La vidi brillare in un deserto di ruggine
radiosa, pomposa e funerea.
Qualcosa scosse quel calmo incesto,
mutevole, dal nulla prendeva forma.
Freccia utopica scagliata dall’arco
luccicante e tagliente di un bimbo roseo,
percorse soffocante ogni lembo
del mio attonito corpo ridondante.
Avrei voluto bruciare di un fuoco implosivo
e godere al contempo dell’estasi
purpurea e furiosa, dell’abbraccio
di una dolce e solenne cascata.
Perché, mondo maledetto, ti accanisci
con indomata furia su qualcosa
di cosi inebriante purezza
da far arrossire la neve al suo passaggio?
Mi attraversò in un fermento fulmineo
e al dischiudersi dei contemplanti sensi
figure nere già intonavano la danza fatale.
Una nube di paure mistiche apparve
con morbosa precisione incidendo
languide parole grigie nel rossastro mare:
ogni luce soffocata è l’albore
di un nuovo ed immenso marmoreo cielo.
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