lettera alfabetica avremo C10 H8, che è la formula della naftalina.

Fantastico no? Chi avrebbe mai detto che i comuni chioschi sulle strade nascondessero tutte queste grandezze ancestrali e misteriose? Solo il grande Umberto Eco poteva scovare una notizia così straordinaria.

2 Commenti

  1. Marco Virginio Fiorini

    Sarà anche Umberto Eco (autore che rispetto per altre cose) che ha detto ciò. Ma mi sia consentito: è una autentica stupidaggine non degna della sua fama. Questa affermazione può solo stupire gli ingenui o i “boccaloni”.

    E’ ovvio che prendendo due o più misure a caso di un qualunque oggetto e sommandole / moltiplicandole / dividendole tra loro, si può arrivare a trovare un altro dato qualsiasi (es. la data della scoperta dell’America o la data di nascita di Napoleone).

    Diverso è, se intersecando tra loro misure di uno specifico oggetto sia arriva a scoprire che questo è stato volontariamente creato rispettando delle celebri costanti matematiche (Pi Greco, Proporzione Aurea, Proporzione Argentea, successione di Fibonacci, altre…).

    In questo caso iI Sig. Umberto Eco, ha perso un’ottima occasione per tacere.

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    • Andrea

      E’ esattamente quello che voleva dimostrare Umberto Eco; in questo caso è lei, Marco, ad aver perso una occasione per tacere.

      Rispondi

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