Assemblea Ordinaria dei Partecipanti Banca d’Italia – Considerazioni finali 115° esercizio
L’appuntamento annuale con l’intervento del Governatore Mario Draghi, in occasione dell’Assemblea Ordinaria dei Partecipanti alla Banca d’Italia, è sempre atteso con molta curiosità dagli addetti ai lavori e non solo da questi.
E’ infatti il momento in cui viene fatto ufficialmente il punto sulla situazione economica dell’Eurosistema e dell’Italia in particolare.
Inoltre, le “Considerazioni finali” del Governatore di Bankitalia costituiscono una delle poche valutazioni economiche corrette, affidabili e non di parte che gli italiani hanno la possibilità di conoscere.
Riteniamo pertanto che apprendere il pensiero di Draghi sull’argomento sia quasi un obbligo morale per i cittadini, almeno per quelli interessati ad ottenere informazioni veritiere sulla reale consistenza del momento economico attuale e sulla sua probabile evoluzione in futuro.
La relazione di Mario Draghi relativa all’anno 2008 – 115° esercizio – è partita da un’introduzione generale in cui il Governatore ha voluto sintetizzare la portata della crisi economica nel mondo, per poi passare a spiegare e commentare le ripercussioni di questa crisi in Italia.
Rispettiamo quindi la sua scaletta espositiva.
LA CRISI NEL MONDO
La ripresa potrebbe avvenire nel 2010.
Per i prossimi mesi invece l’attesa generale è per una riduzione dell’occupazione, dei consumi, degli investimenti e quindi del reddito.
Continuerà pure la volatilità dei mercati finanziari.
Il sistema mondiale non ha conosciuto il tracollo, ma la politica monetaria espansiva e l’attivazione degli stabilizzatori automatici da parte dei Paesi coinvolti non ha potuto evitare la caduta della domanda aggregata e gli effetti sociali della recessione.
Da questo punto di vista una decisa ripresa della crescita dovrà necessariamente passare per il risanamento delle banche ed il conseguente riavvio del circuito del credito.
LE RIPERCUSSIONI DELLA CRISI IN ITALIA
L’occupazione ed i consumi
Le previsioni sono purtroppo drammatiche: il 40% delle imprese industriali e dei servizi con almeno 20 addetti saranno costrette a ridimensionare il personale nel corso del 2009 ed è estremamente probabile che tale ridimensionamento sarà anche maggiore nelle imprese più piccole.
Oltre 2 milioni di lavoratori temporanei (aventi cioè un rapporto a tempo determinato) hanno visto o vedranno il loro contratto giungere a termine nel corso del 2009.
Il risultato della fase ciclica che stiamo attraversando è quindi un forte crollo dei consumi interni, al quale potrebbe seguire quasi certamente una ulteriore restrizione degli investimenti da parte delle imprese.
Le imprese e la crisi
Gli investimenti di molte imprese crolleranno per più del 20% e ciò anche a causa del pronunciato calo del fatturato e dell’incertezza riguardo la durata della crisi economica.
Risentiranno della crisi soprattutto le imprese piccole, con meno di 20 addetti.
Il finanziamento dell’economia
Fra le tante conseguenze negative della crisi c’è anche quella costituita dalla rilevante frenata dei prestiti bancari, i quali ad aprile 2009 hanno visto annullarsi il loro tasso di crescita per quel che riguarda il credito alle imprese non finanziarie: un anno prima era del 12%.
Stanno rallentando anche i prestiti alle famiglie.
Un indagine della Banca d’Italia ha riscontrato che ben l’8% delle imprese ha ricevuto un diniego ad una richiesta di fido.
Si tratta del valore più elevato da metà degli anni Novanta e tale dato è ancora più sconcertante se confrontato con il medesimo valore di un anno fa: nemmeno 3%.
Ovviamente non si può chiedere alle banche di “allentare la prudenza” nella concessione dei finanziamenti, perché ciò sarebbe contrario alle stesse ragioni d’essere della Banca d’Italia, la cui attività di vigilanza è sempre stata improntata a far sì che il sistema bancario non metta a rischio l’integrità dei bilanci e la fiducia dei risparmiatori.
Però, nell’attuale situazione di crisi, si può chiedere alle banche di “affinare la capacità di riconoscere il merito del credito”, soprattutto guardando alle prospettive di medio-lungo periodo e tenendo conto delle potenzialità tecnologiche e organizzative delle imprese richiedenti credito, nonché della dinamica del loro mercato di riferimento.
E’ anche importante dare in Italia nuovo slancio alle cartolarizzazioni (il procedimento con il quale si trasformano i prestiti concessi in titoli di credito da negoziare sul mercato, ndr), perché esse rappresentano, se ben strutturate, un valido canale di finanziamento.
Le politiche anticrisi
Questo eccezionale momento economico può essere l’occasione per una riforma organica ed efficace degli ammortizzatori sociali.
Non servono rivoluzioni, perché il nuovo sistema potrebbe essere ridisegnato intorno agli attuali strumenti della Cassa integrazione e dell’indennità di disoccupazione, da adeguare e razionalizzare.
Si potrebbe pure introdurre nel nostro Paese il concetto di imposta negativa, sotto forma di credito d’imposta per i bassi salari, già in uso con successo in molte altre Nazioni.
Esso avrebbe anche il vantaggio di far emergere e regolarizzare buona parte delle posizioni sommerse.
E non manca un accenno al piano casa.
Si auspica infatti la rapida adozione di interventi, appropriati, volti “a mobilitare il risparmio privato nell’edilizia residenziale”, perché questi darebbero nuovo impulso agli investimenti.
Il riequilibrio dei conti pubblici e le politiche strutturali
La stima del futuro disavanzo pubblico vede una sua crescita per l’anno 2009 del 2% circa sul Pil, a causa soprattutto dell’operare degli stabilizzatori automatici.
Il disavanzo sarà quindi di oltre il 4,5% per il 2008 e supererà molto probabilmente il 5% nel 2010.
Riguardo il debito pubblico è facile prevedere come al termine della crisi esso sarà molto cresciuto, facendo diventare estremamente difficile il suo riassorbimento e rendendo obbligatoria l’adozione di misure restrittive atte a garantirne la sostenibilità.
Pertanto è fondamentale puntare ad una più alta crescita nel medio periodo, conseguibile attraverso l’azione combinata di 2 politiche:
a) del riequilibrio prospettico dei conti pubblici
b) dell’attuazione di riforme che consentano al sistema produttivo italiano di divenire finalmente il volano della ripresa economica mondiale.
In particolare le politiche di riduzione della spesa corrente vanno prese subito, anche se con effetti differiti, senza ulteriori rinvii normativi e senza le lungaggini di eventuali decisioni amministrative.
Dal punto di vista della spesa previdenziale si sottolinea come il graduale incremento dell’età media effettiva di pensionamento potrà garantire l’erogazione di pensioni d’importo unitario adeguato, mentre un più elevato tasso di attività nella fascia dai 55 ai 65 anni innalzerà il reddito disponibile delle famiglie e farà aumentare il potenziale produttivo dell’economia.
LA CRISI E LE BANCHE
La resistenza alla crisi delle nostre banche è dovuta anche alle innumerevoli fusioni ed acquisizioni, che hanno aumentato la dimensione media e l’efficienza degli istituti.
Il sistema bancario italiano è ancora caratterizzato da elementi di indubbio vantaggio:
a) la prevalenza dell’attività di intermediazione creditizia a favore di famiglie ed imprese
b) il forte radicamento territoriale
c) una struttura di bilancio tutto sommato equilibrata
E’ anche per questi pregi che la crisi ha avuto sulle nostre banche un impatto meno traumatico rispetto a quello avutosi in altri Paesi.
La turbolenza dei mercati non ha inciso più di tanto sulle banche italiane, perché esse hanno trovato riparo nel modello di intermediazione, fondamentalmente sano, e nel quadro regolamentare di vigilanza particolarmente prudente.
Quindi, i risparmiatori non hanno conosciuto gli effetti dei costi e dei fallimenti prodottisi negli altri Paesi.
Tuttavia anche le banche del sistema creditizio italiano hanno registrato nel 2008 una forte contrazione dei profitti, mentre il rendimento del patrimonio (capitale + riserve) dei maggiori gruppi è sceso di 5 punti.
Lo scenario vede una caduta rapida dei tassi attivi da ottobre 2008 e l’aumento preoccupante, nel portafoglio delle banche, delle sofferenze (cioè delle insolvenze) e degli incagli (ovvero dei crediti con temporanee difficoltà di rimborso).
Sotto questo aspetto è da evidenziare come, anche dopo l’inversione di tendenza nell’economia, la recessione continuerà a pesare sulla qualità dei prestiti almeno per altri 2 o 3 anni.
A ciò si aggiunga che in Italia la svalutazione dei crediti è deducibile fiscalmente, con norma molto restrittiva, solo per un massimo dello 0,3% dei finanziamenti complessivamente erogati (l’eccedenza è rateizzata in 18 anni).
Tutto questo fa capire quanto sia alto l’incentivo a ridurre il credito per soddisfare i requisiti di capitalizzazione.
Il patrimonio delle banche
Le banche sono state sottoposte dalla Vigilanza di Bankitalia a dure prove di resistenza, che ormai sono diventate normale prassi bancaria.
Queste hanno dimostrato che, nonostante il peggioramento generale della redditività, il loro patrimonio è sempre al di sopra degli standard minimi.
Tecnicamente, alla fine del 2008, il coefficiente di patrimonializzazione dei maggiori gruppi italiani si è collocato su una media del 10,4%. Esso è il risultato del rapporto:
. Patrimonio bancario .
Attività ponderate per il rischio
Inoltre gli stress test effettuati, cioè le misurazioni della resistenza bancaria ad una evoluzione fortemente sfavorevole della congiuntura economica, hanno dimostrato che le nostre banche rimangono solide anche di fronte, appunto, a scenari particolarmente negativi.
Nondimeno il rafforzamento del patrimonio resta sempre una priorità essenziale del nostro sistema bancario, per la quale occorrerebbe pure sacrificare, nell’attuale fase di crisi, una parte della distribuzione degli utili di esercizio.
CONCLUSIONI
Uscire dalla crisi significa ricostruire la fiducia collettiva: nei mercati, nei loro protagonisti, nel futuro delle persone e nel contratto sociale che ci lega.
Sono necessari comportamenti e riforme che rialzino la crescita economica dal basso sentiero percorso negli ultimi decenni, fornendo così una decisa risposta all’emergenza in cui viviamo.
Il completamento degli ammortizzatori sociali, la ripresa degli investimenti pubblici, le azioni di sostegno della domanda e del credito avranno gli effetti sperati solo se accompagnati da riforme strutturali, che costituiscano l’imprescindibile piattaforma della crescita futura.
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