Carlo Grande – Padri, avventure di maschi perplessi
Recensione del libro ” Padri, avventure di maschi perplessi ” di Carlo Grande.
Il tramonto sulla spiaggia. Le onde che spumano mentre dolcemente si accasciano alla riva. Un uomo e il suo piccolo figlio per mano: soli, mentre assaporano la brezza marina con le caviglie che affondano nella sabbia bagnata dalle onde che si sono appena ritirate, lo sguardo che indica l’orizzonte. E’ una bella immagine, poetica e insolitamente intensa per la copertina di un libro. Ne rimango subito affascinata.
“Padri, avventure di maschi perplessi”, di Carlo Grande, è un piccolo libro, di 120 pagine, uscito da poco. Raccoglie racconti di padri, di uomini con le proprie debolezze e con percorsi di vita molto diversi tra loro: sono storie di maschi che tentano di crescere, a volte con audacia, a volte con timore, che vivono la paternità o che sognano di diventare padri.
I racconti sono attuali, spesso crudi, scritti con una forma semplice e immediata, ti fanno pensare. Non so se per la bellezza della natura, le descrizioni delle montagne e dei profumi dei boschi, ma queste storie di vita (di personaggi reali o immaginari) mi hanno coinvolta sin dalle prime pagine.
Non parliamo di uomini perfetti, anzi, tutt’altro. Sono persone che tentano di crescere, che si rimettono continuamente in discussione, che affrontano la vita con tutte le insicurezze tipiche della fragilità umana: c’è il separato, l’alpinista, il padre inetto, il cacciatore che è anche maestro di vita. E figli che osservano. Che non imitano necessariamente le azioni dei padri. Un percorso di crescita, tra padri e figli, alla ricerca di un’identità spesso indefinita e difficile da raggiungere.
“Un giorno smetterò di essere figlio e mi sentirò terribilmente solo. Un giorno ripenserò a tutti i contrasti, le distanze, i silenzi con mio padre, alla nostra generazione che voleva mettere tutto in discussione, la famiglia, i genitori, la società – ed era giusto – e sarà inevitabile trovare lui al centro dei ricordi, nei tempi dell’infanzia; lui, punto fermo con la sua presenza quotidiana, con la sua protezione. Lo rivedrò piegarsi e sollevare il nipotino così come sollevava noi. Attraverso lui forse ritroverò me stesso”.
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