Economia: ripresina o inizio del crollo?
Difficile dire se siamo agli albori di una ripresa economica o sul baratro della stagflazione. Fondamentale sarà la politica economica dei prossimi anni.
I dati ISTAT parlano chiaro: c’è una significativa riduzione dei consumi, in particolare di quelli al dettaglio. Più precisamente il valore calcolato dall’istituto di statistica tra aprile e maggio 2008 indica un -2,3%. Ricordiamo che anche la disoccupazione ha ricominciato a crescere.
Altri dati economici sono più ottimistici circa il futuro e parlano di una piccola ripresa dell’economia. Ma allora dove stiamo andando? Verso un miglioramento del nostro bilancio familiare, con il conseguente aumento dei consumi, oppure verso una grave stagflazione, ovvero una situazione caratterizzata contemporaneamente dal calo delle vendite e dalla crescita dell’inflazione?
Difficile rispondere a questa domanda, ma un elemento è certo: molto dipenderà dalla politica economica del governo.
Se il nuovo esecutivo riuscirà a dare una svolta alla congiuntura nei prossimi anni, impattando positivamente con le sue manovre economiche le aspettative dei consumatori, allora ci sono le premesse per rialzare la testa. Altrimenti lo spettro della crisi è sempre in attesa dietro l’angolo…
Ma quali dovranno essere gli indirizzi specifici che dovrà avere la politica economica pubblica? Si parla spesso a tale proposito di riforme strutturali, ma di fatto cosa sono e come si configurano questi particolari interventi?
Per comprendere meglio l’articolazione che presumibilmente avrà il futuro governo dell’economia è sufficiente scomporre il dato sopra evidenziato, riguardante la riduzione delle vendite (-2,3%), nelle componenti che lo costituiscono. In fondo è anch’esso un valore medio e come tutte le medie è formato da grandezze che possono essere molto diverse tra di loro.
La tabella seguente esprime bene l’estrema diversità che si cela dietro un unico indice: la diminuzione dei consumi nell’ultimo mese.
Distinzione |
Scomposizione |
variazione (%) |
merceologica |
beni alimentari |
-0,80 |
beni non alimentari |
-3,40 |
|
per tipo di distribuzione |
imprese della grande distribuzione |
0,30 |
imprese di piccola superficie |
-4,10 |
|
geografica |
imprese del nord |
-1,10 |
imprese del centro |
-3,40 |
|
imprese del sud e isole |
-4,00 |
Come si vede il calo di vendite è di significativa entità, perché ha colpito anche gli alimentari, sia pure in misura minore, da sempre considerati generi di prima necessità. Ciò evidenzia una crisi generale, che si ripercuote addirittura sulle vendite di beni essenziali, oltre che su quelle di beni voluttuari: non è certo un buon segno.
La sorpresa maggiore si rileva però passando alla scomposizione per tipo di distribuzione. Risulta che la recessione economica sta mettendo in difficoltà soprattutto le piccole imprese commerciali, mentre le grandi tengono ancora bene (il segno è positivo: c’è stata una crescita delle vendite, anziché una riduzione). Sono le aziende appartenenti alla piccola distribuzione ad essere maggiormente a rischio di mercato per il paventato calo dei consumi e ricordiamo che queste costituiscono in Italia l’imprescindibile tessuto connettivo di tutta la rete commerciale. Anche tale considerazione quindi non è foriera di buone notizie.
Infine, la differenziazione per area geografica. Essa è priva di novità: il nord ha subito una riduzione contenuta delle vendite, mentre il centro ed in particolare il sud (e le isole) sono ancora una volta le più danneggiate dall’attuale congiuntura economica.
Se la situazione descritta va sicuramente interpretata negativamente, è anche vero che essa fornisce utili indicazioni alla politica economica del governo: servono riforme specifiche sul territorio in modo da eliminare gli evidenti squilibri geografici ed interventi a favore delle piccole e medie imprese. Questi ultimi dovranno spazzare via una volta per tutte un corpo normativo anacronistico ed anticoncorrenziale, caratterizzato dal contingentamento delle licenze e dai limiti posti alle autorizzazioni per l’avvio di strutture distributive di grandi dimensioni.
Deve soffiare necessariamente un vento di grandi novità per sperare di risanare l’economia italiana.
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