Le liberalizzazioni del decreto “Bersani”
Dalle nuove norme economiche del Governo Prodi traspare
una politica economica basata sull’espansione dell’offerta
Di tutte le norme contenute nel decreto-legge “Bersani”, n. 223 del 4 luglio 2006 (definitivamente approvato il 3 agosto 2006), sono soprattutto quelle che prevedono una liberalizzazione da vecchi vincoli e condizionamenti ad aver suscitato le maggiori discussioni, polemiche ed agitazioni. Tali disposizioni hanno anche vivacemente portato in strada le manifestazioni di protesta delle categorie interessate: conducenti di taxi, farmacisti e professionisti.
Questi avvenimenti di plateale opposizione agli articoli del decreto hanno avuto molta eco tra i media, i quali non si sono lasciati scappare l’occasione di riportare il dibattito, contrapponendo, in una sorta di arena pubblica gladiatoria, da una parte i sostenitori delle liberalizzazioni (peraltro immediatamente in vigore, anche se in attesa della loro conversione in legge) e dall’altra i contestatori delle norme del decreto che le prevedono.
Tutto ciò però ha fatto perdere di vista quella che dovrebbe essere la questione principale conseguente all’introduzione nel nostro ordinamento giuridico, da parte del Ministro Bersani, delle misure oggetto di discussione e cioè la risposta a domande del tipo: qual’è la funzione di queste regole sulla liberalizzazione? Che impatto avranno sul sistema economico? Porteranno benefici alla collettività? Ed infine: che finalità intende perseguire il Governo con questa politica delle liberalizzazioni?
Prima di cercare di dare una risposta a tali legittime domande, che avrebbe dovuto costituire il primario obiettivo informativo, al di là delle polemiche e delle manifestazioni originate dal primo atto normativo di un certo rilievo del Governo, mettiamo un po’ d’ordine nella confusione generale che si è creata, citando dettagliatamente le principali disposizioni del decreto “Bersani” che prevedono una qualche forma di liberalizzazione, ovvero un ampliamento del libero mercato attraverso l’eliminazione di ostacoli, limitazioni o difficoltà alla discrezionalità operativa di imprese e lavoratori autonomi .
- L’art. 2 disciplina i servizi dei professionisti (lavoratori autonomi, come avvocati, commercialisti, notai, etc…), per i quali sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime o il divieto di pattuire compensi parametrati agli obiettivi da raggiungere. Scompare anche il divieto di pubblicizzare titoli e specializzazioni professionali, caratteristiche del servizio offerto e prezzo e costi complessivi delle prestazioni. Sulla trasparenza e veridicità del messaggio promozionale vigila l’Ordine competente. Scompare anche il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone e associazioni tra professionisti, fermo restando che l’oggetto sociale relativo all’attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti, indicati preventivamente, sotto la propria personale responsabilità.
- L’art. 5 stabilisce una nuova regolamentazione per i farmaci. In particolare, è introdotta la possibilità di vendita al pubblico, da parte degli esercizi commerciali al dettaglio, di farmaci non soggetti a prescrizione medica, compresi quelli di automedicazione e da banco. La facoltà riguarda sia gli esercizi di vicinato, sia le medie e grandi strutture di vendita, previa comunicazione al ministero della Salute ed alla Regione ove è ubicata la sede dell’esercizio. La vendita è consentita in un apposito reparto, alla presenza e con l’assistenza di uno o più farmacisti. Sono vietati per questi medicinali concorsi, operazioni a premio e vendite sottocosto. I distributori al dettaglio possono praticare sconti, esponendoli in modo chiaro e leggibile al consumatore e praticandoli a tutti gli acquirenti. Le società di persone e società cooperative a responsabilità limitata possono gestire farmacie private ed essere titolari al massimo di 4 farmacie, ubicate nella provincia in cui si trova la sede legale della società. I soci devono essere farmacisti iscritti all’albo e in possesso dell’idoneità.
- L’art. 6 riguarda i taxi e stabilisce che i Comuni possono disporre turnazioni integrative in aggiunta a quelle ordinarie, individuando forme di controllo sistematico sullo svolgimento dei turni dichiarati. Per il servizio integrativo i titolari di licenza si avvalgono di sostituti alla guida (il titolo di lavoro deve essere trasmesso al Comune almeno un giorno prima dell’avvio del servizio). I Comuni possono bandire concorsi straordinari per nuove licenze, a titolo oneroso o gratuito, allo scopo d’assicurare un’offerta adeguata: i proventi sono ripartiti almeno per l’80% tra titolari di licenze di taxi del Comune, mentre la restante parte può essere utilizzata dal Comune per il finanziamento di iniziative di controllo, per il miglioramento della qualità degli autoservizi pubblici non di linea e per la sicurezza di conducenti e passeggeri anche tramite tecnologie satellitari. E’ possibile il rilascio di titoli autorizzatori temporanei o stagionali, non cedibili, per fronteggiare eventi straordinari o periodi di incremento della domanda. Il Comune può determinare a favore degli utenti tariffe prefissate per percorsi prestabiliti. I Comuni dovranno istituire un Comitato permanente di monitoraggio del servizio taxi per favorire la regolarità e l’efficienza del servizio. C’è infine il divieto di cumulo di più licenze per il medesimo intestatario.
- Meno conosciuta, ma altrettanto importante è la consistente liberalizzazione contenuta nell’art. 3 del decreto legge, che tratta della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale. Si legge infatti nel testo che le attività commerciali (come individuate dal Dlgs 114/1998) e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte:
- senza iscrizione a registri abilitanti o possesso di requisiti professionali soggettivi, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione di alimenti e bevande;
- senza rispetto delle distanze minime obbligatorie tra attività commerciali della stessa tipologia;
- senza limitazioni qualitative all’assortimento merceologico, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare;
- senza divieti, autorizzazioni preventive e limitazioni ad effettuare vendite promozionali, a meno che non sussista un divieto prescritto dal diritto comunitario;
- senza divieti o autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso lo stesso esercizio, utilizzando locali e arredi dell’azienda, con esclusione del servizio assistito si somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.
Le Regioni e gli enti locali devono adeguarsi a tali disposizioni entro il 1° gennaio 2007.
Questo insieme sistematico di norme ha l’evidente scopo di riallocare le risorse all’interno dei singoli mercati, in modo da lasciare più libero gioco alla naturale disposizione delle forze operanti nei diversi settori. Ciò attraverso il venire meno di quelle “alterazioni” o forzature delle tendenze spontanee di mercato originate dagli impedimenti e dalle prescrizioni della normativa ormai abrogata.
Il seguente grafico è per esempio esplicativo della situazione nel mercato dei servizi professionali, nel quale vigeva un limite tariffario minimo d’applicare alla clientela:
La retta D è quella della domanda di servizi da parte dei clienti degli studi professionali, mentre la retta S è quella dell’offerta degli stessi servizi da parte dei lavoratori autonomi.
Con la fissazione legale di una tariffa minima ai servizi dei professionisti (indicata con A* nel grafico), l’equilibrio del mercato interno di ciascun singolo servizio si raggiungeva quando la quantità dei servizi offerti ed acquistati dagli utenti era pari a Q1, in corrispondenza cioè dell’intersezione tra la retta di domanda e la tariffa legale di vendita di quella quantità.
Eliminando i minimi tariffari (la retta orizzontale A*), il nuovo equilibrio tenderà a fissarsi nel punto E (di spontanea intersezione tra domanda e offerta), dove la nuova tariffa è T, più bassa di quella legale minima, e la quantità di servizi venduti è Q*, più elevata della precedente appunto per la diminuzione del prezzo dei servizi.
Il risultato finale è quindi una riduzione delle tariffe professionali per singolo servizio (tariffe non più imbavagliate da vincoli normativi) ed un conseguente aumento del ricorso, da parte degli utenti, ai servizi professionali divenuti più a buon mercato. In altre parole un indubbio vantaggio per i consumatori.
Da un punto di vista macroeconomico (cioè del sistema economico generale) gli effetti sono ancora più evidenti.
Ipotizzando infatti che le liberalizzazioni operate dal decreto “Bersani” comporteranno in futuro una più agguerrita concorrenza tra gli operatori dei settori interessati (servizi di taxi, professionisti, farmacisti ed anche come abbiamo visto negozi commerciali in genere), con un verosimile aumento delle vendite a prezzi più bassi e competitivi e l’ingresso di nuovi concorrenti sul mercato (si pensi alla concorrenza degli esercizi commerciali per i farmacisti), è facile immaginare uno scenario in cui l’offerta globale del sistema Italia si sposterà verso maggiori quantità a parità di prezzo.
Graficamente la situazione che presumibilmente raffigura la tendenza dei prossimi anni potrebbe essere la seguente:
Il grafico rappresenta il sistema economico nel suo complesso. Sull’asse orizzontale c’è la produzione nazionale (PIL) e su quello verticale il livello generale dei prezzi. La curva Q’S rappresenta l’offerta di beni e servizi, mentre la curva indicata con D raffigura la domanda globale dei consumatori.
L’effetto della politica posta in atto dal Governo, ovvero l’obiettivo che il Governo potrebbe essersi prefisso con le liberalizzazioni operate, è quello di uno spostamento della curva d’offerta da Q’S a QS (ed il passaggio dell’equilibrio dal punto B al punto A), con una conseguente maggiore quantità di prodotti posta sui mercati a parità di prezzo. I vantaggi di una tale politica basata sull’offerta sono due: un aumento del reddito nazionale d’equilibrio (da Q’ a Q*) ed un forte ribasso del livello generale dei prezzi a parità di condizioni (da P’ a P*).
L’efficacia della descritta manovra di politica economica è tanto più efficace quanto più la si paragoni a quella tentata dal Governo Berlusconi. Infatti, durante il quinquennio dell’amministrazione di centro-destra si è tentato di spingere verso l’alto produzione ed occupazione attraverso l’espansione, anziché dell’offerta produttiva, della domanda quantitativa di beni e servizi.
Più precisamente Berlusconi ha puntato nel suo mandato ad una politica economica basata sulla crescita del consumo e della spesa pubblica, ovvero di due importanti componenti della domanda globale di prodotti nazionali. La prima, il consumo, l’amministrazione Berlusconi ha tentato d’incrementarla mediante il ricorso, giustamente definito “ossessivo”, a misure di riduzione delle imposte, che avrebbero dovuto, nelle intenzioni del precedente Governo, aumentare sensibilmente il reddito disponibile dei cittadini e quindi la spesa di consumo.
La seconda componente, la spesa pubblica, sarebbe stata dilatata, invece, mediante la progettazione e la realizzazione delle cosiddette “grandi opere” edilizie, come la costruzione del ponte sullo stretto di Messina.
Vediamo graficamente anche questa tipologia di manovra economica:
Innanzitutto salta immediatamente agli occhi che, rispetto alla politica dell’offerta apparentemente tentata con il decreto “Bersani”, gli effetti sono solo parzialmente positivi, in quanto la spinta al rialzo di produzione ed occupazione (da Q a Q*) comporta una forte sollecitazione dei prezzi (inflazione), che nel modello inevitabilmente crescono (passando dal prezzo generale P a quello più elevato P*).
Inoltre, sappiamo bene che l’aumento del consumo cercato dal Governo Berlusconi attraverso la riduzione delle tasse non si è di fatto verificato, molto probabilmente perché le poco consistenti misure di detassazione operate non sono state avvertite dalla collettività come qualcosa di concreto ed in grado di far crescere stabilmente il reddito disponibile pro-capite. E’ pure da sottolineare che il mancato aumento dei consumi è imputabile, forse, anche all’ormai scarsa credibilità della fonte (il precedente Presidente del Consiglio), che ha continuato quasi incessantemente, per tutto il suo mandato amministrativo, a predicare i miracolosi effetti che sarebbero derivati ai cittadini dalla diminuzione delle imposte.
Infine, per quanto riguarda la crescita della spesa pubblica attraverso l’avvio delle grandi opere, sappiamo tutti com’è andata e quindi non c’è da meravigliarsi se anche questa particolare misura di pressione sulla domanda globale non abbia prodotto gli effetti auspicati.
In conclusione è legittimo chiedersi se anche la prossima legge finanziaria, la prima del Governo Prodi, si insinuerà, da un punto di vista economico, sul solco tracciato dal decreto legge del Ministro Bersani e cioè se punterà, più che sul sostegno della domanda di beni e servizi, sullo sviluppo dell’offerta produttiva, attraverso per esempio incentivi economici e finanziari alle imprese, detassazione dei costi manifatturieri, agevolazioni al commercio, interventi sui costi del lavoro e via dicendo. E’ plausibile però che la futura legge finanziaria comprenderà un mix di provvedimenti, sia sul lato dell’offerta, sia su quello della domanda, allo scopo di potenziare gli effetti della manovra complessiva e raggiungere finalmente quella ripresa economica che da troppi anni tarda ad arrivare.
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