Abbiamo già chiarito le cause e le prospettive dell’attuale crisi economica internazionale in altro nostro esauriente (e di facile lettura) articolo, al quale rimandiamo, ma è sicuramente interessante conoscere cosa ne pensa sull’argomento qualcuno un tantino più qualificato di chi vi scrive: il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi.
L’occasione per conoscere il suo pensiero è stata l’audizione presso il Senato della Repubblica del 21 ottobre 2008, della quale riportiamo i passaggi principali: vedrete comunque che Draghi fornisce un quadro dell’economia per molti versi concordante con quello da noi delineato, su queste pagine, in tempi non sospetti.
Le cause della situazione internazionale
Il Governatore ha esordito evidenziando come, negli ultimi dieci anni, a livello internazionale, il prolungato periodo di bassi tassi di interesse, nominali e reali, abbia generato una forte espansione del credito e degli aggregati monetari.
Le condizioni favorevoli di accesso al credito hanno così stimolato un forte aumento della domanda di mutui e di credito al consumo.
In tale situazione le banche, non italiane, non solo sono diventate temerarie, prestando denaro senza le dovute accortezze e sviluppando nuovi prodotti allo scopo, ma soprattutto hanno esteso le loro funzioni ben oltre il tradizionale modello di intermediazione.
Hanno frammentato l’attività di concessione del credito cedendo ad altri operatori finanziari prestiti da esse in precedenza erogati, tramite l’attività di cartolarizzazione.
Si sono manifestati chiari problemi di governo dell’impresa ed incentivi distorti in molte aree dei servizi finanziari: strategie e pratiche remunerative dirette più agli utili di breve periodo che alla costruzione di una solida posizione a medio termine. I doveri di diligenza degli investitori sono stati insufficienti ed acritico è stato l’utilizzo delle valutazioni delle agenzie di rating.
Il sistema di sorveglianza si è dimostrato chiaramente inadeguato in alcuni Paesi. L’epicentro della crisi è situato, non a caso, in settori ed istituti poco o nulla vigilati, in particolare nel mercato dei mutui subprime (ovvero a clientela non primaria) statunitensi.
È però importante sottolineare come le pratiche messe in atto nei settori all’origine della crisi non sarebbero state ammissibili o possibili in molti altri Paesi, fra cui l’Italia.
La scintilla iniziale si è alimentata provocando quella rapida perdita di fiducia e di liquidità nei mercati finanziari cui abbiamo assistito nell’arco dell’ultimo anno. Questo spiega perché perdite che potevano essere circoscritte stiano invece avendo conseguenze così significative per i mercati e per l’economia reale a livello globale.
Gli sviluppi recenti della crisi internazionale
Il rialzo dei tassi di interesse negli Stati Uniti ed il rallentamento ciclico dell’economia hanno quindi determinato lo scoppio della bolla immobiliare americana, con la conseguenza di un drastico aumento delle insolvenze, in particolare nel settore dei mutui subprime.
Si sono tutti resi conto che il trasferimento di rischi al di fuori delle istituzioni bancarie è in gran parte illusorio.
La situazione si è poi notevolmente aggravata nel settembre scorso con la crisi del gruppo Lehman.
A tutte queste vicende si è accompagnata una crescente differenziazione tra banche. Il mercato premia un ritorno al modello tradizionale di intermediazione. È entrato in crisi e si è in pratica esaurito negli Stati Uniti il modello delle banche di investimento.
La situazione di grave difficoltà sul mercato interbancario ha spinto in alto i costi di rifinanziamento di imprese e famiglie. A fronte di una preoccupazione crescente riguardo l’impatto della crisi sull’economia reale, in settembre si è avuta una drammatica discesa delle quotazioni azionarie che ha riguardato tutti i settori.
La caduta della società Lehman è stata pertanto la classica ciliegina sulla torta.
Essa ha reso sistemica l’incipiente crisi, tant’è che l’8 ottobre le principali banche centrali del mondo hanno ridotto i tassi di riferimento delle politiche monetarie simultaneamente ed in modo concordato. Una mossa che non ha precedenti nella storia delle istituzioni monetarie.
La situazione in Italia
Venendo nello specifico al caso italiano, le nostre banche hanno fronteggiato la crisi che ha investito con crescente violenza il sistema finanziario mondiale a partire dall’estate del 2007 potendo contare su un modello di attività fondamentalmente sano, su un patrimonio sufficiente, su un quadro normativo esteso e prudente. Si sono dimostrate finora in grado di reggere l’urto meglio di quelle di altri Paesi avanzati.
È possibile distinguere in due ondate successive la genesi della patologia finanziaria internazionale in atto: l’ondata precedente il fallimento della Lehman e quella successiva.
Nella prima fase, la specializzazione della gran parte delle banche italiane nell’attività bancaria tradizionale ha contribuito a contenere l’impatto delle turbolenze. L’attività di investment banking, fortemente colpita dalla crisi, è limitata.
A fine giugno 2008, i depositi e le obbligazioni della clientela ordinaria rappresentavano il 56% della raccolta complessiva delle istituzioni finanziarie e monetarie. Il peso rilevante della raccolta da clientela, pur a fronte dell’aumento del suo costo medio, ha assicurato la stabilità del passivo ed ha consentito pertanto alle banche in tutti questi mesi di continuare a fornire sostegno all’economia nazionale.
La rischiosità del credito bancario alle imprese ed alle famiglie italiane rimane nel complesso contenuta.
Le famiglie italiane sono poco indebitate rispetto a quelle degli altri maggiori Paesi avanzati. Non si sono diffuse in Italia, come invece in altri Paesi, pratiche rischiose di concessione dei prestiti senza un’adeguata considerazione della capacità dei prenditori di restituire i fondi.
Anche per le imprese il rapporto tra debiti finanziari e prodotto, seppur in crescita, è inferiore a quello medio degli altri principali Paesi.
Il peggioramento congiunturale potrà però, sia pure con ritardo, far aumentare l’emersione di sofferenze nei bilanci bancari. Le sofferenze sono i crediti non rimborsati per i quali si dà inizio alle procedure legali di riscossione.
Le regole italiane sulla trasparenza delle attività e sul trattamento prudenziale delle cartolarizzazioni sono fra le più stringenti. Grazie a leggi rigorosi e ad una ferma azione di vigilanza, da noi non vi è quell’esteso “sistema bancario ombra” in cui altrove la crisi ha trovato origine ed alimento.
Inoltre, avendo constatato, fin dall’inizio delle turbolenze, il ruolo fondamentale della liquidità nell’assicurare la normale attività bancaria in tempi di tensione, la Banca d’Italia è intervenuta sia a livello sistemico, sia a livello individuale, e le banche hanno compreso l’esigenza di accrescere in modo sostanziale l’attenzione per questo aspetto. La liquidità dei maggiori gruppi è notevolmente cresciuta verso la fine dell’anno scorso ed è stata mantenuta elevata in seguito. Pertanto, i controlli interni sono stati rafforzati.
Con il fallimento della Lehman Brothers, a metà settembre, ha preso avvio la seconda ondata, a causa dello scatenarsi nel sistema di una grave crisi di fiducia.
L’effetto della crisi Lehman sul sistema bancario italiano è stato tuttavia quasi esclusivamente indiretto.
Infatti, l’esposizione del sistema bancario italiano per cassa e in derivati era pari al 30 settembre 2008 allo 0,7% del patrimonio di vigilanza considerato a fine 2007: anche ipotizzando ingenti perdite, un simile urto può essere largamente assorbito.
I provvedimenti adottati in Italia
Si è comunque ritenuto opportuno adottare adeguate contromisure.
Rassicurare i risparmiatori, riattivare il mercato della liquidità, predisporre gli strumenti per le misure di ricapitalizzazione che si rendessero necessarie, sono gli obiettivi degli interventi di emergenza adottati negli ultimi giorni dal Governo e, nell’ambito delle proprie responsabilità, dalla Banca d’Italia.
Il Governo ha più volte ribadito il proprio chiaro impegno: nessun depositante perderà nulla.
Questi provvedimenti sono giustificati dal fatto che famiglie e imprese, anche se non particolarmente colpite, direttamente, dalla perdita di valore dei titoli Lehman (scarsamente) detenuti, lo potrebbero essere, indirettamente, a causa delle prospettive di restrizione del credito conseguenti alla tensione finanziaria del momento.
Ricordiamo però che, nonostante l’ulteriore caduta dei corsi azionari e dei prezzi dei titoli, la capitalizzazione delle maggiori banche italiane rimane del tutto sufficiente.
Il rafforzamento delle regole e dei controlli realizzato negli ultimi anni, l’azione di persuasione delle autorità, la sempre maggiore consapevolezza maturata dallo stesso sistema bancario e finanziario dell’importanza centrale di assicurare un’adeguata considerazione delle ragioni della clientela, fanno sì che il difficile passaggio di questi giorni e mesi sarà presumibilmente gestito nel modo più corretto e trasparente possibile.
Le prospettive
Passando al futuro che ci aspetta, Mario Draghi ha sottolineato come le prospettive di crescita dell’economia mondiale a breve termine siano fortemente deteriorate e quindi devono essere riviste al ribasso le previsioni dei principali organismi internazionali.
Negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Giappone, l’indebolimento della congiuntura è netto, ma pure nell’area dell’euro il rallentamento della prima metà dell’anno si è accentuato.
Secondo il FMI (Fondo Monetario Internazionale) la crescita mondiale nel 2009 sarà dovuta interamente ai paesi emergenti, che tuttavia risentiranno anch’essi della crisi.
L’Italia non fa eccezione a questo quadro generale. Gli effetti della crisi si sommano a debolezze strutturali preesistenti. Dopo il calo del Pil (Prodotto Interno Lordo o ricchezza nazionale) nel secondo trimestre, i più recenti indicatori confermano segnali negativi per i prossimi trimestri. Calano i consumi delle famiglie, sotto il peso dell’erosione del reddito disponibile a causa dell’inflazione e dell’aumento del servizio del debito. Le inchieste congiunturali rilevano pessimismo tra imprese e famiglie.
Fino ad oggi il credo erogato dal sistema bancario italiano alle imprese ed alle famiglie, pur decelerando, ha di fatto continuato a crescere a ritmi piuttosto sostenuti. La situazione, tuttavia, può cambiare in fretta.
La possibilità che l’inasprimento delle condizioni creditizie per famiglie ed imprese e il deterioramento del ciclo economico si rafforzino a vicenda, in una spirale negativa, rimane il rischio principale per l’economia mondiale.
Si deve agire su due fronti.
Mentre nel breve termine è urgentissimo ripristinare il clima di fiducia di cittadini e mercati, in prospettiva occorrono, a livello internazionale, nuove regole, per porre su basi più solide l’industria dei servizi finanziari.
Il nuovo sistema finanziario dovrà avere più capitale, meno debito e più regole. Va messo in cantiere un nuovo trattato internazionale sulla normativa prudenziale, che riveda, dove necessario anche profondamente, i meccanismi del Secondo accordo di Basilea.
La crisi ci insegna che è essenziale rafforzare la normativa prudenziale per le banche, irrobustendo i presidi patrimoniali, la gestione dei rischi ed allargando il perimetro delle attività ed istituzioni sottoposte a sorveglianza.
L’esperienza della crisi ha confermato che i prodotti derivati, in generale gli strumenti innovativi per il trasferimento del rischio, sono armi a doppio taglio. Se usati in modo accorto e prudente permettono agli operatori di coprire e diversificare il rischio, se adoperati senza adeguata considerazione dei rischi implicano una moltiplicazione senza controllo della leva finanziaria.
È urgente intervenire. La trasparenza richiede una drastica semplificazione e standardizzazione dei contratti. Strumenti non standard sono, per loro natura, difficili da valutare. Deve essere contenuto con appropriate regole il grado di leva finanziaria. Per assicurare corretti incentivi, almeno nel caso dei derivati di credito, una parte del rischio deve restare, in modo esplicito, a carico dell’originator (creditore cedente). Quando gli strumenti vengono offerti al pubblico, deve essere rafforzata la protezione del contraente debole.
Infine, è maturo un ripensamento profondo dell’apparato istituzionale a livello internazionale. Il sistema finanziario è globale. L’integrazione dei mercati internazionali va preservata perché è stata e sarà un fattore fondamentale di sviluppo. È necessario adeguare le istituzioni al nuovo contesto affinché l’arena finanziaria internazionale non sia “terra di nessuno”, affinché vi sia la possibilità di intervenire con tempestività ed in modo coordinato all’emergere di situazioni di crisi.
Il mercato finanziario italiano, le banche italiane sono parte del sistema finanziario mondiale, ma di esso hanno condiviso solo in minima parte errori e distorsioni.
Conclusioni
Ecco, quanto sopra esposto rappresenta, in estrema sintesi, il pensiero del governatore della Banca d’Italia sull’attuale difficile congiuntura economica.
Speriamo che anche questo contributo serva a far capire meglio ai nostri lettori le cause e le prospettive del particolare momento che stiamo vivendo, in modo d’affrontarlo più saggiamente.
Quindi, niente panico: il sistema bancario italiano è solido e la recessione economica può essere affrontata con la consapevolezza che da essa, alla fine, si esce sempre fuori.
L’importante è non perdere fiducia nel sistema.
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