L’invecchiamento della popolazione
Dal rapporto annuale dell’ISTAT emerge che servono politiche sociali urgenti per gestire l’invecchiamento della popolazione
Leggendo i dati 2006 del rapporto annuale ISTAT riferiti alle condizioni delle famiglie, si è colpiti in particolar modo dai numeri riguardanti l’allarmante fenomeno dell’invecchiamento della popolazione in Italia.
Infatti, al di là dei dati reddituali che riconfermano l’esistenza di due distinte realtà italiane (quella delle famiglie del nord e quella delle famiglie del Mezzogiorno, con un reddito della seconda pari a circa tre quarti della prima), ciò che più traspare dall’analisi condotta dall’ISTAT e recentemente pubblicata è la straordinaria importanza del vincolo strutturale rappresentato dall’invecchiamento della popolazione, non riscontrabile negli altri territori europei.
L’azione delle componenti di questo processo, fecondità e sopravvivenza, è invero di eccezionale intensità e persistenza nel nostro Paese.
La fecondità italiana, che negli anni ’70 era scesa al di sotto del livello di sostituzione (due figli per donna), è rimasta nel 2006 ancora molto bassa (1,35), pur registrando una leggera ripresa rispetto al minimo storico del 1995, quando raggiunse l’1,19. Sicuramente una spiegazione plausibile di questo risultato è fornita dal fatto che in Italia la speranza di vita è tra le più alte del mondo, con 78,3 anni per gli uomini e 84,0 per le donne, alla nascita, frutto a sua volta dei progressi in campo medico-sanitario, delle migliorate condizioni d’esistenza e di una maggiore sensibilità verso stili di vita salutari.
Tuttavia una così bassa fecondità ha portato l’Italia a trovarsi al secondo posto nel mondo, dopo il Giappone, nella graduatoria dei paesi più vecchi, avendo un rapporto tra anziani (con più di 65 anni) e giovani (con meno di 15) pari a 141 su 100.
La situazione è pertanto grave, perché ad essa conseguono rilevanti effetti negativi facilmente verificabili. Solo per fare qualche esempio, l’allungamento della vita comporta facilmente la decisione delle persone di posticipare i grandi eventi della loro esistenza, come il matrimonio o l’entrata nel mondo del lavoro, causando quindi profonde trasformazioni nella struttura sociale e familiare, tra le quali la riduzione della dimensione media del nucleo familiare è solo la più evidente.
Il rischio sociale dell’invecchiamento è peraltro ben dimostrato dal più alto livello di povertà delle famiglie con anziani al proprio interno rispetto alle altre: il 45% delle famiglie considerate “povere” ha un componente con più di 65 anni.
Anche il welfare, che di questo fenomeno dell’invecchiamento si è fatto carico, è un ottimo indice della sua consistenza sociale.
Infatti, lo stato sociale ha finora fatto quasi esclusivamente uso dei trasferimenti monetari per sostenere le famiglie con anziani e persone disabili, provocando la crescita progressiva ed inarrestabile di questa spesa sociale, nonché grandi difficoltà per il reperimento delle risorse, senza mostrare particolare reattività alla sfida che la trasformazione anagrafica in atto nella società ha lanciato al sistema della protezione sociale ed alle politiche fondate solamente sui benefici economici alle famiglie.
La prova di ciò è la circostanza che i trasferimenti pubblici costituiscono in media, per i nuclei familiari che li percepiscono (a titolo di pensione, disoccupazione, indennità varie, etc…), la parte più cospicua del loro reddito.
Inoltre, chi parla di riforma delle pensioni dovrebbe conoscere a menadito le cifre di questo processo tipicamente italiano dell’aumento dell’anzianità media, perché uno dei suoi costi sociali, forse il più notevole, è (e sarà sempre più) quello della pressione finanziaria sulla spesa previdenziale, che è destinata quindi a rafforzare la sua posizione di uscita fondamentale del bilancio statale.
Dinanzi a tale stato di cose, le misure di politica economica devono innanzitutto essere concepite in funzione del fenomeno, prendendone definitivamente atto, e poi cercare di gestirne gli effetti, nella consapevolezza che non c’è alcuna possibilità di arrestare la tendenza demografica di una società.
Gli interventi dovranno essere di ampio respiro e riguardare tutte le politiche sociali che toccano gli interessi di una popolazione costituita in maggior parte da anziani. A cominciare dal sistema sanitario, che, in una prospettiva di medio-lungo termine, dovrà sviluppare un’offerta di servizi adeguata e facilmente fruibile da tale tipologia di utenza.
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