Concorrenza fiscale
Indice
1.3 La relazione dell’OCSE [21].
[21] OCSE:E’ l’organizzazione regionale tecnica europea costituita con il trattato di Parigi del 14 Dicembre 1960 come successore dell’OECE per realizzare una espansione dell’economia e dell’occupazione ed elevare il livello medio di vita degli Stati membri. Il gruppo dei Paesi appartenenti all’OCSE può essere visto come l’insieme dei paesi che rappresentano l’occidente industrializzato, contrapposto a quei Paesi normalmente definiti “in via di sviluppo”.
1.3.1 Cosa si intende per concorrenza fiscale.
Il concetto di concorrenza fiscale può essere inteso come quel processo che vede gli Stati competere tra di loro al fine di attrarre investimenti, forza lavoro, capitali e, in generale, risorse, in funzione del potenziamento delle loro economie.
Va subito precisato che la concorrenza fiscale può determinare, in ogni campo, un generale miglioramento qualitativo dell’intervento dello Stato, un incremento dell’efficienza nell’erogazione dei servizi pubblici ed un livellamento verso il basso della pressione fiscale. Perché tali obiettivi possano essere raggiunti, tuttavia, la concorrenza deve essere leale e libera.
Non a caso la stessa Commissione delle Comunità europee ha riconosciuto una funzione positiva alla concorrenza fiscale quando agisce a vantaggio dei cittadini ed esercita una pressione al ribasso sulla spesa pubblica. Non si condanna infatti a priori la concorrenza fiscale di per se stessa, bensì gli effetti che questa può provocare nel momento in cui viene utilizzata solo con finalità di disturbo all’interno della U.E., nel momento cioè in cui può diventare un fattore di disturbo, a livello macro – economico quando viene utilizzata dagli Stati in maniera distorta per favorire l’ingresso dei fattori produttivi più mobili. Nel qual caso può provocare distorsioni per l’occupazione, rendere più difficile la diminuzione della pressione fiscale complessiva o intralciare gli sforzi degli Stati membri verso la riduzione dei disavanzi di bilancio.
1.3.2 La concorrenza fiscale dannosa nel Rapporto OCSE.
Il tema, sicuramente di grande attualità è stato approfondito da studi non solo della Commissione, ma anche dell’ OCSE. Non a caso il Comitato degli Affari fiscali dell’OCSE già il 20 Gennaio 1998 adottò il rapporto predisposto da un organo appositamente creato, la “Sessione speciale per la concorrenza fiscale”.
Il rapporto elaborato dall’OCSE aveva come principale scopo quello di analizzare tutte quelle realtà qualificabili come “paradisi fiscali”, o i “regimi fiscali preferenziali dannosi”, e valutare come tali realtà possono andare a distorcere i commerci o le allocazioni degli investimenti, e come minino l’equità, la neutralità e la generale accettazione sociale dei sistemi fiscali.
Un punto che qui preme mettere in evidenza è il fatto che lo stesso Comitato riconosce che non vi sono ragioni particolari per cui i livelli di tassazione debbano essere i medesimi per tutte le nazioni, dal momento che è innegabile che ogni Stato avrà diverse esigenze di spesa pubblica, determinata da differenti politiche economiche e fiscali. Quindi non si può parlare “in assoluto” di regimi di concorrenza fiscale dannosa; o meglio si può parlare di regimi di concorrenza fiscale tenendo sempre a mente il fatto che la medesima condotta può essere valutata diversamente da nazione a nazione. Ad esempio l’utilizzo della leva fiscale può essere accettata come politica adottata da un paese povero. In questo caso tale condotta è ammessa (e in alcuni casi anche consigliata), ma ciò non significa che tale condotta debba essere ammessa in assoluto.
La concorrenza fiscale dannosa si verifica invece quando uno Stato emana norme fiscali speciali il cui effetto principale sia quello di erodere la base imponibile di altri Stati, e tale effetto non abbia natura incidentale ma sia deliberatamente studiato. La specialità del regime, accompagnata dalla previsione di aliquote d’imposta sensibilmente inferiori alla media dei paesi ovvero inadeguate alla struttura dell’economia del paese considerato, costituisce indice di concorrenza fiscale dannosa; e a tal proposito risultano evidenti le analogie del rapporto OCSE con il Pacchetto Monti.
Secondo il rapporto comunque “l’harmful tax competition” viene innanzitutto posta in essere dai “tax havens”, i quali sono definiti nel rapporto come giurisdizioni in cui:
- vi sia una tassazione nulla o puramente nominale, ma non effettiva;
- non vi sia uno scambio effettivo di informazioni con altri paesi;
- vi sia mancanza di trasparenza nelle disposizioni legislative ed amministrative;
- non sia richiesto, quale requisito per la concessione dei benefici fiscali, che l’attività svolta nel paese abbia carattere sostanziale.
Per altro verso i regimi fiscali preferenziali dannosi sono caratterizzati da [22]:
- assenza di tassazione o modesta imposizione effettiva del reddito;
- isolamento del regime preferenziale dal mercato nazionale del paese, attraverso la previsione (esplicita o implicita) della sua applicabilità ai soli soggetti non residenti o il divieto per i soggetti che ne beneficiano di operare con soggetti ivi residenti;
- mancanza di trasparenza;
- mancanza di un effettivo scambio di informazioni con altri paesi;
- artificiale definizione della base imponibile;
- mancata adesione ai principi internazionali in materia di prezzi di trasferimento;
- esenzione dei redditi di fonte estera nel paese di residenza;
- aliquote fiscali o basi imponibili che possono formare oggetto di negoziazione con l’autorità fiscale;
- esistenza di disposizioni sul segreto (bancario, azionario, ecc.);
- accesso ad un ampio spettro di trattati contro la doppia imposizione;
- promozione del regime fiscale preferenziale come strumento di riduzione delle imposte su base internazionale;
- incoraggiamento, da parte del regime fiscale, di operazioni poste in essere esclusivamente per ragioni fiscali.
[22] Cfr. “Integrazione economica e convergenza dei sistemi fiscali nei paesi U.E.”, AA. VV., Giuffrè Milano, 2000.
Il Rapporto formula poi diverse raccomandazioni [23] ai paesi membri, da adottarsi in risposta alle pratiche di concorrenza fiscale dannosa.
Un primo gruppo di raccomandazioni concerne la legislazione nazionale degli stessi, e riguarda, in generale, l’introduzione o il miglioramento di norme relative alla materia trattata.
Vi è poi un secondo gruppo di imposizioni, riguardante la doppia imposizione [24].
[23] Si noti che il Lussemburgo e la Svizzera hanno espresso dichiarazioni di dissenso su diverse proposizioni del Rapporto, non ritenendosi quindi vincolati alla realizzazione delle raccomandazioni formulate.
[24] 1. L’introduzione di programmi volti ad intensificare lo scambio d’informazioni fra paesi, in particolare quelle afferenti operazioni in paradisi fiscali o nell’ambito di regimi fiscali preferenziali dannosi. 2. L’introduzione nelle convenzioni di norme finalizzate a negare i benefici per quei soggetti e redditi che beneficiano di regimi fiscali dannosi, nonché la più rigorosa applicazione di quelle già esistenti, con previsione di integrare il Modello di Convenzione OCSE a tale scopo. 3. L’introduzione nel Commentario al suddetto Modello di chiarimenti sulla compatibilità delle norme anti – abuso nazionali con le convenzioni internazionali. 4. La preparazione a cura del Comitato di una lista di disposizioni per escludere dai benefici convenzionali certi soggetti o certi redditi che beneficiano di regimi fiscali dannosi. 5. La denuncia delle convenzioni contro le doppie imposizioni con paradisi fiscali e il rifiuto di stipularne in futuro. 6. L’adozione di regimi concordati di accertamento e verifica coordinati internazionalmente. 7.L’incremento dell’assistenza fiscale internazionale nell’accertamento e nella riscossione.
Vi è ancora un terzo gruppo relativo alla collaborazione internazionale relativamente all’astensione da parte degli Stati dall’adozione di nuove misure che possano configurarsi come pratiche di concorrenza fiscale dannosa, oppure relativamente alla formulazione di un elenco dei paradisi fiscali, alla promozione di principi di buona amministrazione fiscale, e alla promozione di queste raccomandazioni anche nei confronti dei paesi che non sono membri dell’OCSE.
Infine, il Rapporto precisa quali aree dovranno, in futuro, essere oggetto di ulteriori studi ed approfondimenti, precisando i criteri da adottare in tal senso.
Si riportano qui di seguito i regimi che il rapporto OCSE definisce come potenzialmente dannosi in relazione alla concorrenza fiscale.
Lista OCSE dei regimi fiscali definiti potenzialmente dannosi per la concorrenza fiscale.Tab. 1.a . |
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Country
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Regimes
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Insurance
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Australia | Offshore Banking Units |
Belgium | Co ordination Centers |
Finland | Aland Captive Insurance Regime |
Italy | Trieste Financial Services and Insurance Centre |
Ireland | International Financial Services Centre |
Portugal | Madeira International Business Centre |
Luxembourg | Provisions for Fluctuations in Re Insurance Companies |
Sweden | Foreign Non life Insurance Companies |
Financing and Leasing
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Belgium | Co ordination Canters |
Hungary | Venture Capital Companies |
Hungary | Preferential Regime for Companies Operating Abroad |
Iceland | International Trading Companies |
Ireland | International Financial Services Centre |
Ireland | Shannon Airport Zone |
Italy | Trieste Financial Services and Insurance Centre |
Luxembourg | Finance Branch |
Netherlands | Risk Reserves for International Group Financing |
Netherlands | Intra group Finance Activities |
Netherlands | Finance Branch |
Spain | Basque Country and Navarre Co ordination Centres |
Switzerland | Administrative Companies |
Fund Managers
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Greece | Mutual Funds/Portfolio Investment Companies [Taxation of Fund Managers] |
Ireland | International Financial Services Centre [Taxation of Fund Managers] |
Luxembourg | Management companies [Taxation of management companies that manage only one mutual fund (1929 holdings)] |
Portugal | Madeira International Business Centre [Taxation of Fund Managers] |
Banking
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Australia | Offshore Banking Units |
Canada | International Banking Centres |
Ireland | International Financial Services Centre |
Italy | Trieste Financial Services and Insurance Centre |
Korea | Offshore Activities of Foreign Exchange Banks |
Portugal | External Branches in the Madeira International Business Centre |
Turkey | Istanbul Offshore Banking Regime |
Headquarters regimes
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Belgium | Co ordination Centres |
France | Headquarters Centres |
Germany | Monitoring and Co ordinating Offices |
Greece | Offices of Foreign Companies |
Netherlands | Cost plus Ruling |
Portugal | Madeira International Business Centre |
Spain | Basque Country and Navarre Co ordination Centres |
Switzerland | Administrative Companies |
Switzerland | Service Companies |
Service Centre Regimes
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Belgium | Service Centres |
Netherlands | Cost plus Ruling |
Canada | International Shipping |
Germany | International Shipping |
Greece | Shipping Offices |
Greece | Shipping Regime (Law 27/75) |
Italy | International Shipping |
Netherlands | International Shipping |
Norway | International Shipping |
Portugal | International Shipping Register of Madeira |
Miscellaneous Activities
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Belgium | Ruling on Informal Capital |
Belgium | Ruling on Foreign Sales Corporation Activities |
Canada | Non resident Owned Investment Corporations |
Netherlands | Ruling on Informal Capital |
Netherlands | Ruling on Foreign Sales Corporation Activities |
United States | Foreign Sales Corporations |
Fonte: OECD, 2000
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1.4 Scopo del Pacchetto Monti e della Relazione Ocse.
Si può quindi dire che lo scopo della relazione OCSE rappresenti un primo passo che necessariamente deve essere compiuto in relazione ad un più ampio progetto costituito da quanto si propone la Commissione Monti, ossia l’armonizzazione.
E’ chiaro infatti come, elemento comune sia alla proposta dell’OCSE che a quella dell’Unione Europea sia il fatto che l’obiettivo non è eliminare la concorrenza fiscale in sé ma esclusivamente la concorrenza fiscale distorsiva che mina alla base ogni possibilità di armonizzazione fiscale; ossia quella politica tributaria che punta solo a sottrarre base imponibile ad altri Stati attraverso la concessione di specifiche agevolazioni fiscali a favore degli stranieri e la creazione di una vera e propria barriera allo scambio di informazioni.
Obiettivo della strategia anti – paradiso dell’U.E. e dell’OCSE non sono dunque le aliquote fiscali particolarmente ridotte in quanto tali [25], che devono pertanto considerarsi come una forma di concorrenza pienamente accettabile, ma solo quelle politiche fiscali che puntano a sottrarre fraudolentemente materia imponibile agli altri Stati.
Nel successivo paragrafo si vedrà di fatto quali paesi contrastino con la vigente normativa comunitaria, e le principali modalità di intervento della U.E. .
[25] “Il Sole 24 ore”, Martedì 27 Giugno 2000, Articolo a cura di Michele Calcaterra.
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