Gayle Tzemach Lemmon, giornalista per il Financial Times, parte per Kabul, per parlare delle donne d’affari afgane dopo l’ascesa al potere dei talebani. Seguendo il desiderio appassionato di raccontare la storia vera di una di queste straordinarie donne, in grado di giocare un ruolo sociale fondamentale per la ricostruzione del Paese creando opportunità per sé stesse e per gli altri, Gayle inizia il suo viaggio e, dopo diverse settimane, finalmente incontra una donna che lavora per Bpeace, un’organizzazione non profit di New York, che le parla di una giovane sarta diventata imprenditrice, Kamila Sidiki.
“Sentii un guizzo di entusiasmo giornalistico, di quell’adrenalina scatenata dalla scoperta di una notizia per cui ogni reporter darebbe la vita. Kamila non solo gestiva un’azienda propria, ma era entrata nel mondo degli affari da adolescente, durante l’epoca talebana. L’idea di una lavoratrice coperta dal burqa che avvia un’attività sotto il naso dei talebani era elettrizzante (…). La maggior parte dei racconti di guerra si concentrano inevitabilmente sui maschi: soldati, veterani, uomini di Stato. Ma io volevo sapere cos’era la guerra per chi era stato messo da parte: le donne che erano riuscite ad andare avanti anche mentre il loro mondo cadeva a pezzi. La guerra cambia la vita delle donne e spesso le costringe – cogliendole impreparate – ad assumere l’inatteso ruolo di chi deve sostenere la famiglia. Trovandosi sulle spalle la responsabilità della sopravvivenza di mariti e figli, inventano modi diversi per provvedere al sostentamento dei parenti e della comunità. Ma queste vicende vengono raccontate di rado. Siamo ben più abituati a vedere donne ritratte come vittime di guerra a cui offrire compassione, invece che come sopravvissute indistruttibili degne del nostro rispetto. Io ero determinata a cambiare tutto questo”.
Il libro racconta la storia vera di Kamila dopo l’arrivo dei talebani a Kabul, e delle difficoltà che la piccola sarta ha incontrato nell’aprire la sua attività, poiché i talebani avevano imposto, per le donne, le seguenti tre norme: le donne dovevano rimanere in casa, non potevano lavorare e, in pubblico, dovevano indossare il chadri. E Kamila è riuscita, nonostante la situazione davvero complicata, a lanciare la sua attività di sartoria, ad aprire una scuola dove è arrivata ad insegnare a più di novecento sue connazionali, portando avanti una piccola grande idea rivoluzionaria: lavoro e istruzione in Afghanistan trasformano la vita delle donne!
Il libro si legge tutto d’un fiato, e sono tanti i momenti in cui ci si emoziona, pensando alla quotidianità di Kamila e a quanto è riuscita a fare con le piccole proprie forze.
Oggi è l’8 marzo, Festa della Donna. Credo che il modo migliore per omaggiare le donne nel mondo sia pensare a donne come Kamila, esempi di tenacia e forza straordinaria, che vogliono la pace e lottano per i propri diritti e che credono davvero che un mondo migliore sia possibile, anche in condizioni che possono apparire impossibili … Che pensano al presente, ma che volgono lo sguardo al futuro e alle prossime generazioni. Un futuro, per tutti e per tutte, di pari dignità.
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