IL MERCATO IMMOBILIARE TRA BOOM E NUOVI MOVIMENTI ECONOMICI
Sfide e proposte continuamente innovative si affacciano nel settore mutui e finanziamenti
Nel corso degli ultimi anni il mercato immobiliare italiano ha indubbiamente registrato un momento di notevole vivacità. Un settore, quello dei finanziamenti e dell’acquisto di case al solo scopo di investimento, in continua crescita, in Italia, a causa dell’aumento notevole dei costi delle abitazioni, soprattutto nelle grandi città.
I mutui hanno permesso infatti in questo panorama economico, rateizzazioni particolarmente convenienti e un conseguente (seppur ideale) abbassamento delle spese immediate per l’acquisto di un immobile, sostenendo la domanda immobiliare e riattivando l’interesse degli investitori. Una mentalità, la nostra, contraria rispetto alla maggior parte dei paesi stranieri, dove l’acquisto è direttamente possibile solo previo possesso del capitale necessario ad effettuarlo.
Una crescita che in Italia parte dal 2001, quando, dopo un periodo di assoluta stasi, la ripresa si è fatta sentire in maniera forte e chiara ed è proseguita mostrandosi sempre costante nel tempo. Gli italiani ci credono insomma, e si affidano per questo, sempre più spesso, a consulenti e società che possano aiutarli e sostenerli in uno dei progetti sicuramente fondamentali per il proprio futuro.
Quali i rischi allora in questo panorama fiorente e continuamente in crescita?
Il boom registrato in questi ultimi anni è testimoniato anche dalla disponibilità degli italiani ad indebitarsi di più di quanto si possano permettere, pur di portare a termine l’acquisto di un immobile.
Le case costano di più, i tassi registrano un ribasso, gli italiani si indebitano per la costruzione di un futuro più sicuro. Teoricamente per rientrare perfettamente nelle spese e vivere tranquilli del proprio investimento, la rata del mutuo non dovrebbe superare più di un terzo il reddito a disposizione. In particolare, lo scorso anno è aumentato soprattutto il ricorso complessivo al credito da parte delle famiglie: il rapporto tra attività finanziarie e reddito disponibile lordo si è portato al 39,3% circa rispetto al 36,3% del 2003.
In numeri, questo corrisponde a un mutuo o affitto di 1570 euro, per un reddito mensile complessivo di 4000 euro. Altro punto fondamentale il livello dei tassi di interesse, solitamente superiori al tasso di inflazione, di una percentuale pari al tasso reale (esempio: tassi 6% , inflazione 4% tasso reale 2% dato da 6%-4%=2%).
Se l’inflazione è sottostimata, anche il livello dei tassi può esserlo, generando, una maggiore domanda di credito e finanziamenti. Spesso questa domanda serve a rispondere ad esigenze di investimento e speculative legate al mondo finanziario ed agli immobili, generando una piccola o media bolla speculativa, alimentata dal credito bancario. Questo fenomeno era definito “benzina sul fuoco” dall’economista americano Kindleberger e, a suo avviso, rappresentava il penultimo passo di una bolla: la fase nella quale gli investitori comprano non solo in base alle aspettative di un prezzo futuro più elevato.
Di quanto deve indebitarsi allora un investitore effettivamente? Mediamente intorno al 35% del proprio reddito, spiega Fabio Foroni, direttore responsabile franchising di Capital Money, adottando come criterio fondamentale, per la scelta del mutuo, una rata il più possibile congrua al proprio tenore di vita e, chiaramente, con una cifra che consenta di realizzare a pieno l’acquisto.
Il tasso di interesse poi, costituisce l’altra variabile fondamentale da tenere presente durante la scelta della soluzione da adottare. Ad oggi il tasso variabile risulta indubbiamente il più vantaggioso perché più vicino al costo del denaro.
Esistono però soluzioni più complesse e più interessanti per gli investitori, che consentono, ad esempio, di avere la possibilità di scegliere un tasso fisso o variabile per un determinato periodo (i primi 2 anni), estendendola o meno in seguito a seconda delle variazioni successive. Il cliente ha così la possibilità di decidere autonomamente la condizione più vantaggiosa, tenendo sempre in considerazione i movimenti del tasso. L’investitore può insomma decidere di bloccare il tasso, scegliendo l’opzione “fisso” con cui determina, fin dall’inizio o per la restante durata di tempo, il tasso del mutuo, oppure, orientarsi verso l’opzione “flessibile”, per cui la banca fornisce appunto al cliente, l’opportunità di rinegoziare a date prestabilite, il tasso variabile con il fisso.
La scelta più conveniente dovrebbe quindi orientarsi su una copertura finanziaria che, soprattutto per durata di restituzione, permetta di ripagare la cifra senza difficoltà, considerando ovviamente che questa permette l’acquisto di un bene che si rivaluta nel tempo. Più l’investitore ha disponibilità di “liquido”, più l’acquisto conviene. Oggi i mutui con tassi più favorevoli sono quelli indicizzati, mentre quelli fissi sono offerti da tassi di partenza più alti di almeno il 2%.
Indicativamente, per citare alcune cifre, considerando un mutuo a tasso variabile del 2,2% più lo spread e un mutuo fisso a vent’anni del 4,35% più lo spread, la rata fissa costa circa il 20% in più, ma tutela nel lungo periodo. Il “flessibile” invece permette di apportare cambiamenti proprio in base hai movimenti del mercato monetario. I migliori mutui indicizzati hanno un tasso al 3,03% a 10 anni, oppure del 3,08 a 15 anni, ma ne esistono anche di più vantaggiosi, benché sia sempre opportuno fare attenzione allo spread, cioè al tasso di variabilità sulla quota di flessibilità.
Si affermano per esempio, nuove soluzioni: i mutui a tasso massimo, prestabilito contrattualmente (cosiddetti ‘cap’ o ‘cap rate’) e a tasso bilanciato. Nel primo caso si tratta di mutui a tasso variabile che prevedono un “tetto” al tasso di interesse. Sono indicati per coloro che vogliono beneficiare di eventuali riduzioni, tutelandosi, allo stesso tempo, da possibili incrementi oltre il ‘tetto’ stabilito nel contratto, anche se, le eventuali oscillazioni oltre le soglie vengono poi aggiunte alla fine. Nel secondo caso invece, il mutuo è composto da una parte fissa e una variabile. L’investitore può decidere il profilo di rischio che più si adatta alle sue esigenze, e il mix di importo a tasso fisso e a tasso variabile che comporranno il mutuo fin dall’inizio. Se necessita di una rata il più possibile costante nel tempo, viene consigliato di orientarsi verso soluzioni che prevedano una componente maggiore del tasso fisso. Particolarmente interessante, la proposta di alcuni istituti di considerare finanziabili i lavoratori con contratto a progetto che abbiano lavorato per almeno nove mesi in ognuno dei due anni precedenti. Si espande così il mercato degli investitori anche per coloro che finora erano, di fatto, esclusi dalla possibilità di richiedere alle banche un mutuo.
Ma tornando all’investitore medio, può essere conveniente l’estinzione e la sostituzione del contratto? In linea generale, può risultare conveniente quando il tasso applicato risulti superiore di almeno 3-4 punti rispetto a quello attuale, quando si deve ancora pagare la metà del periodo contrattuale e la penale per “anticipata estinzione”, non superi il 2-3%. Con questi parametri l’operazione può ritenersi conveniente, contando anche le spese di sostituzione. L’estinzione definitiva del mutuo è poi strettamente collegata alle esigenze del cliente. Solitamente non è conveniente, anche se, sempre presente nei contratti di mutuo bancari, con condizioni differenti da istituto a istituto. Oggi insomma tutti gli istituti di credito e agenzie corrono ai ripari, cercando soluzioni che soddisfino più esigenze possibili. “L’obiettivo primario
– afferma il direttore di Pnl group Ivano Labruna – è quello di mettere a punto un servizio sempre a fianco del cliente, dalla scelta dell’abitazione fino all’estinzione del finanziamento e operando su tutto il territorio nazionale“.
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