Un libro a dir poco sorprendente. Due scienziati francesi, Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies, svelano, forse per la prima volta, quello che i membri della comunità scientifica internazionale (i materialisti, come li chiamano gli autori) si guardano bene dal comunicare.
Il messaggio dei due scienziati è chiaro: le scoperte scientifiche degli ultimi anni hanno dimostrato, anziché confutare (come abbiamo sempre creduto), l’esistenza di una mano creatrice di tutto l’Universo e della vita umana.
In estrema sintesi, la logica che ha guidato gli autori del libro “Dio. La scienza. Le prove. L’alba di una rivoluzione” è che il Big Bang, ovvero il processo fisico che ha formato l’Universo che conosciamo, ha creato tutto quello che ci circonda dal niente e la scienza non può spiegare questa creazione dal niente. Prima del Big Bang, infatti, i principi della fisica non aiutano affatto, perché le attuali regole della fisica moderna non sono valide e non riescono a spiegare la realtà prima del Big Bang (non permettono neanche di capire se si può parlare di “realtà” prima dell’istante zero!).
Non solo, per arrivare all’Universo ed alla vita umana così come sono adesso, era necessario al momento del Big Bang una regolazione fine (un fine tuning) delle molte variabili fisiche e biologiche in gioco, una regolazione fine stimata dalla scienza quasi impossibile se operata solo dal caso.
Anche questo fine tuning delle grandezze, data l’elevata improbabilità di accadimento, fa propendere per un Dio creatore, altrimenti non staremmo a parlare di galassie, stelle e vita umana.
Gli scienziati si dividono in credenti e materialisti. Nel libro di Bolloré e Bonnassies è spiegato che anche i materialisti atei più convinti rimangono spiazzati, di fronte all’impossibilità che l’universo si sia formato casualmente così come lo conosciamo. Essi sono costretti ad affermare che l’universo e la vita non possono essersi evoluti come sono adesso solo per effetto del caso.
Secondo gli autori, gli scienziati che rifiutano l’idea di un Dio creatore sono spinti, più che dalle prove empiriche, da preconcetti ideologici e proprio per questa circostanza tali studiosi si pongono al di fuori della scienza, che vive per definizione di prove e verifiche.
I materialisti più irriducibili cercano di spiegare l’elevatissima improbabilità che esistiamo e che le stelle e le galassie si siano formate proprio come le conosciamo con la teoria del multiverso. In altre parole, secondo loro esiste un numero infinito di universi dove, in tutti gli altri o quasi, non si è formata la vita e la realtà del cosmo è completamente diversa dalla nostra, mentre noi viviamo nell’unico universo – tra un numero infinito di essi – in cui si è formata la vita intelligente e le stelle e galassie ci appaiono esattamente come le vediamo.
Secondo Bolloré e Bonnassies la spiegazione citata, l’unica a non aver bisogno di un Dio creatore per giustificare la nostra esistenza e la forma dell’universo che conosciamo, è pura speculazione, mancando qualsiasi possibilità di verifica di tale teoria ed anzi essendo la stessa verosimilmente “non confutabile” per l’impossibilità di un riscontro sperimentale, almeno per molti altri anni ancora.
Inoltre, rimane sempre la domanda di chi ha creato tutti questi infiniti universi e per quale processo fisico si sono creati. Insomma, con la teoria del multiverso (cara ad es. al nostro fisico Carlo Rovelli) si sposta solo il problema dell’esistenza di un disegnatore supremo della realtà: dall’unico universo in cui viviamo all’infinità di universi sostenuta dagli scienziati teorici del multiverso.
Anche se bisogna riconoscere che la teoria del multiverso ha avuto un grande successo tra gli sceneggiatori di opere cinematografiche e serie TV di fantascienza.
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