Cosa è stato fatto per risolvere il problema del cambiamento climatico
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Cosa è stato fatto per risolvere il problema del cambiamento climatico
Verrebbe da dire poco o niente.
Citando solo i principali grandi accordi internazionali, si parte dal noto “Protocollo di Kyoto” del 1997.
Questo trattato sottoscritto da più di 190 paesi mondiali prevedeva l’impegno, solo per le nazioni maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra (36 paesi), a ridurre le emissioni di CO2 e di altri gas serra di ca. l’8% nel periodo 2008-2012 rispetto al livello del 1990, preso come anno di riferimento.
Pur avendo i paesi avanzati interessati centrato sostanzialmente gli obiettivi assegnati, le emissioni di gas serra a livello mondiale hanno continuato a salire nel periodo indicato. Il motivo è che dal trattato era esclusa la stragrande maggioranza dei paesi ed anche quelli impegnati nella riduzione non si erano certo dati un obiettivo rilevante, di fronte alla crescente quantità di tonnellate di CO2 globalmente prodotta.
Il Protocollo di Kyoto prevedeva anche un successivo periodo di impegno (2012-2020) da parte degli stessi stati che avevano ridotto le emissioni precedentemente, tuttavia nel frattempo gli sforzi internazionali si concentrano su un altro importante trattato di riduzione delle emissioni dannose: l’Accordo di Parigi del 2015.
Con il patto di Parigi si prevede l’impegno da parte di tutti i paesi firmatari. Questi sono 191, contando solo gli stati che alla fine hanno ratificato l’accordo (con gli Stati Uniti che si distinguono perché prima escono dal trattato con Trump e poi vi rientrano con Biden).
L’Accordo di Parigi lasciava agli stati firmatari la libertà di decidere il proprio piano di riduzione delle emissioni gassose “nette” (al netto cioè dall’assorbimento naturale delle emissioni da parte delle foreste), nel rispetto di un unico importante obiettivo: contenere il riscaldamento globale entro 2 gradi (“preferibilmente” entro 1,5 gradi) in modo da azzerare entro il 2050 le emissioni “nette” di gas serra.
L’accordo prevedeva anche che i paesi più poveri sarebbero stati aiutati in quest’opera di riduzione delle emissioni mediante trasferimenti finanziari da parte dei paesi più ricchi.
Questo processo, noto come “decarbonizzazione” sta andando avanti, ma i risultati sono deludenti, perché le emissioni di gas serra anziché ridursi stanno aumentando, anche se il tasso di crescita si è via via ridotto per effetto degli sforzi compiuti dopo gli accordi di Parigi, soprattutto dai paesi più avanzati.
Mentre infatti a livello globale i paesi più progrediti (leggasi Unione europea e Stati Uniti) stanno sostanzialmente rispettando l’impegno assunto, i paesi più poveri non contribuiscono adeguatamente alla riduzione delle emissioni gassose. Ad oggi sembrerebbe che UE ed USA potrebbe raggiungere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050, ma gli altri paesi no. Questo perché la libertà d’azione concessa ad ogni stato nel decidere il proprio piano di riduzione delle emissioni non assicura che il risultato “di gruppo” raggiunga l’azzeramento alla data fissata.
Tant’è che uno degli ultimi vertici sul clima in ordine di tempo, il Meeting di Glasgow sul riscaldamento globale dell’ottobre 2021, ha concluso che, a politiche invariate, l’aumento della temperatura potrebbe essere di almeno 2,7 gradi. Più elevato quindi dell’obiettivo massimo di 2 gradi deciso nell’Accordo di Parigi (e ancora più alto di 1,5 gradi, ritenuto obiettivo “preferibile”).
In altre parole, gli sforzi messi in atto non bastano.
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