In questo primo scorcio di legislatura il governo Prodi si è fortemente caratterizzato, almeno dal punto di vista dell’intervento nell’economia del paese, per la sua intransigente lotta all’evasione fiscale. Sembrerebbe che il Ministro dell’economia Tommaso Padoa-Schioppa e, soprattutto, il vice Ministro Visco, responsabile delle questioni fiscali, vogliano riaggiustare i conti pubblici italiani affidandosi, per buona parte, alle entrate derivanti dal recupero del sommerso. E dai primi dati ufficiali comunicati dagli uffici stampa sembrerebbe pure che la loro intuizione sia stata felice.
Tale ultima considerazione tra origine da due diverse riflessioni. In primo luogo, è emerso che viene occultata al fisco una quota elevatissima del reddito prodotto, per es. il 33% dell’imponibile IVA sfugge a tassazione (fonte Agenzia Entrate), e che gli evasori totali (coloro cioè che pur avendo redditi non li dichiarano affatto, neanche parzialmente) sono molto più numerosi di quanto si riteneva. Per cui, è chiaro che dovunque si getti la lenza dei controlli si riesce in ogni caso a pescare bene e proficuamente, purché ovviamente il sistema utilizzato per la pesca sia valido.
E qui si arriva alla seconda riflessione che rende la decisione di combattere l’evasione tributaria una buona decisione, tanto da meritare i primi posti nelle priorità dell’esecutivo. Guardando infatti l’impianto costruito per porre in essere un’efficace azione di contrasto all’evasione e di emersione dei redditi non dichiarati, ci si rende conto che i tecnici del Ministero dell’economia hanno saputo mettere in campo, come mai si era visto nella storia repubblicana, una serie di adeguati e raffinati strumenti, con i quali si potrà nei prossimi anni scovare in modo drastico una cospicua fetta di contribuenti infedeli.
All’anagrafe tributaria, in particolare, che è la banca dati dell’ ex Ministero finanze che raccoglie tutte le informazioni di natura tributaria afferenti i contribuenti, affluisce quotidianamente ed in tempo reale – visto il grande utilizzo del nuovo strumento telematico – un insieme di notizie con le quali gli organi preposti possono ormai tranquillamente ricostruire, in qualsiasi momento, la vita fiscale dei soggetti ed accorgersi quindi immediatamente di eventuali anomalie della loro situazione, come per es. il mancato versamento delle imposte dovute, l’omessa presentazione della dichiarazione oppure l’incongruità stessa del reddito comunicato (quest’ultima grazie all’ausilio dei contestati “studi di settore”).
E’ la Sogei, società informatica facente capo all’Agenzia delle Entrate, l’ente responsabile di questa anagrafe considerata a ragione la “madre” di tutte le banche dati pubbliche ed è ad essa che spetta di conseguenza la gestione dell’impressionante mole di dati ivi contenuta.
A regime infatti le imprese saranno tenute a rispettare l’obbligo – spesso creato di recente con una norma ad hoc – d’invio in forma telematica delle seguenti notizie: l’elenco clienti fornitori, i pagamenti F24, le dichiarazioni fiscali, ivi compreso il modulo sugli studi di settore e, infine, l’ammontare dei corrispettivi giornalieri (solo però per alcune imprese commerciali).
Inoltre, le nuove imprese sono soggette a controllo in sede di apertura e richiesta di partita IVA (sempre con la possibilità di farlo online), allo scopo di ridurre i fenomeni di frode.
Per i professionisti la linea di condotta è ancora più dura. Essi sono soggetti invero, oltre agli obblighi visti per le imprese, alla “tracciabilità dei compensi”, misura abbondantemente contestata dagli interessati, ma decisamente opportuna per riallineare i compensi dichiarati dalla categoria dei lavoratori autonomi con quelli effettivi. La tracciabilità consiste nell’obbligo a carico dei professionisti di utilizzare per le spese uno o più conti correnti e di incassare i compensi (superiori, a regime, nel 2008, ai cento euro) attraverso strumenti tracciabili come p.es. gli assegni, il bancomat, i bonifici e le altre forme di moneta elettronica.
Anche i privati persone fisiche sono “toccati” dalla rete del grande fratello fiscale. Lo sono quando presentano la loro dichiarazione dei redditi, che arriva comunque all’anagrafe tributaria gestita dalla Sogei, ma vi arriva molto più rapidamente se pure il soggetto privato utilizza il canale telematico per compilare e presentare la sua dichiarazione (i dati indicano una notevole crescita delle presentazioni online da parte delle persone fisiche).
Lo sono quando firmano un contratto d’utenza con società che erogano servizi pubblici (telefono, luce, gas, etc…), perché queste ultime sono obbligate dal 2005 ad inviare i dati anagrafici del cliente al fisco (rectius anagrafe tributaria).
Lo sono infine, sia pur in modo passivo, quando concludono un contratto immobiliare (p.es. una compravendita), quando effettuano una richiesta di prestazioni sanitarie e quando sottoscrivono una polizza assicurativa.
Non dimentichiamo poi che esiste un’altra grande banca dati, che fa comunque riferimento a quella centrale di cui sopra, quella dell’anagrafe dei rapporti finanziari. Essa è costituita da un grande archivio contenente le generalità delle persone in possesso di un rapporto continuativo presso tutti gli operatori finanziari (banche, assicurazioni, SIM, Poste italiane Spa, etc…), i quali sono ora tenuti appunto a segnalare tali informazioni secondo precise modalità e periodicità, peraltro ancora una volta telematiche. Ciò permetterà agli uomini dell’Agenzia delle Entrate di conoscere, semplicemente interrogando i propri personal computers, l’esistenza di un conto corrente intestato ad un determinato soggetto e la disponibilità di fondi sullo stesso, chiaramente nell’ambito di un’indagine finanziaria o per le attività connesse alla riscossione.
L’approntamento di tutte le citate misure d’intervento sta pertanto definendo un sistema integrato di scambio d’informazioni, il quale, in ottica di contrasto dell’evasione fiscale, porterà sicuramente a risultati soddisfacenti in un paese come quello italiano in cui una rilevante percentuale del PIL sfugge a misurazione in quanto frutto di attività sommerse. Nella convinzione che solo combattendo il mondo del “nero” si può sperare in futuro di abbassare drasticamente la pressione fiscale e di rilanciare conseguentemente i consumi.
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