Piccoli crimini coniugali di Eric-Emmanuel Schmitt
Recensione del libro di Eric-Emmanuel Schmitt “Piccoli crimini coniugali”.
“In Schmitt c’è una côté taoista che sembra spingerlo invariabilmente verso soluzioni d’equilibrio, quasi a voler sfuggire di proposito la passionalità delle soluzioni estreme. O forse siamo noi che dobbiamo riabituarci al fatto che il vero fuoco d’artificio finale è la serenità.”
La nota del traduttore Alberto Bracci Testasecca.
Gilles e Lisa, una coppia sposata da anni, tornano a casa dopo essere stati in ospedale.
Gilles ha avuto un incidente a causa del quale ha perso la memoria, o questo, almeno, è quello che vorrebbe farci credere.
Mano a mano che la storia procede, infatti, ci si chiede se davvero abbia perso la memoria o se il suo non sia stato piuttosto un tentativo, mal celato, di dimenticare una vita e un rapporto che non stava più in piedi.
“Piccoli crimini coniugali”, come il titolo stesso suggerisce, è un’esplorazione dell’universo a due in cui non sempre è facile sopravvivere al tedio di una vita insieme che scorre lenta e sempre uguale nei giorni.
Non nuovo a questa tematica Eric-Emmanuel Schmitt ci presenta un mondo grigio, fatto di tradimenti e di rapporti difficili inaspriti dai troppi silenzi.
Interessante l’ambientazione “povera” tipica di una scenografia teatrale, lo stile secco dei dialoghi e la profonda indagine psicologica.
Un po’ deludente, forse, il finale, non perché privo di colpi di scena, che tutto sommato sarebbero stati fuori luogo, ma perché quasi troppo semplice, privo di pathos e di quella drammaticità che contraddistingue le relazioni umane.
Che questo sano, quanto strano “ottimismo” non sia solo un modo per mostrare quanto a volte sia più difficile restare piuttosto che scappare?
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