Ho sempre amato la scrittura di Susanna Tamaro, dai tempi di “Va’ dove ti porta il cuore”. Uno stile inconfondibile, che ti rimanda, con la mente, attraverso le storie raccontate nei suoi libri, a riflessioni su ciascuno di noi, come pensiamo, le nostre idee, i ricordi, il nostro modo di rapportarci con gli altri, attraverso l’uso della figura retorica della similitudine e lontano da moralismi e comportamenti obbligati.
Basta una parola per evocare dentro di noi profonde emozioni. Ed è proprio in questo libro, “Ogni parola è un seme”, che la scrittrice ci vuole catapultare tra due opposte estremità: quella della parola, portatrice e rivelatrice di senso, e il silenzio, ormai morto dentro di noi. “Ogni parola è un seme. E come il seme, quando è fecondo, contiene in sé il proprio nutrimento”. Ma la parola può costruire e può anche distruggere. E noi, uomini e donne della società contemporanea, secondo Susanna, abbiamo perso il gusto di rimettere in discussione il vero senso della vita, accontentandoci di realtà conosciute, senza voler cercare, attraverso il silenzio e l’ascolto interiore, di crescere e migliorare i talenti di cui siamo capaci, e di intraprendere un percorso di vita che ci può far avanzare sulla strada della ricerca della sapienza.
“Spesso mi chiedo come si possa definire il nostro tempo, se c’è un fattore che lo unifica e lo contraddistingue. Sicuramente è un’epoca di grande complessità e di grosse contraddizioni (…). Se devo però immaginare un fattore evidente, fisico, che distingue i nostri giorni e lega insieme tutte queste contraddizioni, lo identifico nella presenza ossessiva e tirannica del rumore, di una disarmonia sonora che farebbe fuggire i delfini oltre l’orizzonte ma alla quale gli esseri umani sono ormai totalmente assuefatti. Il silenzio è morto e, scomparendo, ha trascinato con sé tutto ciò che costituisce il fondamento dell’essere umano.
Non c’è silenzio nell’aria intorno, non c’è silenzio nelle menti, nei cuori. L’assenza di silenzio è il trionfo di quella che tutte le tradizioni orientali chiamano “la scimmia” – la nostra mente – che si agita, s’indigna, strepita per coprire lo schiamazzo degli altri. La scimmia produce un costante turbine di impressioni, di opinioni, di allarmi, un fiume in piena che travolge qualsiasi tentativo di porre, nella mente e nel cuore, vera pace e stabilità (…). Senza silenzio non posso conoscermi, non posso conoscere l’altro, non posso conoscere il misterioso destino che ci lega. Senza silenzio, non riesco a mettermi in ascolto. Senza ascolto, non posso attingere alla fonte della sapienza.
Ma perché siamo avvolti in questo turbine di spazzatura sonora? Da dove viene il frastuono, perché nessuna forza riesce più a contenerlo? Il frastuono ci frastorna. Chi vuole che siamo trasformati?”.
La lettura del libro scava dentro di me, alla ricerca del senso perduto delle vere libertà dell’uomo e delle libertà che ci sta vendendo la nostra società. Sì, è vero, siamo liberi ma “abbiamo deciso quale è la verità e dunque puntiamo il cannocchiale nel punto esatto dove siamo certi di vederla. Che cosa succeda a destra, a sinistra, sopra, sotto il nostro campo visivo non ci riguarda. Non ci riguarda perché siamo pigri, perché abbiano paura, perché è comodo vedere le cose sempre nello stesso modo (…) Ma io voglio essere ingenua perché l’ingenuità è l’assenza di schemi”.
Da leggere. Per riscoprire il senso perduto del mistero della vita.
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