Le pensioni secondo Monti
Quando, come (e se) andremo in pensione con la riforma previdenziale del Governo Monti

da | 15 Gen 2012 | Lavoratori dipendenti, Società | 0 commenti

I requisiti per andare in pensione sono stati ancora una volta riformati, a distanza di poco tempo dall’ultima, ennesima rivoluzione.

Questa volta dal Governo Monti, che come sappiamo sta cercando di raggranellare più soldi che può per riavviare il motore un po’ raffreddato del nostro Paese.

Ovviamente anche questa rivisitazione del trattamento previdenziale è in senso peggiorativo per i lavoratori: si va in pensione più tardi e con meno soldi.

Tralasciando i casi particolari come i lavoratori che maturano i requisiti in questi anni ed alcune categorie speciali di lavoratori quali gli “usurati”, vediamo le nuove regole per la pensione che riguarderanno gli altri milioni di lavoratori italiani, per esempio i moltissimi giovani con pochi anni di contributi alle spalle, la cui pensione arriverà fra tanto, tanto tempo.

Ma lo stesso discorso vale pure per le altre migliaia di lavoratori, ad es. per coloro che si trovano nel mezzo della loro vita lavorativa.

Premettendo che le pensioni adesso sono solo 2:

  • pensione di vecchiaia
  • pensione anticipata

forniamo questa tabella, che spiega in modo chiaro e completo l’argomento (abbiamo sviluppato anche un programma per il calcolo della data di pensionamento).

Pensione di vecchiaia (requisiti)

Pensione anticipata (requisiti)

Contributi almeno 20 anni Contributi 42 anni e 1 mese nel 2012 Lavoratori uomini
Età

66 anni nel 2012 Lavoratori pubblici (uomini e donne) e lavoratori privati uomini 42 anni e 5 mesi nel 2013
66 anni e 3 mesi dal 2013 al 2015 42 anni e 6 mesi dal 2014 a 2015
66 anni e 3 mesi + speranza di vita dal 2016 al 2020 42 anni e 6 mesi + speranza di vita dal 2016
67 anni + speranza di vita dal 2021 41 anni e 1 mese nel 2012 Lavoratrici donne
62 anni nel 2012 Lavoratrici dipendenti private donne 41 anni e 5 mesi nel 2013
62 anni e 3 mesi nel 2013 41 anni e 6 mesi dal 2014 a 2015
63 anni e 9 mesi dal 2014 al 2015 41 anni e 6 mesi + speranza di vita dal 2016
65 anni e 3 mesi + speranza di vita dal 2016 al 2017

Penalizzazione per il pensionamento anteriore ai 62 anni

66 anni e 3 mesi + speranza di vita dal 2018 al 2020 Chi va in pensione anticipata prima di compiere 62 anni è penalizzato mediante una riduzione sulla quota retributiva della pensione (quella eventualmente maturata prima del 31 dicembre 2011). La riduzione è legata all’età di pensionamento e le misure sono le seguenti:

61 anni – 1%

60 anni – 2%

59 anni – 4%

58 anni – 6%

57 anni – 8%

67 anni + speranza di vita dal 2021
63 anni e 6 mesi nel 2012 Lavoratrici autonome private donne
63 anni e 9 mesi nel 2013
64 anni e 9 mesi dal 2014 al 2015
65 anni e 9 mesi + speranza di vita dal 2016 al 2017
66 anni e 3 mesi + speranza di vita dal 2018 sl 2020
67 anni + speranza di vita dal 2021

Incentivo alla permanenza al lavoro

Chi rimane al lavoro oltre il requisito minimo d’età avrà una pensione più alta, per effetto di un meccanismo di calcolo maggiormente vantaggioso. Questo incentivo può essere sfruttato fino a 70 anni di età + speranza di vita. Inoltre per chi va in pensione a 70 anni sono sufficienti solo 5 anni di contribuzione effettiva anziché 20 anni di anzianità contributiva.

Ulteriore requisito per chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995

Occorre che la pensione sia d’importo almeno pari a 1,5 volte l’assegno sociale rivalutato annualmente. Questo requisito non è necessario se si va in pensione a 70 anni.

Quanto sopra si riferisce ai tempi di pensionamento, che purtroppo si allungano per tutti.

Riguardo invece all’importo della pensione, anche qui le cose non sono rosee, perché la riforma delle pensioni ha esteso a tutti il sistema contributivo (anziché il retributivo) come metodo di calcolo della pensione.

Con il sistema retributivo l’importo della pensione è legato alle ultime retribuzioni percepite e quindi è più elevato della pensione calcolata con il sistema contributivo.

Quest’ultimo funziona come un investimento: sui contributi versati all’ente di previdenza (per es. all’Inps) si aggiungono gli interessi maturati ad un certo tasso legato all’andamento del Pil (Prodotto Interno Lordo) e sulla somma così risultante (detto montante contributivo), appositamente rivalutata, si applica un coefficiente di trasformazione la cui misura cresce con l’età del soggetto che va in pensione. Quello che viene fuori dai suddetti calcoli è l’importo periodico della pensione spettante al lavoratore.

Ecco comunque la nuova situazione dei criteri di calcolo della pensione. Essa varia a seconda degli anni di anzianità contributiva del lavoratore, avendo come spartiacque la data del 31 dicembre 1995 (la tabella vale per i pensionamenti dal 2012 in poi).

Situazione del lavoratore Metodo di calcolo della pensione
Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 Contributivo per l’anzianità maturata in tutta la vita lavorativa
Per chi ha iniziato a lavorare prima del 31 dicembre 1995 ci sono 2 sistemi misti:
– almeno 18 anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 Retributivo fino al 31 dicembre 2011 e poi Contributivo per l’anzianità maturata dal 2012
– meno di 18 anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 Retributivo fino al 31 dicembre 1995 e poi Contributivo per tutti i restanti anni di lavoro

 

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