Giorgio Faletti: niente di vero tranne gli occhi
Ho appena finito di leggere il secondo romanzo di Giorgio Faletti, intitolato “niente di vero tranne gli occhi” e, così come ho fatto per il primo libro, “Io uccido”, voglio dire la mia anche su quest’ultima fatica letteraria dell’ex comico Giorgio Faletti, conosciuto in tutta Italia soprattutto per la sua partecipazione a “Drive in”, trasmissione TV cult degli anni ’80.
La storia si svolge a cavallo tra Roma e New York e vede protagonisti una donna, Maureen Martini, Commissario della Polizia italiana, ed un uomo, Jordan Marsalis, fratello del Sindaco di New York ed ex tenente del NY Police Department. Le strade e le vicende personali dei due personaggi principali si incontrano nella città di New York, a causa delle indagini della polizia newyorkese dirette alla ricerca del colpevole di una efferata catena di eccellenti omicidi che sta sconvolgendo la città.
La trama quindi è quella abusata dello spietato serial killer e della corsa contro il tempo per catturarlo e fermarlo. Anche quest’ulteriore rivisitazione di Faletti della caccia al serial killer ha una sua originalità, come tutti gli omicidi seriali che si rispettino, e che, in questo caso, è rappresentata dal fatto che l’assassino firma i suoi delitti posizionando i corpi delle vittime come fossero i personaggi di Peanuts. A favore dei tanti italiani che non conoscessero, ed a ragione, le strisce dei Peanuts, tanto popolari in America quanto semisconosciute in Italia, ci permettiamo di spiegare che il riferimento è ai personaggi dei fumetti creati dalla fantasia di Charles Schulz ed in particolare ai vari Snoopy, Linus, Lucy e compagnia bella.
Ma la frenetica ricerca del serial killer non è la sola citazione presente nel libro di Giorgio Faletti. Appare già utilizzato in molta letteratura thriller (ed in molte produzioni cinematografiche) anche l’espediente degli “occhi che vedono”, ovvero il fenomeno delle visioni paranormali di scene criminali o di altri accadimenti del passato, ad opera di persone non vedenti, che avranno poi un ruolo fondamentale nelle indagini degli investigatori.
Ad onor del vero, tolti questi aspetti del racconto non certo originali, il romanzo è comunque avvincente e si dipana su percorsi particolarmente inusuali e di forte presa e coinvolgimento.
Che dire allora del Faletti scrittore? Mettendo a confronto l’ultimo libro “niente di vero tranne gli occhi” con l’esordio narrativo rappresentato da “Io uccido”, si percepisce una forte maturazione di Giorgio Faletti. Lo stile narrativo di “Io uccido” era, per molti versi, contorto, pur nella fluidità e semplicità dell’esposizione, appesantito da non necessari preziosismi descrittivi, che apparivano spesso artificiosamente cercati ed inseriti nella storia. Inoltre, alcune parti della narrazione erano eccessivamente approfondite, mentre altre, al contrario, erano scarsamente esaminate e spiegate al lettore. Questa incoerenza descrittiva non deve meravigliare, perché è tipico degli scrittori, soprattutto di quelli “in erba”, non attribuire la medesima importanza a tutti gli avvenimenti del racconto, ma riservare un maggior rilievo espositivo alle vicende ritenute più interessanti e sulle quali si riversa la migliore fantasia e creatività artistica, trascurando inevitabilmente le altre vicende della trama.
In “niente di vero tranne gli occhi”, Giorgio Faletti non compie più questi errori, perlomeno non li compie più in maniera così evidente e frequente. E’ uno scrittore più maturo e conscio del suo nuovo ruolo di elargitore di fatti umani e personaggi nei quali i lettori si interpretano ed impersonano, per cercare inconsciamente, in ultima analisi, la fuga (provvisoria) dalla realtà, qual è il fine estremo di qualsiasi racconto che sia frutto dell’immaginario dell’autore.
Non ci sono più sbavature nella storia, né grandi incoerenze narrative ed il libro è caratterizzato da una bella linearità espositiva (elemento imprescindibile per un thriller), che ne fa un romanzo certamente godibile dal punto di vista strettamente linguistico. Tuttavia, lo stile di scrittura di Faletti rimane ancora uno stile non completamente scorrevole, che il nostro scrittore può benissimo migliorare avendone manifestamente le capacità. In particolare, il riferimento è ai periodi letterari del libro che sono ridondanti di definizioni evidentemente innaturali e messe lì appositamente per creare frasi ad effetto. Inoltre, l’augurio è che finiscano il prima possibile le espressioni sintattiche in cui non si riesce ad attribuire con sicurezza l’azione al soggetto, a discapito della comprensione immediata del testo.
Venendo ora alla componente più tipica e di maggiore impatto di un romanzo poliziesco, ossia la particolarità ed efficacia della trama, beh, da questo punto di vista, niente da ridire allo scrittore Faletti. Anzi, è proprio la grande eccezionalità della storia il punto di forza di Giorgio Faletti e, sicuramente, il motivo del suo straordinario successo editoriale, anche per questa nuova uscita letteraria. Colpisce in Faletti la non comune capacità di partorire opere di fantasia d’immensa e coinvolgente intensità narrativa. Nel suo ultimo lavoro Faletti è riuscito a cucire una storia ricca di suspense, colpi di scena ed intrecci, degna dei più quotati scrittori americani del genere thriller-poliziesco. In taluni casi, egli riesce addirittura ad andare oltre, inserendo note di colore e di originalità che difficilmente si potrebbero leggere negli stereotipati gialli d’oltreoceano.
Il lettore è trasportato freneticamente e consapevolmente in un susseguirsi di eventi sorprendenti e coinvolgenti che lo invitano, senza possibilità di fuga, a continuare a leggere, allo scopo di scoprire l’inaspettata evoluzione dell’avvincente trama che lo sta dichiaratamente conquistando.
In fin dei conti, cosa vogliamo quando leggiamo un libro? Desideriamo semplicemente che la storia faccia presa e ci spinga a divorare velocemente la lettura per conoscere il finale, per sapere come va a finire. Beh, potete essere certi che “niente di vero tranne gli occhi” di Giorgio Faletti realizza pienamente e soddisfacentemente questo obiettivo, perché lo scrittore è riuscito a confezionare una storia estremamente coinvolgente, risultato di una vena creativa sostenuta da un’invidiabile ed impressionante fantasia.
Ho trovato un errore clamoroso alle pagine 364-365: mentre a New York è mezzogiorno, a Roma sono le sei del mattino. È esattamente il contrario.