È l’Europa? No, … è una Babilonia
Che futuro per l’Europa dopo la Brexit (l’uscita del Regno Unito)?

da | 8 Lug 2016 | BLOG, Diritto pubblico privato ed internazionale | 0 commenti

Tutti si chiedono:  cosa accadrà all’Europa dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea a seguito del referendum in cui tale volontà è stata espressa dalla maggioranza degli inglesi (uscita che dovrebbe essere formalizzata a breve)?

Risposta: non si può essere ottimisti dopo la Brexit.

E’ infatti molto probabile che l’esempio del Regno Unito sia seguito, nei prossimi anni, da altri Paesi del continente. Non è una previsione dettata da semplici sensazioni, ma da una concreta presa d’atto della realtà, fondata sui recenti comportamenti tenuti dagli Stati partecipanti all’UE.

 

E’ sufficiente guardare l’immagine sotto riportata per capire la Babilonia che è diventata l’Europa, con il Regno Unito che non si sa dove collocare. L’Europa con tutte le sue divisioni e ripartizioni potrebbe essere utilizzata per studiare gli “insiemi” in matematica, come dimostra la ragnatela di “gruppi” internazionali formatisi in conseguenza degli Accordi e Trattati in vigore.

Europa

Da tempo sulle pagine del nostro sito (se siete interessati andate alla sezione “Diritto internazionale”, per es. leggete l’articolo “Unione Europea”) richiamavamo l’attenzione sulle evidenti criticità della UE, che avrebbero potuto portare all’implosione di questa importante organizzazione sovranazionale.

Scrivevamo infatti nel lontano giugno 2008.

Originariamente le criticità dell’Unione Europea erano le seguenti:

  • barriere linguistiche, che fanno dell’UE una moderna Babele
  • interessi particolari (e non comuni) di alcuni paesi in alcune materie

A queste con il tempo se ne sono aggiunte altre:

  • rappresentanza democratica non assicurata (le norme europee le decidono i governi dei singoli Stati e di conseguenza il Parlamento europeo ha grosse difficoltà nel concretizzare un procedimento legislativo univoco)
  • incapacità di giungere ad un orientamento comune sulle “grandi questioni” 
  • incapacità di decidere una politica estera comune, come hanno dimostrato le emergenze internazionali di guerra
  • non realizzazione di una moneta unica per “tutti” i paesi UE;
  • scarsa efficacia della politica monetaria nelle mani della BCE
  • allargamento eccessivo dell’Unione, fino a comprendere troppi paesi e troppo diversi (per cultura ed economia), con un aggravamento dei problemi già presenti, riguardanti l’impossibilità di conciliare posizioni ed interessi nazionali eccezionalmente distanti tra di loro
  • conseguente burocratizzazione dell’apparato produttivo di norme

Paradossalmente la UE sta tornando indietro, ai tempi in cui la principale funzione dell’Unione era quella di mettere intorno allo stesso tavolo di discussione i diversi paesi membri, allo scopo di realizzare, laddove possibile, quel dialogo istituzionale necessario al bene comune. Sotto questo aspetto l’UE si è parecchio avvicinata all’ONU, quando invece essa è sempre stata qualcosa di molto diverso e più evoluto (giuridicamente e concretamente), per i poteri e le prerogative che deteneva (e formalmente ancora detiene).

Siamo purtroppo stati profeti, con una UE che soprattutto non riesce a decidere rapidamente ed a far rispettare a tutti i suoi membri le faticose decisioni adottate.

L’esempio più lampante, nonché cartina tornasole delle diversità culturali, è il problema attuale dei flussi migratori , i quali hanno messo straordinariamente in luce l’impossibilità dell’Istituzione UE di esprimere una volontà comune, con alcuni Paesi UE che addirittura stanno costruendo muri per non accogliere i flussi, accanto ad altri che fanno invece la loro parte

Insomma il messaggio morale che se ne può trarre è il seguente: non bisogna essere europeisti per forza, lo si deve essere quando l’Istituzione che rappresenta l’Europa funziona bene, quando ciò non è (e tanti comportamenti nazionali lo dimostrano più che mai) si è autorizzati a scartellare, cioè a derogare. Altrimenti si persevera nella stupidaggine tutta italiana di continuare a fare cose che si riveleranno poi assolutamente contrarie al buon senso.

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