Strano destino quello della prima casa, originariamente colpita da molte e gravose imposte e poi, gradualmente, tassata in forma agevolata (per es. dalle imposte indirette) o addirittura esclusa dall’imponibile della principale imposta diretta.
Con la finanziaria attualmente in discussione alle Camere, si perfeziona ulteriormente la detassazione dell’abitazione principale, attraverso una serie di norme ad hoc.
Innanzitutto viene sanata l’anomalia prodotta dalla riforma IRPEF dello scorso anno. Si ricorderà che il governo Prodi ha ristrutturato l’imposta sul reddito delle persone fisiche, rivedendone radicalmente il procedimento di calcolo mediante un sostanziale ritorno al passato, per mezzo della sostituzione delle deduzioni fiscali con le “vecchie” detrazioni (per carichi di famiglia e tipologia di reddito).
La decorrenza dei cambiamenti è stata il primo gennaio 2007 e pertanto essi, pur operando già nelle buste-paga, faranno sentire per intero i loro effetti nelle dichiarazioni dei redditi da presentare a maggio/giugno 2008, riferite all’anno d’imposta 2007.
Tuttavia il complesso calcolo dell’imposta comportava la non neutralità dei redditi dell’abitazione principale e delle sue pertinenze, i quali, anche se formalmente esclusi dall’imponibile come oneri deducibili, rientravano per così dire dalla porta secondaria diminuendo le detrazioni spettanti ed aumentando quindi l’imposta da versare. Il possesso della prima casa e delle sue pertinenze implicava perciò, di fatto, una penalizzante maggiorazione d’imposta.
Ora, finalmente, la suddetta anomalia di calcolo è stata rimossa e l’abitazione principale torna ad essere neutra ai fini della determinazione dell’IRPEF da versare. Risultato raggiunto semplicemente prevedendo che la misura del reddito complessivo — sul quale si computano le detrazioni — sia considerata al netto del reddito da abitazione principale più pertinenze.
Ma la norma maggiormente foriera di benefici per i contribuenti, in grado di dar luogo ad un interessante risparmio d’imposta, è sicuramente quella riferita all’ICI.
L’imposta comunale sugli immobili è sempre stata la tassa più odiosa per gli interessati, perché dovuta indipendentemente dal possesso di redditi imponibili IRPEF.
I soggetti passivi sono infatti tutti i proprietari di immobili (o titolari di altro diritto reale di godimento sugli stessi) e pertanto l’ICI è versata anche dai proprietari della sola casa d’abitazione. Il nuovo provvedimento contenuto in finanziaria amplia la “storica” detrazione ICI stabilita appunto per la prima casa, finora quantificata nella misura base di 103,29 euro (ma i Comuni hanno il potere di elevarla).
Il nuovo sconto, che si aggiunge alla detrazione base, è pari all’1,33 per mille del valore catastale dell’immobile, fino ad un massimo di € 200,00.
L’abbattimento totale sarà quindi, nella maggior parte dei casi, di 303,29 euro, così da permettere la fuoriuscita dall’applicazione dell’ICI di un buon numero di case, di quelle cioè con una rendita catastale non particolarmente elevata, tale da determinare un’imposta da pagare inferiore alla detrazione complessiva.
Occorre però attendere l’approvazione definitiva del provvedimento, in modo da conoscere l’esatto testo della disposizione. Questo per due importanti motivi: sapere se troverà fissazione (ma non sembra) il massimale di reddito di € 50.000,00 oltre il quale non opererà il nuovo sconto ICI e capire se l’importo massimo stabilito per la detrazione (€ 200,00) si riferisce a tutto l’abbattimento (vecchio e nuovo) o solo all’1,33 per mille del valore catastale.
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