George Steiner – Una certa idea di Europa
Una recensione del libro "Una certa idea di Europa" di George Steiner

da | 15 Giu 2006 | Libri | 0 commenti

George Steiner – Una certa idea di Europa

 

Recensione del libro ” Una certa idea di Europa ” di George Steiner.


steinerE’ maggio, il mese delle rose. Arrivano finalmente le belle giornate, e quando si va nei locali a bere qualcosa, si approfitta subito per sedere sui tavolini fuori, all’aria aperta, per assaporare il tepore di questi primi raggi di sole, e osservare il via vai della gente mentre si sorseggia una tazza di the o una birra. Seduti, in pieno relax: e conversare, ridere, ascoltare, sbirciare la gente che frequenta il locale. A Milano, come a Parigi, a Vienna come a San Pietroburgo.

L’ultima provocazione del corrosivo George Steiner è racchiusa nel libro “Una certa idea di Europa”, che parte proprio dai caffè europei, indiscussi protagonisti dell’opera, per parlare dei costumi, delle idee, e delle tradizioni europee. I caffè sono per Steiner molto simili, sempre pieni di gente e di parole, dal continuo vociare, luoghi in cui si scrivono versi, si filosofeggia e si pratica la conversazione civile. E l’Europa è esattamente come i caffè: “Dal locale di Lisbona amato da Fernando Pessoa ai cafès di Odessa frequentati dai gangster di Isaak Babel. Dai caffè di Copenaghen, quelli di fronte ai quali passeggiava Kierkegaard nel suo meditabondo girovagare, fino a quelli di Palermo”.

La geografia europea ha sempre agevolato la comunicazione tra i popoli e le loro culture, persino quando ci si ammazzava per ragioni politiche o religiose. Una geografia camminabile, a misura d’uomo, ben diversa dai “deserti roventi del Sahara, dalle selve geroglifiche dell’Amazzonia, dalle pianure ghiacciate e sterili dell’Alaska”. Un’Europa legata al suo passato, a tratti opprimente, che le dà però consistenza e bellezza, dove le strade e le piazze riportano il nome di grandi scienziati, artisti, letterati. Le differenze con l’America sono evidenti, qui le vie e i viali riportano numeri e lettere dell’alfabeto, perché si preferisce guardare al futuro piuttosto che al passato.

L’Europa è il luogo della memoria; l’America è quello delle visioni e delle utopie futuriste”.

Un’Europa che ha nella sua tradizione ragione e fede, che discende simultaneamente da Atene e da Gerusalemme, con gli europei costantemente in bilico tra due modelli sociali contrapposti: “la città di Socrate e quella di Isaia”.

Una differenza culturale che ha portato alla democrazia e alla società laica, alla sovranità dell’individuo e allo sviluppo economico, pagati duramente con guerre sanguinarie che hanno causato milioni di morti, ma dalle cui ceneri sono sorti valori come la tolleranza e la convivenza. Eppure, per Steiner, l’Europa è destinata a morire: l’omologazione culturale verso il basso prodotta dalla globalizzazione, lo sciovinismo nazionalista, i regionalismi sfrenati, l’antisemitismo. Tutti elementi che ci porteranno a scomparire: “il celebre tramonto hegeliano, che ha gettato un’ombra sull’idea e sulla sostanza dell’Europa, persino nella sua ora più fulgida”.

Steiner non offre nel suo libro una ricetta per salvarci da una visione così fatalista, ma indica una strada: la cultura.

Il mondo della cultura ha un’importanza fondamentale per la qualità della vita. Una cultura che però è vulnerabile, in questa epoca dominata dal “fascismo della volgarità, dalla censura del mercato e dall’economia della conoscenza”. “E’ indispensabile essere elitari – ma nel senso più autentico del termine: prendersi la responsabilità per il meglio della mente umana. Una élite culturale deve sentirsi responsabile della conoscenza e della conservazione delle idee e dei valori più importanti, dei classici, del significato delle parole, della nobiltà dei nostri spiriti. Essere elitari, come ha spiegato Goethe, significa essere rispettosi: rispettosi del divino, della natura, degli altri essere umani, e dunque della nostra umana dignità”.

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