La decisione di Saudi Aramco di abbandonare il WTI, quale prezzo di riferimento per le sue esportazioni di petrolio negli Stati Uniti, potrebbe avere forti ripercussioni sul mercato petrolifero.
Saudi Aramco, la compagnia petrolifera nazionale dell’Arabia Saudita e il più grande esportatore di petrolio al mondo, ha deciso di abbandonare il West Texas Intermidiate (WTI) quale prezzo di riferimento per le sue esportazioni di greggio negli Stati Uniti. Il WTI, noto anche come Texas Light Sweet, è una varietà di greggio la cui quotazione viene utilizzata come prezzo di riferimento per le esportazioni di greggio negli Stati Uniti e costituisce il bene sottostante i contratti Future Nymexsulpetrolio scambiati al New York Merchantile Exchange.
L’indice, che ha dominato il commercio petrolifero Nord Americano per decenni ed è basato sulle vendite di petrolio presso Cushing, Oklahoma, costituisce uno dei tre principali indicatori del prezzo del greggio a livello globale. Gli altri benchmark sono, infatti, il Brent, basato sulle vendite di greggio nel mare del nord, e l’Omani crude, quotato sul Dubai Mercantile Exchange (DME). Il primo è considerato il punto di riferimento per le quotazioni del greggio al di fuori degli Stati Uniti.
L’Arabia Saudita attualmente fissa dei prezzi di vendita ufficiali per gli acquirenti americani (OPS) sulla base di un prezzo Platts (strettamente legato ai contratti future Nymex) con uno sconto o un premio che tengono conto della qualità del greggio e delle differenze di prezzo presso Cushing. Quest’ultima soffre tuttavia di deficienze sia nella capacità di stoccaggio che nella rete di condutture che la collega alla costa. Poiché i prezzi Nymex riflettono il prezzo e la disponibilità di greggio presso Cushing spesso scontano la mancanza di un adeguato arbitraggio fisico che faccia convergere i prezzi verso quelli prevalenti sui mercati internazionali. Così man mano che i prezzi Nymex sono diventati meno rappresentativi delle dinamiche sul mercato fisico del greggio, la struttura dei premi e degli sconti è diventata sempre più volatile ed instabile. L’Arabia Saudita ha dovuto conseguentemente adottare una maggiore variabilità nella definizione degli OPS per far fronte alle deficienze nel sistema dei prezzi di riferimento.
Saudi Aramco ha deciso che adotterà a partire da Gennaio 2010 una misura nota come Argus Sour Crude Index (ASCI), sviluppato da Argus, una società di base a Londra. L’Indice ASCI, che rappresenta il valore giornaliero del greggio medium sour della costa del Golfo USA, è una media ponderata sul volume delle transazioni fisiche spot di tre tipologie di greggio medium sour: il Mars, il Poseidon, e il Southern Green Canyon. Questi ultimi sono estratti tutti nel Golfo del Messico e trasportati attraverso oleodotti verso le raffinerie del Texas e della Louisiana. Sebbene anche questo benchmark sia dunque di origine statunitense, è considerato come maggiormente indicativo dei prezzi del greggio a livello mondiale. La qualità del greggio saudita esportato verso gli Stati Uniti è, infatti, simile a quello medium-sour prodotto nel Golfo del Messico, che ha una qualità inferiore rispetto a quello light-sweet, presentando livelli di zolfo più elevati di quello cui fa riferimento il WTI. Il vantaggio per Saudi Aramco consiste quindi nella possibilità di sviluppare prezzi OPS che siano più stabili e quindi nell’evitare di dover far ricorso a previsioni sul differenziale del greggio sour – sweet nel formularli.
La decisione di Saudi Aramco potrebbe incoraggiare altri produttori ad abbandonare il WTI e quindi mettere a rischio il dominio dei contratti Future fondati sul WTI, ad oggi i contratti maggiormente scambiati a livello globale. Poco dopo l’annuncio il presidente venezuelano Hugo Chavez ha detto, infatti, che il suo paese avrebbe seguito l’esempio saudita nel adottare l’ASCI quale nuovo benchmark per le sue esportazioni di greggio verso gli Stati Uniti e vi sono voci di un interesse da parte di numerosi produttori Canadesi e del Kuwait.
Stati Uniti: Importazioni di greggio dall’Arabia Saudita e dal resto del mondo
L’allontanamento riflette la crescente insoddisfazione dei sauditi, e più in generale dei paesi OPEC, nei confronti del WTI e delle tendenze speculative che hanno generato forte volatilità nelle quotazioni del petrolio. La decisione si fonderebbe dunque su motivazioni di natura tecnica sebbene abbiano contribuito anche considerazioni geopolitiche.
Tra le prime le difficoltà di approvvigionamento presso Cushing, dove il petrolio viene consegnato, che hanno generato distorsioni nel prezzo del petrolio che non avevano nessuna relazione con l’andamento degli scambi sui mercati internazionali. In particolare, l’esaurimento della capacità di accumulazione delle riserve presso il terminal ha generato in Gennaio l’illusione di una sovraproduzione sui mercati internazionali laddove l’eccesso era invece localizzando unicamente nel terminal stesso. Ciò ha condotto ad un differenziale di prezzo significativamente negativo, pari a 12 $, del WTI nei confronti del Brent quando quest’ultimo è solitamente più economico di 1$ – 2$ rispetto al prezzo di riferimento statunitense. Questa volatilità inusuale ha generato confusione sul mercato e irritato i sauditi.Differentemente, il petrolio estratto dal Golfo del Messico ha diversi punti di consegna e un maggior numero di oleodotti fuori dalla regione il che rende il verificarsi di colli di bottiglia nelle operazioni di stoccaggio improbabili.
Inoltre il WTI è quello che viene definito un light, sweet crude, un greggio più leggero del Brent, differente dalla tipologia prodotta da Saudi Aramco che si concentra, invece, principalmente su un prodotto acido e pesante, heavy sour crude, contenente zolfo. La decisione saudita andrebbe dunque nella direzione di modificare l’offerta commerciale per poterla ritagliare sulla base di un indice, quello ASCI, che meglio riflette le caratteristiche del prodotto saudita.
Tra le seconde il riassetto del panorama energetico globale all’interno del quale paesi emergenti come Cina e India acquistano un ruolo crescente e sono ritenuti i paesi che emergeranno a guidare la crescita della domanda di greggio in futuro. Diversi analisti sostengono, infatti, che la domanda di petrolio statunitense abbia raggiunto un picco e che quindi i prezzi di riferimento per il mercato americano legati all’ WTI, in passato erano stati tradizionalmente a premio, diventeranno presto scontati rispetto a quelli dominanti sui mercati globali. Parziale conferma di questo trend sarebbe nuovamente costituita dallo scivolamento del prezzo WTI in varie occasioni, negli ultimi due anni, al di sotto delle quotazioni del Brent.
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