Chi si accinge a comprare un’abitazione non è solo costretto a sostenere, ovviamente, l’onere finanziario dell’acquisto (che in alcuni Comuni è divenuto ormai proibitivo), ma anche a cimentarsi all’interno di una jungla di disposizioni, frutto di normative succedutesi nel tempo, ciascuna delle quali parzialmente abrogativa delle precedenti.
Peraltro questi precetti risultano spesso di difficile interpretazione anche agli stessi addetti ai lavori, quali i Notai, chiamati a fornire alle parti una doverosa e indispensabile consulenza in sede di rogazione dell’atto di vendita. Il più delle volte però le spiegazioni ricevute, anziché chiarire le condizioni e le conseguenze giuridiche e tributarie dell’operazione di compravendita immobiliare, aumentano ulteriormente la confusione degli interessati, dando luogo, in qualche circostanza, alla conclusione di contratti non perfettamente allineati alle esigenze di chi li pone in essere.
Uno degli aspetti più controversi è senz’altro quello del valore su cui si calcolano i tributi che colpiscono la compravendita: l’imposta di registro, quella ipotecaria, la catastale e, in alcuni casi, l’IVA. Vediamo pertanto di chiarire questo particolare elemento contrattuale del valore fiscale di riferimento, che interessa soprattutto gli acquirenti degli immobili.
In fatto di atti aventi ad oggetto il trasferimento di proprietà di abitazioni, una rivoluzione copernicana si è avuta con la legge 266/05 (Finanziaria 2006), la quale ha sovvertito il concetto di “prezzo-valore” della casa venduta, stabilendo che non fosse più il prezzo pattuito dalle parti l’imponibile sul quale calcolare le imposte, bensì il valore catastale dell’immobile (ottenuto dalla moltiplicazione della rendita catastale rivalutata per determinati coefficienti), eliminando così alla radice la frequentissima abitudine di dichiarare nel contratto un prezzo anche di molto inferiore a quello reale (ma di poco superiore al valore catastale, per eludere i controlli), con l’evidente scopo di occultare parte del reddito e di evadere le imposte dovute.
Ciò valeva però soltanto nei casi in cui entrambe le parti erano persone fisiche, che non agivano nell’esercizio di attività imprenditoriali o professionali, ed in cui gli immobili avevano natura abitativa o erano pertinenze di queste.
Successivamente il decreto legge 223/06 ha puntualizzato che il beneficio della tassazione sul valore catastale è operativo solo se viene espressamente richiesto al Notaio rogante. Inoltre, il corrispettivo realmente pattuito deve essere comunque indicato nel contratto, allo scopo di monitorare i redditi e la capacità contributiva di chi acquista, prevedendo, nel caso d’accertamento di un prezzo superiore a quello dichiarato, la perdita dell’agevolazione ed altre sanzioni amministrative.
Ora, con la legge finanziaria 2007, si amplia ulteriormente la platea degli interessati alla tassazione sul valore catastale, perché sono inclusi anche molti casi in cui solo la parte acquirente è una persona fisica. Con questa modifica infatti si fanno rientrare nella tassazione di favore tutte le vendite immobiliari in cui il venditore è un soggetto non IVA oppure è un soggetto IVA che però effettua la cessione in esenzione di tale imposta indiretta (come p.es. quando il venditore non è un’impresa costruttrice). Nel caso d’impresa costruttrice vige invece l’applicazione dell’IVA sul prezzo di vendita.
Riassumendo quindi, nelle compravendite vale in generale la regola dell’imposizione sul valore catastale, tranne per le seguenti:
- di immobili non abitativi;
- in cui l’acquirente non è una persona fisica o lo è ma agisce come imprenditore o professionista;
- in cui non sia espressa nell’atto la volontà di avvalersi dell’imposizione su base catastale.
E’ utile ricordare infine che nei contratti notarili di cessione di immobili le parti devono ora dichiarare specificatamente le modalità di pagamento delle somme concordate, con riguardo sia al saldo versato e indicato nel rogito, sia agli eventuali acconti precedentemente pagati al venditore. Dichiarano anche obbligatoriamente, pena gravose sanzioni, l’eventuale intervento di mediatori e l’entità delle provvigioni da questi ultimi percepite, nonché il loro numero di partita IVA e quello d’iscrizione al ruolo degli agenti di affari presso la Camera di Commercio.
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